Lo studioso del diritto amministrativo che si approcci al tema della cittadinanza deve necessariamente prendere le mosse dalla constatazione della crisi che ormai da diversi anni attraversa il relativo concetto, condividendo altresì l’individuazione delle sue possibili cause. Il tema della cittadinanza, specie a causa della prevalenza delle ragioni della sicurezza, ha trasformato la questione dell’inclusione nell’esclusione dell’altro, considerato un intruso. In questa situazione, anche per lo studioso del diritto amministrativo ha un senso chiedersi se il concetto di cittadinanza abbia ancora la forza di leggere la nostra società e di lasciare in essa il suo segno. Se la legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza) prevede distinti procedimenti di acquisto della cittadinanza, la maggioranza dei quali connotati da margini d’intervento autoritativo piuttosto ristretti , lo scritto si propone di concentrare l’attenzione sui procedimenti amministrativi previsti per la concessione della cittadinanza con decreto del Presidente della Repubblica ex art. 9, nei quali la discrezionalità amministrativa si connota per aspetti di particolare ampiezza, richiedendo di soffermarsi sulla natura e sulle caratteristiche del potere che in essi viene esercitato e del provvedimento che viene conseguentemente emanato. E questo sarà necessario fare non solo alla luce delle disposizioni normative in vigore (o in via di possibile modifica) ma anche – o forse soprattutto – attraverso l’interpretazione che di esse la giurisprudenza fornisce. Tutto ciò consentirà di individuare il ruolo che il giudice amministrativo gioca (o potrebbe, o dovrebbe giocare) nella distinzione tra chi possa essere considerato cittadino e chi no, specie attraverso l’interpretazione dei concetti-chiave connessi ai requisiti necessari all’emanazione del provvedimento concessorio.

Giudice amministrativo e cittadinanza: quale contributo per un concetto giuridicamente sostenibile?

paola lombardi
2018-01-01

Abstract

Lo studioso del diritto amministrativo che si approcci al tema della cittadinanza deve necessariamente prendere le mosse dalla constatazione della crisi che ormai da diversi anni attraversa il relativo concetto, condividendo altresì l’individuazione delle sue possibili cause. Il tema della cittadinanza, specie a causa della prevalenza delle ragioni della sicurezza, ha trasformato la questione dell’inclusione nell’esclusione dell’altro, considerato un intruso. In questa situazione, anche per lo studioso del diritto amministrativo ha un senso chiedersi se il concetto di cittadinanza abbia ancora la forza di leggere la nostra società e di lasciare in essa il suo segno. Se la legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Nuove norme sulla cittadinanza) prevede distinti procedimenti di acquisto della cittadinanza, la maggioranza dei quali connotati da margini d’intervento autoritativo piuttosto ristretti , lo scritto si propone di concentrare l’attenzione sui procedimenti amministrativi previsti per la concessione della cittadinanza con decreto del Presidente della Repubblica ex art. 9, nei quali la discrezionalità amministrativa si connota per aspetti di particolare ampiezza, richiedendo di soffermarsi sulla natura e sulle caratteristiche del potere che in essi viene esercitato e del provvedimento che viene conseguentemente emanato. E questo sarà necessario fare non solo alla luce delle disposizioni normative in vigore (o in via di possibile modifica) ma anche – o forse soprattutto – attraverso l’interpretazione che di esse la giurisprudenza fornisce. Tutto ciò consentirà di individuare il ruolo che il giudice amministrativo gioca (o potrebbe, o dovrebbe giocare) nella distinzione tra chi possa essere considerato cittadino e chi no, specie attraverso l’interpretazione dei concetti-chiave connessi ai requisiti necessari all’emanazione del provvedimento concessorio.
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