La massima esprime un principio già affermato dalla Corte di cassazione a Sezioni unite (sentenza n. 553/2009), ossia quello della legittima proponibilità (purché sin dall’incipit del processo) della domanda di ritenzione della caparra confir-matoria (o pretesa del suo doppio) quale istanza correlata ad una domanda di risoluzione, posto che, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla parte nell’introdurre l’azione “caducatoria”, rientra nei poteri officiosi del giudice riqualifica-re la domanda come formalmente volta al recesso. L’A. condivide il risultato pratico di consentire la ritenzione della ca-parra (o pretesa del suo doppio) anche a colui che abbia scelto, anziché il recesso, il rimedio della risoluzione, a tal fine argomentando dalla tendenziale omogeneità/fungibilità tra risoluzione (viepiù se di diritto) e recesso, che condividono gli stessi “presupposti” e gli stessi “effetti”. Ma in senso critico rileva come la premessa della loro fungibilità, peraltro gene-ralmente condivisa (anche se, forse, non a pieno dalla Corte barese), dovrebbe più logicamente condurre a ritenere la caparra tout court compatibile anche con la risoluzione (in quanto, appunto, rimedio omogeneo al recesso); mentre invo-care la necessità della previa riqualificazione della domanda di risoluzione in domanda di recesso sottende il convinci-mento che la caparra sia indissolubilmente legata al recesso e, dunque, che, a monte, recesso e risoluzione non siano rimedi propriamente (o perfettamente) fungibili (posto che, se lo fossero, la risoluzione diverrebbe ex se compatibile con la caparra).

Sulla proponibilità della domanda di risoluzione corredata da una richiesta di incameramento della caparra confirmatoria

PASCUCCI, Luisa
2014-01-01

Abstract

La massima esprime un principio già affermato dalla Corte di cassazione a Sezioni unite (sentenza n. 553/2009), ossia quello della legittima proponibilità (purché sin dall’incipit del processo) della domanda di ritenzione della caparra confir-matoria (o pretesa del suo doppio) quale istanza correlata ad una domanda di risoluzione, posto che, indipendentemente dal nomen iuris utilizzato dalla parte nell’introdurre l’azione “caducatoria”, rientra nei poteri officiosi del giudice riqualifica-re la domanda come formalmente volta al recesso. L’A. condivide il risultato pratico di consentire la ritenzione della ca-parra (o pretesa del suo doppio) anche a colui che abbia scelto, anziché il recesso, il rimedio della risoluzione, a tal fine argomentando dalla tendenziale omogeneità/fungibilità tra risoluzione (viepiù se di diritto) e recesso, che condividono gli stessi “presupposti” e gli stessi “effetti”. Ma in senso critico rileva come la premessa della loro fungibilità, peraltro gene-ralmente condivisa (anche se, forse, non a pieno dalla Corte barese), dovrebbe più logicamente condurre a ritenere la caparra tout court compatibile anche con la risoluzione (in quanto, appunto, rimedio omogeneo al recesso); mentre invo-care la necessità della previa riqualificazione della domanda di risoluzione in domanda di recesso sottende il convinci-mento che la caparra sia indissolubilmente legata al recesso e, dunque, che, a monte, recesso e risoluzione non siano rimedi propriamente (o perfettamente) fungibili (posto che, se lo fossero, la risoluzione diverrebbe ex se compatibile con la caparra).
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