Il presente contributo intende indagare la figura dei beni culturali immateriali. Si tratta di una nozione dai confini incerti, divenuta pregnante con l’adozione della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, conclusa a Parigi il 17 ottobre 2003 e recepita dal Codice dei beni culturali e del paesaggio con l’introduzione dell’art. 7-bis, ritenuto, da una parte della dottrina, come insufficiente ad attribuire un adeguato rilievo a tale tipologia di beni. L’ “immateriale”, nella legislazione dei beni culturali, tuttavia, non si riduce al contenuto della citata Convezione Unesco, ma presenta differenti connotazioni, a partire dalla celebre analisi di Giannini, che riconosce il valore immateriale come l’elemento che realmente contraddistingue e rende necessitante di protezione il bene culturale. La carenza di una normativa chiara e univoca sul tema, pur in un contesto sociale caratterizzato dal riconoscimento del potenziale economico e del valore identitario di questa tipologia di beni, ha indotto, talvolta, l’Amministrazione a estendere i confini del Codice, andando a vincolare beni-attività privi delle caratteristiche minime riconosciute dalla legge, con conseguente annullamento di tali provvedimenti da parte del giudice amministrativo. In questa sede, dopo aver dato atto della nebbia che avvolge questa materia, si vuole riflettere su quali potrebbero essere le soluzioni per ridurre il grado di inafferrabilità della nozione di bene culturale immateriale e sul perché, oggi, un riordino della disciplina appare auspicabile.

Definire per curare: perché è opportuno chiarire i confini della nozione di bene culturale immateriale

Federica Campolo
2022-01-01

Abstract

Il presente contributo intende indagare la figura dei beni culturali immateriali. Si tratta di una nozione dai confini incerti, divenuta pregnante con l’adozione della Convenzione per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, conclusa a Parigi il 17 ottobre 2003 e recepita dal Codice dei beni culturali e del paesaggio con l’introduzione dell’art. 7-bis, ritenuto, da una parte della dottrina, come insufficiente ad attribuire un adeguato rilievo a tale tipologia di beni. L’ “immateriale”, nella legislazione dei beni culturali, tuttavia, non si riduce al contenuto della citata Convezione Unesco, ma presenta differenti connotazioni, a partire dalla celebre analisi di Giannini, che riconosce il valore immateriale come l’elemento che realmente contraddistingue e rende necessitante di protezione il bene culturale. La carenza di una normativa chiara e univoca sul tema, pur in un contesto sociale caratterizzato dal riconoscimento del potenziale economico e del valore identitario di questa tipologia di beni, ha indotto, talvolta, l’Amministrazione a estendere i confini del Codice, andando a vincolare beni-attività privi delle caratteristiche minime riconosciute dalla legge, con conseguente annullamento di tali provvedimenti da parte del giudice amministrativo. In questa sede, dopo aver dato atto della nebbia che avvolge questa materia, si vuole riflettere su quali potrebbero essere le soluzioni per ridurre il grado di inafferrabilità della nozione di bene culturale immateriale e sul perché, oggi, un riordino della disciplina appare auspicabile.
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