L’imposta sui servizi digitali, introdotta in Italia dopo infruttuosi tentativi, ha quale obiettivo quello di assoggettare ad imposizione i ricavi lordi derivanti dallo svolgimento di tre distinte tipologie di servizi digitali, ovvero: i) la veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia; ii) la messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consenta agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi; iii) la trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale. Trattasi di fattispecie che, seppur tra loro distinte, possiedono tutte un tratto comune, rappresentato dalla necessaria partecipazione degli utenti alla creazione di un valore che, assumendo un rilievo economicamente valutabile, può di conseguenza essere oggetto di tassazione. E la creazione di tale valore, espressione “tassabile” dell’interazione degli utenti sull’interfaccia digitale, è rappresentata in concreto dai “dati” generati dagli utenti medesimi che, una volta elaborati dai gestori delle piattaforme, rendono possibile la prestazione di quei servizi digitali individuati. Il saggio, dopo aver esaminato l’evoluzione normativa dell’originale tributo, la cui disciplina è mutuata sostanzialmente dalla proposta di direttiva europea, si sofferma sulle criticità dell’imposta in oggetto, che dovrebbe essere abrogata dalla data di entrata in vigore delle disposizioni che deriveranno da accordi raggiunti nelle sedi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale.
L’IMPOSTA SUI SERVIZI DIGITALI: UNA VERA RIVOLUZIONE, OPPURE IL MESSAGGIO IN UNA BOTTIGLIA GETTATA IN MARE PER I POSTERI?
corasaniti
2022-01-01
Abstract
L’imposta sui servizi digitali, introdotta in Italia dopo infruttuosi tentativi, ha quale obiettivo quello di assoggettare ad imposizione i ricavi lordi derivanti dallo svolgimento di tre distinte tipologie di servizi digitali, ovvero: i) la veicolazione su un’interfaccia digitale di pubblicità mirata agli utenti della medesima interfaccia; ii) la messa a disposizione di un’interfaccia digitale multilaterale che consenta agli utenti di essere in contatto e di interagire tra loro, anche al fine di facilitare la fornitura diretta di beni o servizi; iii) la trasmissione di dati raccolti da utenti e generati dall’utilizzo di un’interfaccia digitale. Trattasi di fattispecie che, seppur tra loro distinte, possiedono tutte un tratto comune, rappresentato dalla necessaria partecipazione degli utenti alla creazione di un valore che, assumendo un rilievo economicamente valutabile, può di conseguenza essere oggetto di tassazione. E la creazione di tale valore, espressione “tassabile” dell’interazione degli utenti sull’interfaccia digitale, è rappresentata in concreto dai “dati” generati dagli utenti medesimi che, una volta elaborati dai gestori delle piattaforme, rendono possibile la prestazione di quei servizi digitali individuati. Il saggio, dopo aver esaminato l’evoluzione normativa dell’originale tributo, la cui disciplina è mutuata sostanzialmente dalla proposta di direttiva europea, si sofferma sulle criticità dell’imposta in oggetto, che dovrebbe essere abrogata dalla data di entrata in vigore delle disposizioni che deriveranno da accordi raggiunti nelle sedi internazionali in materia di tassazione dell’economia digitale.File | Dimensione | Formato | |
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