Il dolore cronico, inteso come oggetto di indagine e ricerca, contempla nella contemporaneità occasioni di dialogo tra specialisti e specialiste afferenti a diverse aree disciplinari. La complessità che caratterizza il fenomeno, riscontrata già nel periodo di definizione, fondazione e istituzionalizzazione della cosiddetta “medicina del dolore”, ha condotto infatti a una apertura della biomedicina verso differenti campi del sapere, nella volontà di giungere a una comprensione più articolata della sofferenza fisica attraverso una sua gestione olistica e integrata. Questa tendenza appare essere confluita oggi nei processi di “umanizzazione” che caratterizzano i piani di revisione delle strutture e delle relazioni di cura, e che chiedono alla biomedicina di “ammorbidire” il suo approccio, di cogliere la profondità dell’esperienza di malattia tenendo conto della persona che soffre nella sua complessità. Tuttavia nella collaborazione tra sapere biomedico e antropologico, il concetto stesso di “gestione integrata” può assumere diversi significati e comportare, così, una serie di fraintendimenti non solo circa la portata epistemologica dei diversi saperi applicati a un unico oggetto di analisi, ma anche per ciò che concerne le metodologie di ricerca a confronto. Analizzando una sindrome dolorosa cronica complessa, la fibromialgia, in questo articolo esaminerò alcuni concetti che inquadrano oggi il dolore cronico in biomedicina; lo scopo sarà quello di mostrare come l’approccio integrato, se da un lato apre la strada alla multidisciplinarietà, dall’altro riposiziona la biomedicina nei termini di un sapere esclusivo riguardo ai meccanismi connessi all’esperienza dolorosa.

La triste storia dell’eccedenza. Saperi a confronto nell’approccio al dolore cronico inteso come esperienza multidimensionale

Moretti Chiara
2019-01-01

Abstract

Il dolore cronico, inteso come oggetto di indagine e ricerca, contempla nella contemporaneità occasioni di dialogo tra specialisti e specialiste afferenti a diverse aree disciplinari. La complessità che caratterizza il fenomeno, riscontrata già nel periodo di definizione, fondazione e istituzionalizzazione della cosiddetta “medicina del dolore”, ha condotto infatti a una apertura della biomedicina verso differenti campi del sapere, nella volontà di giungere a una comprensione più articolata della sofferenza fisica attraverso una sua gestione olistica e integrata. Questa tendenza appare essere confluita oggi nei processi di “umanizzazione” che caratterizzano i piani di revisione delle strutture e delle relazioni di cura, e che chiedono alla biomedicina di “ammorbidire” il suo approccio, di cogliere la profondità dell’esperienza di malattia tenendo conto della persona che soffre nella sua complessità. Tuttavia nella collaborazione tra sapere biomedico e antropologico, il concetto stesso di “gestione integrata” può assumere diversi significati e comportare, così, una serie di fraintendimenti non solo circa la portata epistemologica dei diversi saperi applicati a un unico oggetto di analisi, ma anche per ciò che concerne le metodologie di ricerca a confronto. Analizzando una sindrome dolorosa cronica complessa, la fibromialgia, in questo articolo esaminerò alcuni concetti che inquadrano oggi il dolore cronico in biomedicina; lo scopo sarà quello di mostrare come l’approccio integrato, se da un lato apre la strada alla multidisciplinarietà, dall’altro riposiziona la biomedicina nei termini di un sapere esclusivo riguardo ai meccanismi connessi all’esperienza dolorosa.
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