Il contraddittorio, secondo l’accezione comunemente recepita, si identifica nel confronto tra due parti che sostengono e difendono ognuna le proprie opinioni, con l’obiettivo di convincere l’altra della verità delle proprie affermazioni. In ambito giuridico, con l’espressione predetta si intende “la posizione di eguaglianza che è fatta alle parti nel processo in ordine alla possibilità astratta di elaborazione del contenuto della sentenza” . Con specifico riferimento all’ambito del diritto amministrativo, volendo definire il contraddittorio, all’indomani della riforma del 1990, sembra doversi concludere nel senso che questo si traduca in un’attività informativa, operata dal privato nei confronti della Pubblica Amministrazione, attraverso la quale si ha la rappresentazione di situazioni o giudizi considerati significativi rispetto ad un problema amministrativo. L’obiettivo della suddetta attività informativa non è solo quello di anticipare, in sede procedimentale, le proprie difese, ma contribuire a determinare la materia che dovrà essere sottoposta ad esame critico e, quindi, porre le condizioni necessarie affinché la decisione dell’organo deputato ad effettuare la ponderazione degli interessi coinvolti sia imparziale e giusta, ossia il più possibile aderente alla realtà dei fatti e, di conseguenza, maggiormente idonea a rispondere alle esigenze del caso concreto . Il contraddittorio, nella sua veste di strumento diretto a pervenire a decisioni che siano conformi ai principi di giustizia e verità, non rappresenti altro che uno dei principali (se non il principale) pilastri del cd. “giusto procedimento”, locuzione i cui termini appaiono, a prima vista, intrisi di un’elevata valenza costituzionale. Il procedimento amministrativo, inteso quale estrinsecazione della funzione amministrativa, secondo quanto sostenuto da autorevole dottrina , è di per sé connotato da una spiccata natura costituzionale. Tuttavia, nonostante la potente evocazione della “giustizia” nel procedimento, la Corte Costituzionale, a parere della dottrina giuspubblicistica maggioritaria , non ha profuso, almeno in tempi risalenti, significativi sforzi al fine di desumere dalle disposizioni costituzionali il principio del “giusto procedimento” nell’attività amministrativa autoritativa . Solo di recente, infatti, sono state pubblicate talune pronunce che contengono i segni di una progressiva erosione della precedente giurisprudenza; in particolare, il mutamento strutturale che ha interessato la Pubblica Amministrazione negli ultimi anni ha indotto il Giudice delle Leggi a rivedere le proprie argomentazioni poste a sostegno della negazione di valore costituzionale del “giusto procedimento”, segno, questo, che il dibattito non può considerarsi chiuso. Alla luce di quanto rilevato, non può che sottolinearsi, in premessa, come la vera sfida che attende la comunità scientifica sia quella di suggerire al Giudice delle Leggi soluzioni per addivenire all’affermazione del fondamento costituzionale del giusto procedimento amministrativo, fondato sul contraddittorio tra le parti. In altre parole, occorrerebbe, una volta per tutte, superare tutti quegli orientamenti svalutativi del contraddittorio nel procedimento amministrativo, e anche tributario, partendo dalla concezione che il diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost., non attiene alla sola dimensione giurisdizionale, ma anche a quella procedimentale. Ciò detto, all’interno del presente lavoro, si cercherà innanzitutto di inquadrare i termini del problema traendo spunto dalla giurisprudenza costituzionale in tema di giusto procedimento, in linea generale, per poi analizzare, se, invece, con specifico riferimento alla materia tributaria, la giurisprudenza costituzionale e di legittimità hanno dimostrato, coerentemente alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza comunitaria, una maggiore apertura volta a conferire il “crisma” della costituzionalità al contraddittorio procedimentale.

Il principio del contraddittorio nella giurisprudenza nazionale e dell’Unione Europea

CORASANITI, Giuseppe
2016-01-01

Abstract

Il contraddittorio, secondo l’accezione comunemente recepita, si identifica nel confronto tra due parti che sostengono e difendono ognuna le proprie opinioni, con l’obiettivo di convincere l’altra della verità delle proprie affermazioni. In ambito giuridico, con l’espressione predetta si intende “la posizione di eguaglianza che è fatta alle parti nel processo in ordine alla possibilità astratta di elaborazione del contenuto della sentenza” . Con specifico riferimento all’ambito del diritto amministrativo, volendo definire il contraddittorio, all’indomani della riforma del 1990, sembra doversi concludere nel senso che questo si traduca in un’attività informativa, operata dal privato nei confronti della Pubblica Amministrazione, attraverso la quale si ha la rappresentazione di situazioni o giudizi considerati significativi rispetto ad un problema amministrativo. L’obiettivo della suddetta attività informativa non è solo quello di anticipare, in sede procedimentale, le proprie difese, ma contribuire a determinare la materia che dovrà essere sottoposta ad esame critico e, quindi, porre le condizioni necessarie affinché la decisione dell’organo deputato ad effettuare la ponderazione degli interessi coinvolti sia imparziale e giusta, ossia il più possibile aderente alla realtà dei fatti e, di conseguenza, maggiormente idonea a rispondere alle esigenze del caso concreto . Il contraddittorio, nella sua veste di strumento diretto a pervenire a decisioni che siano conformi ai principi di giustizia e verità, non rappresenti altro che uno dei principali (se non il principale) pilastri del cd. “giusto procedimento”, locuzione i cui termini appaiono, a prima vista, intrisi di un’elevata valenza costituzionale. Il procedimento amministrativo, inteso quale estrinsecazione della funzione amministrativa, secondo quanto sostenuto da autorevole dottrina , è di per sé connotato da una spiccata natura costituzionale. Tuttavia, nonostante la potente evocazione della “giustizia” nel procedimento, la Corte Costituzionale, a parere della dottrina giuspubblicistica maggioritaria , non ha profuso, almeno in tempi risalenti, significativi sforzi al fine di desumere dalle disposizioni costituzionali il principio del “giusto procedimento” nell’attività amministrativa autoritativa . Solo di recente, infatti, sono state pubblicate talune pronunce che contengono i segni di una progressiva erosione della precedente giurisprudenza; in particolare, il mutamento strutturale che ha interessato la Pubblica Amministrazione negli ultimi anni ha indotto il Giudice delle Leggi a rivedere le proprie argomentazioni poste a sostegno della negazione di valore costituzionale del “giusto procedimento”, segno, questo, che il dibattito non può considerarsi chiuso. Alla luce di quanto rilevato, non può che sottolinearsi, in premessa, come la vera sfida che attende la comunità scientifica sia quella di suggerire al Giudice delle Leggi soluzioni per addivenire all’affermazione del fondamento costituzionale del giusto procedimento amministrativo, fondato sul contraddittorio tra le parti. In altre parole, occorrerebbe, una volta per tutte, superare tutti quegli orientamenti svalutativi del contraddittorio nel procedimento amministrativo, e anche tributario, partendo dalla concezione che il diritto di difesa, di cui all’art. 24 Cost., non attiene alla sola dimensione giurisdizionale, ma anche a quella procedimentale. Ciò detto, all’interno del presente lavoro, si cercherà innanzitutto di inquadrare i termini del problema traendo spunto dalla giurisprudenza costituzionale in tema di giusto procedimento, in linea generale, per poi analizzare, se, invece, con specifico riferimento alla materia tributaria, la giurisprudenza costituzionale e di legittimità hanno dimostrato, coerentemente alle indicazioni fornite dalla giurisprudenza comunitaria, una maggiore apertura volta a conferire il “crisma” della costituzionalità al contraddittorio procedimentale.
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