Nel corso degli ultimi 20 anni, centinaia di accordi ambientali internazionali (c.d. MEA) sono stati conclusi ed il risultato è una struttura internazionale di gestione ambientale che riflette l’ampia diversità delle problematiche e degli interessi coinvolti. Pochissimi MEA regolano in modo effettivo il commercio o contengono disposizioni commerciali, mentre tutti attingono al diritto internazionale consuetudinario e ad una serie di pratiche e principi ampiamente accettati. La struttura internazionale di gestione ambientale si è dimostrata dinamica ed in grado di permette ai vari Paesi di affrontare una vasta gamma di problemi, dalle sostanze tossiche che minano la protezione della fauna, all’inquinamento dell’aria e alla biodiversità, alle mutevoli informazioni scientifiche sull'ambiente, senza tuttavia dimenticare il costante mutamento della percezione del significato di queste informazioni e il feedback da parte dei successi e dei fallimenti delle misure adottate a sostegno dei loro obiettivi. Un tema attualmente ancora molto controverso, tra i nuovi temi del commercio internazionale, è l’interazione tra regimi commerciali, da una parte, e regimi volti a preservare l'ambiente e a promuovere uno sviluppo sostenibile, dall’altra. In ambito WTO si è assistito ad una convergenza tra molti paesi membri nel riaffermare che le misure commerciali debbano essere compatibili con lo sviluppo sostenibile e che il sistema stesso debba essere meglio “tarato” su tali esigenze. Restano aperte le divergenze (soprattutto tra Nord e Sud del mondo) sulle modalità di collegamento tra accordi globali di tutela ambientale già esistenti e sistema WTO: diverso è, infatti, l’agire attraverso dichiarazioni di principio ovvero istituire un collegamento formale e porre il tema sotto l’egida del sistema di sanzioni del WTO. Non può, tuttavia, essere ignorato che, sin dalla sua creazione nel 1995, la Wto non è riuscita a concludere un solo ciclo di negoziati commerciali a livello mondiale, perdendo così l’opportunità di raggiungere risultati concreti. Il ciclo di negoziati denominato Doha round, ad esempio, iniziato nel novembre 2001, avrebbe dovuto concludersi entro il mese di gennaio 2005: a distanza di quindici anni, i membri dell’organizzazione stanno ancora discutendo se esso debba proseguire. Per la prima volta dalla sua costituzione, infatti, nel 2013 è stato sottoscritto l’accordo di Bali approvato all’unanimità dedicato ad una serie di questioni destinate a semplificare gli scambi, consentire ai paesi in via di sviluppo più opzioni per garantire la sicurezza alimentare, incrementare il commercio e l'aiuto allo sviluppo dei paesi meno sviluppati. Accordo storico ovvero un compromesso che per molti ha costituito una risposta parziale ad alcune delle richieste dei Paesi meno sviluppati per sbloccare lo stallo del Round di sviluppo di Doha che avrebbe dovuto legare le politiche commerciali a scelte di ridistribuzione della ricchezza. Oltre al c.d. pacchetto di Balli, la Wto ha prodotto purtroppo pochi altri accordi degni di nota, eccezion fatta per l’Accordo di facilitazione degli scambi commerciali (cd “TFA”), entrato in vigore nel febbraio 2017, e la decisione del 2015 di eliminare le sovvenzioni alle esportazioni di prodotti agricoli. Nel frattempo, alcuni membri dell’organizzazione hanno collaborato a una serie di accordi commerciali regionali più ampi che affrontano tematiche urgenti quali l’economia digitale, gli investimenti, la concorrenza, l’ambiente e il cambiamento climatico. Un passo in avanti è stato segnato, invece, dalla la recente sessione del G20 dedicata al commercio globale ha approvato la “Dichiarazione di Sorrento“, documento che guiderà l’auspicata riforma della World Trade Organization, che si riunirà a Ginevra dal 30 novembre al 3 dicembre 2021 nella 12’ Conferenza Ministeriale. La riunione di Sorrento ha proposto una strategia del commercio internazionale che sia al servizio delle persone, del pianeta e della prosperità globale, “People, Planet, Prosperity”, con l’obiettivo di rafforzare un sistema commerciale multilaterale basato sulle regole, non discriminatorio, trasparente, prevedibile e sostenibile con al centro l’Organizzazione Mondiale del Commercio e che risponda adeguatamente alla rivoluzione tecnologica e alla transizione verde. La sfida decisiva che il WTO si trova, dunque, ad affrontare non si esaurisce solo in un cambio dell’architettura istituzionale globale, ma nella costruzione di un diverso paradigma di comunità umana equa, ecologica, solidale, in equilibrio con la natura, evitando il proliferare di accordi bilaterali che precostituiscono soluzioni normative da imporre al prossimo tavolo multilaterale di Ginevra.

Lo sviluppo del diritto del commercio internazionale ed il vincolo del rispetto dell’ambiente

Paola Valenti
In corso di stampa

Abstract

Nel corso degli ultimi 20 anni, centinaia di accordi ambientali internazionali (c.d. MEA) sono stati conclusi ed il risultato è una struttura internazionale di gestione ambientale che riflette l’ampia diversità delle problematiche e degli interessi coinvolti. Pochissimi MEA regolano in modo effettivo il commercio o contengono disposizioni commerciali, mentre tutti attingono al diritto internazionale consuetudinario e ad una serie di pratiche e principi ampiamente accettati. La struttura internazionale di gestione ambientale si è dimostrata dinamica ed in grado di permette ai vari Paesi di affrontare una vasta gamma di problemi, dalle sostanze tossiche che minano la protezione della fauna, all’inquinamento dell’aria e alla biodiversità, alle mutevoli informazioni scientifiche sull'ambiente, senza tuttavia dimenticare il costante mutamento della percezione del significato di queste informazioni e il feedback da parte dei successi e dei fallimenti delle misure adottate a sostegno dei loro obiettivi. Un tema attualmente ancora molto controverso, tra i nuovi temi del commercio internazionale, è l’interazione tra regimi commerciali, da una parte, e regimi volti a preservare l'ambiente e a promuovere uno sviluppo sostenibile, dall’altra. In ambito WTO si è assistito ad una convergenza tra molti paesi membri nel riaffermare che le misure commerciali debbano essere compatibili con lo sviluppo sostenibile e che il sistema stesso debba essere meglio “tarato” su tali esigenze. Restano aperte le divergenze (soprattutto tra Nord e Sud del mondo) sulle modalità di collegamento tra accordi globali di tutela ambientale già esistenti e sistema WTO: diverso è, infatti, l’agire attraverso dichiarazioni di principio ovvero istituire un collegamento formale e porre il tema sotto l’egida del sistema di sanzioni del WTO. Non può, tuttavia, essere ignorato che, sin dalla sua creazione nel 1995, la Wto non è riuscita a concludere un solo ciclo di negoziati commerciali a livello mondiale, perdendo così l’opportunità di raggiungere risultati concreti. Il ciclo di negoziati denominato Doha round, ad esempio, iniziato nel novembre 2001, avrebbe dovuto concludersi entro il mese di gennaio 2005: a distanza di quindici anni, i membri dell’organizzazione stanno ancora discutendo se esso debba proseguire. Per la prima volta dalla sua costituzione, infatti, nel 2013 è stato sottoscritto l’accordo di Bali approvato all’unanimità dedicato ad una serie di questioni destinate a semplificare gli scambi, consentire ai paesi in via di sviluppo più opzioni per garantire la sicurezza alimentare, incrementare il commercio e l'aiuto allo sviluppo dei paesi meno sviluppati. Accordo storico ovvero un compromesso che per molti ha costituito una risposta parziale ad alcune delle richieste dei Paesi meno sviluppati per sbloccare lo stallo del Round di sviluppo di Doha che avrebbe dovuto legare le politiche commerciali a scelte di ridistribuzione della ricchezza. Oltre al c.d. pacchetto di Balli, la Wto ha prodotto purtroppo pochi altri accordi degni di nota, eccezion fatta per l’Accordo di facilitazione degli scambi commerciali (cd “TFA”), entrato in vigore nel febbraio 2017, e la decisione del 2015 di eliminare le sovvenzioni alle esportazioni di prodotti agricoli. Nel frattempo, alcuni membri dell’organizzazione hanno collaborato a una serie di accordi commerciali regionali più ampi che affrontano tematiche urgenti quali l’economia digitale, gli investimenti, la concorrenza, l’ambiente e il cambiamento climatico. Un passo in avanti è stato segnato, invece, dalla la recente sessione del G20 dedicata al commercio globale ha approvato la “Dichiarazione di Sorrento“, documento che guiderà l’auspicata riforma della World Trade Organization, che si riunirà a Ginevra dal 30 novembre al 3 dicembre 2021 nella 12’ Conferenza Ministeriale. La riunione di Sorrento ha proposto una strategia del commercio internazionale che sia al servizio delle persone, del pianeta e della prosperità globale, “People, Planet, Prosperity”, con l’obiettivo di rafforzare un sistema commerciale multilaterale basato sulle regole, non discriminatorio, trasparente, prevedibile e sostenibile con al centro l’Organizzazione Mondiale del Commercio e che risponda adeguatamente alla rivoluzione tecnologica e alla transizione verde. La sfida decisiva che il WTO si trova, dunque, ad affrontare non si esaurisce solo in un cambio dell’architettura istituzionale globale, ma nella costruzione di un diverso paradigma di comunità umana equa, ecologica, solidale, in equilibrio con la natura, evitando il proliferare di accordi bilaterali che precostituiscono soluzioni normative da imporre al prossimo tavolo multilaterale di Ginevra.
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