Le prime forme associative degli imprenditori italiani corrispondevano puntualmente alla struttura economica del paese e riproducevano quindi il notevole peso degli interessi commerciali. La contiguità territoriale tra impianti industriali, reti distributive e reti creditizie favorivano la costituzione di associazioni con un forte radicamento locale. È questo il caso del Circolo commerciale, sorto a Brescia nel 1892 in modo spontaneo, geograficamente circoscritto e organizzativamente debole, nel quale erano rappresentati sia gli interessi industriali sia quelli commerciali, a dimostrazione di un basso grado di specializzazione settoriale e del ritardo del Paese nel processo di industrializzazione. Al suo interno si trovavano imprenditori dell’industria, del commercio e della finanza, ma anche esponenti del ceto nobiliare che avevano iniziato a investire nell’azionariato industriale e bancario. Il Circolo divenne in pochi anni la centrale operativa di una élite di operatori economici di diverso orientamento politico che non intendevano l’azione associativa solo come difesa dei propri interessi, ma si sforzarono di collocarla nella prospettiva di una più ampia concezione ideologica, ponendosi traguardi comuni di progresso morale, civile e sociale. Fu, infatti, soprattutto nell’ambito della politica municipale che l’idea di modellare la società sull’impresa diede i suoi maggiori risultati, e dove gli esponenti del nuovo ceto seppero esprimere il meglio delle loro capacità.
La rappresentanza degli interessi imprenditoriali nella Brescia della Belle époque
Onger Sergio
2020-01-01
Abstract
Le prime forme associative degli imprenditori italiani corrispondevano puntualmente alla struttura economica del paese e riproducevano quindi il notevole peso degli interessi commerciali. La contiguità territoriale tra impianti industriali, reti distributive e reti creditizie favorivano la costituzione di associazioni con un forte radicamento locale. È questo il caso del Circolo commerciale, sorto a Brescia nel 1892 in modo spontaneo, geograficamente circoscritto e organizzativamente debole, nel quale erano rappresentati sia gli interessi industriali sia quelli commerciali, a dimostrazione di un basso grado di specializzazione settoriale e del ritardo del Paese nel processo di industrializzazione. Al suo interno si trovavano imprenditori dell’industria, del commercio e della finanza, ma anche esponenti del ceto nobiliare che avevano iniziato a investire nell’azionariato industriale e bancario. Il Circolo divenne in pochi anni la centrale operativa di una élite di operatori economici di diverso orientamento politico che non intendevano l’azione associativa solo come difesa dei propri interessi, ma si sforzarono di collocarla nella prospettiva di una più ampia concezione ideologica, ponendosi traguardi comuni di progresso morale, civile e sociale. Fu, infatti, soprattutto nell’ambito della politica municipale che l’idea di modellare la società sull’impresa diede i suoi maggiori risultati, e dove gli esponenti del nuovo ceto seppero esprimere il meglio delle loro capacità.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
storiainlombardia2020.pdf
accesso aperto
Tipologia:
Documento in Post-print
Licenza:
DRM non definito
Dimensione
23.45 MB
Formato
Adobe PDF
|
23.45 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.