La fase del processo d’appello che si svolgeva innanzi al iudex a quo viveva quale primo e fondamentale momento quello in cui il giudice di primo grado era chiamato a decidere se recepire o meno l’impugnazione. Il naturale svolgimento del procedimento e la sua continuazione presso il giudice ad quem era certamente condizionato dal preliminare accertamento circa l’assenza di ragioni di improcedibilità legate a questioni di ordine formale. Secondo l’opinione tradizionale tramandata in dottrina tuttavia, il giudice di primo grado, per tutta l’età classica, era investito di un ulteriore e significativo potere, quello di bloccare il corso dell’appello qualora lo avesse ritenuto manifestamente privo di ogni fondamento. Con questa indagine si è cercato di sottoporre a vaglio critico la communis opinio, mostrando come considerazioni di ordine logico e dati testuali sembrerebbero sufficienti per ipotizzare uno scenario alternativo. Muovendo dai risultati di un recente studio condotto sulla poena appellationis e sulle altre sanzioni previste contro l’appellante temerario, si è provato a dimostrare che la necessaria funzione di ‘filtro’ degli appelli, indispensabile per preservare il corretto funzionamento dell’amministrazione della giustizia di secondo grado, fosse svolta non dal iudex a quo, sulla base di una sommaria valutazione circa la fondatezza del gravame proposto, ma prospettando all’appellante il rischio di vedersi applicate severe misure di natura pecuniaria nel caso in cui il giudice ad quem, nel respingere l’impugnazione, l’avesse giudicata priva di ogni motivo, proposta a mero scopo dilatorio e dunque temeraria.
Appellationem recipere vel non. Il 'filtro' in appello
LIVA, Stefano
2016-01-01
Abstract
La fase del processo d’appello che si svolgeva innanzi al iudex a quo viveva quale primo e fondamentale momento quello in cui il giudice di primo grado era chiamato a decidere se recepire o meno l’impugnazione. Il naturale svolgimento del procedimento e la sua continuazione presso il giudice ad quem era certamente condizionato dal preliminare accertamento circa l’assenza di ragioni di improcedibilità legate a questioni di ordine formale. Secondo l’opinione tradizionale tramandata in dottrina tuttavia, il giudice di primo grado, per tutta l’età classica, era investito di un ulteriore e significativo potere, quello di bloccare il corso dell’appello qualora lo avesse ritenuto manifestamente privo di ogni fondamento. Con questa indagine si è cercato di sottoporre a vaglio critico la communis opinio, mostrando come considerazioni di ordine logico e dati testuali sembrerebbero sufficienti per ipotizzare uno scenario alternativo. Muovendo dai risultati di un recente studio condotto sulla poena appellationis e sulle altre sanzioni previste contro l’appellante temerario, si è provato a dimostrare che la necessaria funzione di ‘filtro’ degli appelli, indispensabile per preservare il corretto funzionamento dell’amministrazione della giustizia di secondo grado, fosse svolta non dal iudex a quo, sulla base di una sommaria valutazione circa la fondatezza del gravame proposto, ma prospettando all’appellante il rischio di vedersi applicate severe misure di natura pecuniaria nel caso in cui il giudice ad quem, nel respingere l’impugnazione, l’avesse giudicata priva di ogni motivo, proposta a mero scopo dilatorio e dunque temeraria.File | Dimensione | Formato | |
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