Il costituzionalismo occidentale è giunto a garantire la piena affermazione del diritto al lavoro, nella duplice veste di diritto di libertà e di diritto sociale, soltanto al termine di un cammino tortuoso, culminato nell’avvento della forma di stato democratico-sociale e nell’adesione all’idea keynesiana (o postkeynesiana) di un’economia di mercato razionalmente governata nell’interesse generale. Iscrivendosi a pieno titolo nel solco di questa tradizione, la Costituzione italiana ha posto il lavoro a fondamento della democrazia repubblicana, facendone una chiave di lettura indispensabile per l’interpretazione sistematica dell’insieme dei principi fondamentali e del valore dignitario che vi è sotteso. Il processo di attuazione di questo tratto essenziale della nuova forma di stato si è rivelato sin dal principio parziale e lacunoso, per responsabilità ascrivibili non soltanto agli organi costituzionali dell’indirizzo politico ma anche alla Corte costituzionale, che ha lasciato al legislatore un amplissimo margine di discrezionalità nell’opera di bilanciamento del diritto al lavoro con gli altri beni protetti dalla Carta. In tempi recenti, l’affermazione su scala globale di un modello neoliberale di governo dell’economia e la tendenza delle politiche sovranazionali europee a privilegiare gli strumenti della libera concorrenza e della privatizzazione rispetto all’esigenza di una regolamentazione pubblica dell’economia orientata a fini sociali hanno finito per imporre una visione mercatistica del lavoro che sta progressivamente erodendo le già parziali conquiste dello stato democratico sociale.

Considerare il lavoro come diritto è ancora possibile

Apostoli Adriana
2020-01-01

Abstract

Il costituzionalismo occidentale è giunto a garantire la piena affermazione del diritto al lavoro, nella duplice veste di diritto di libertà e di diritto sociale, soltanto al termine di un cammino tortuoso, culminato nell’avvento della forma di stato democratico-sociale e nell’adesione all’idea keynesiana (o postkeynesiana) di un’economia di mercato razionalmente governata nell’interesse generale. Iscrivendosi a pieno titolo nel solco di questa tradizione, la Costituzione italiana ha posto il lavoro a fondamento della democrazia repubblicana, facendone una chiave di lettura indispensabile per l’interpretazione sistematica dell’insieme dei principi fondamentali e del valore dignitario che vi è sotteso. Il processo di attuazione di questo tratto essenziale della nuova forma di stato si è rivelato sin dal principio parziale e lacunoso, per responsabilità ascrivibili non soltanto agli organi costituzionali dell’indirizzo politico ma anche alla Corte costituzionale, che ha lasciato al legislatore un amplissimo margine di discrezionalità nell’opera di bilanciamento del diritto al lavoro con gli altri beni protetti dalla Carta. In tempi recenti, l’affermazione su scala globale di un modello neoliberale di governo dell’economia e la tendenza delle politiche sovranazionali europee a privilegiare gli strumenti della libera concorrenza e della privatizzazione rispetto all’esigenza di una regolamentazione pubblica dell’economia orientata a fini sociali hanno finito per imporre una visione mercatistica del lavoro che sta progressivamente erodendo le già parziali conquiste dello stato democratico sociale.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11379/529039
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