Lo scritto tenta di mettere in luce, attraverso una puntuale ricostruzione degli accadimenti, come le modalità attraverso le quali si è realizzato l’accordo di governo tra il Movimento 5 Stelle e la Lega, dopo il voto politico del marzo 2018, hanno nei fatti creato nell'ordinamento italiano il presupposto per un indebolimento strutturale in particolare del ruolo del Presidente del Consiglio. La logica schiettamente e inevitabilmente olitica (che dunque sconta convenienze oggettive in favore dei partiti e movimenti e, ancor più, dei rispettivi leader che hanno dato vita all’intesa di maggioranza) ispiratrice del “contratto per il governo del cambiamento”, pur essendo da sempre sperimentata nel sistema parlamentare italiano, finisce per non essere innovata positivamente in virtù di tale accordo. Anzi, essa si ripercuote negativamente e per molti aspetti mpropriamente tanto sul c.d. principio monocratico tanto su quello c.d. collegiale (così come configurati, nella dialettica tensione tra loro, dalla normativa costituzionale vigente) in tema di funzionamento dell’organo governativo. La stessa mediazione offerta dal Presidente della Repubblica, come pure le sue “sollecitazioni” al fine di consentire l’emersione di una maggioranza governativa, sono sembrate ispirate da un eccesso di preoccupazioni di natura politica. Tuttavia, a seguito dell’improvvisa crisi aperta dalla Lega agli inizi di agosto, di cui si dà conto nel post-scriptum, si è formato un diverso Governo (sostenuto da altra maggioranza parlamentare) che sembrerebbe consentire il recupero del significato più appropriato da riconoscere nell’ordinamento costituzionale vigente al Presidente del Consiglio (il quale curiosamente non è stato cambiato rispetto alla precedente circostanza).

La pervasiva vischiosità della politica italiana: la contraddizione costituzionale del governo del "cambiamento" e il suo superamento

Antonio D'Andrea
2019-01-01

Abstract

Lo scritto tenta di mettere in luce, attraverso una puntuale ricostruzione degli accadimenti, come le modalità attraverso le quali si è realizzato l’accordo di governo tra il Movimento 5 Stelle e la Lega, dopo il voto politico del marzo 2018, hanno nei fatti creato nell'ordinamento italiano il presupposto per un indebolimento strutturale in particolare del ruolo del Presidente del Consiglio. La logica schiettamente e inevitabilmente olitica (che dunque sconta convenienze oggettive in favore dei partiti e movimenti e, ancor più, dei rispettivi leader che hanno dato vita all’intesa di maggioranza) ispiratrice del “contratto per il governo del cambiamento”, pur essendo da sempre sperimentata nel sistema parlamentare italiano, finisce per non essere innovata positivamente in virtù di tale accordo. Anzi, essa si ripercuote negativamente e per molti aspetti mpropriamente tanto sul c.d. principio monocratico tanto su quello c.d. collegiale (così come configurati, nella dialettica tensione tra loro, dalla normativa costituzionale vigente) in tema di funzionamento dell’organo governativo. La stessa mediazione offerta dal Presidente della Repubblica, come pure le sue “sollecitazioni” al fine di consentire l’emersione di una maggioranza governativa, sono sembrate ispirate da un eccesso di preoccupazioni di natura politica. Tuttavia, a seguito dell’improvvisa crisi aperta dalla Lega agli inizi di agosto, di cui si dà conto nel post-scriptum, si è formato un diverso Governo (sostenuto da altra maggioranza parlamentare) che sembrerebbe consentire il recupero del significato più appropriato da riconoscere nell’ordinamento costituzionale vigente al Presidente del Consiglio (il quale curiosamente non è stato cambiato rispetto alla precedente circostanza).
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