La sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 29 gennaio 2005sembra risolvere sbrigativamente la questione di illegittimità costituzionale (sollevata dal Governo, in via d’azione) di tre leggi regionali (rispettivamente della Regione Sardegna, legge 3 luglio 2003, n. 8; della Regione Basilicata, legge 21 novembre 2003, n. 31; della Regione Calabria, legge 5 dicembre 2003, n. 26) tutte volte a dichiarare il territorio regionale quale “denuclearizzato e precluso al transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale”. Tuttavia, a dispetto della rapidità ed evidenza con la quale la Corte “liquida” la questione (dichiarando l’incostituzionalità delle leggi regionali), l’argomentazione sembra presupporre acquisizioni di non scarso rilievo. In particolare, la sintesi motivazionale che sottende, in realtà, un argomentare “non esplicitato” e alquanto più diffusivo, riguarda due ambiti di competenza legislativa: l’uno di esclusiva pertinenza dello Stato (“tutela dell’ambiente”: art. 117, c. 2, lett. s), Cost.); l’altro di natura concorrente Stato-Regioni (“tutela della salute”: art. 117, c. 3, Cost.). Entrambi questi ambiti, a prescindere dalla differente allocazione della relativa potestà legislativa, godono di un innegabile aspetto identitario: quello funzionale. Entrambi, infatti, sono finalizzati alla salvaguardia di due fondamentali beni della vita: l’ambiente, nell’un caso, la salute, nell’altro. Tanto fondamentali da essere costituzionalmente tutelati (artt.9 e 32 Cost.). Entrambi, oltre che dotati di aspetti suscettibili di reciproca intersecazione, sono destinati ad intrecciarsi con altre materie (es. “governo del territorio”; “tutela e sicurezza del lavoro”; “grandi reti di trasporto”; “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, …). Pertanto, a discapito della loro differente collocazione nel riparto della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni, sono uniti da numerose affinità, prevalenti sulle differenziazioni. Al punto che la descrizione fatta dalla Corte costituzionale in riferimento alla funzione di tutela ambientale (oltre che per altre competenze esclusive statali: es. per la determinazione livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – sent. 282/2002; per la tutela della concorrenza – sent. 14/2004), può essere estesa a quella di “tutela della salute”. Pertanto, la differenza tra i due ambiti (tutela dell’ambiente, da un lato; tutela della salute, dall’altro) sembra arrestarsi al canale attraverso il quale la disciplina regionale può trovare ingresso: diretto, per la salute; indiretto, per l’ambiente. Mentre non sembrerebbe estendersi all’ampiezza dello spazio occupabile dalla normativa statale. Esso dipende (rectius, è fatto dipendere dalla Corte, nelle sue pronunce) da altro elemento, non certo dal titolo di esercizio della relativa potestà legislativa: il rilievo degli interessi che la disciplina statale è volta a tutelare. E’, quindi, ormai innegabile la sopravvivenza e la “dirimenza” del “famigerato” interesse nazionale. L’identità tra i due ambiti di disciplina è – sotto questo aspetto – ripristinata. Lo conferma la sentenza n. 62/2005.

L’acquis della sentenza n. 62/2005: l’interesse nazionale (?)

MACCABIANI, Nadia
2005-01-01

Abstract

La sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 29 gennaio 2005sembra risolvere sbrigativamente la questione di illegittimità costituzionale (sollevata dal Governo, in via d’azione) di tre leggi regionali (rispettivamente della Regione Sardegna, legge 3 luglio 2003, n. 8; della Regione Basilicata, legge 21 novembre 2003, n. 31; della Regione Calabria, legge 5 dicembre 2003, n. 26) tutte volte a dichiarare il territorio regionale quale “denuclearizzato e precluso al transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale”. Tuttavia, a dispetto della rapidità ed evidenza con la quale la Corte “liquida” la questione (dichiarando l’incostituzionalità delle leggi regionali), l’argomentazione sembra presupporre acquisizioni di non scarso rilievo. In particolare, la sintesi motivazionale che sottende, in realtà, un argomentare “non esplicitato” e alquanto più diffusivo, riguarda due ambiti di competenza legislativa: l’uno di esclusiva pertinenza dello Stato (“tutela dell’ambiente”: art. 117, c. 2, lett. s), Cost.); l’altro di natura concorrente Stato-Regioni (“tutela della salute”: art. 117, c. 3, Cost.). Entrambi questi ambiti, a prescindere dalla differente allocazione della relativa potestà legislativa, godono di un innegabile aspetto identitario: quello funzionale. Entrambi, infatti, sono finalizzati alla salvaguardia di due fondamentali beni della vita: l’ambiente, nell’un caso, la salute, nell’altro. Tanto fondamentali da essere costituzionalmente tutelati (artt.9 e 32 Cost.). Entrambi, oltre che dotati di aspetti suscettibili di reciproca intersecazione, sono destinati ad intrecciarsi con altre materie (es. “governo del territorio”; “tutela e sicurezza del lavoro”; “grandi reti di trasporto”; “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, …). Pertanto, a discapito della loro differente collocazione nel riparto della potestà legislativa tra lo Stato e le Regioni, sono uniti da numerose affinità, prevalenti sulle differenziazioni. Al punto che la descrizione fatta dalla Corte costituzionale in riferimento alla funzione di tutela ambientale (oltre che per altre competenze esclusive statali: es. per la determinazione livelli essenziali di prestazioni concernenti i diritti civili e sociali – sent. 282/2002; per la tutela della concorrenza – sent. 14/2004), può essere estesa a quella di “tutela della salute”. Pertanto, la differenza tra i due ambiti (tutela dell’ambiente, da un lato; tutela della salute, dall’altro) sembra arrestarsi al canale attraverso il quale la disciplina regionale può trovare ingresso: diretto, per la salute; indiretto, per l’ambiente. Mentre non sembrerebbe estendersi all’ampiezza dello spazio occupabile dalla normativa statale. Esso dipende (rectius, è fatto dipendere dalla Corte, nelle sue pronunce) da altro elemento, non certo dal titolo di esercizio della relativa potestà legislativa: il rilievo degli interessi che la disciplina statale è volta a tutelare. E’, quindi, ormai innegabile la sopravvivenza e la “dirimenza” del “famigerato” interesse nazionale. L’identità tra i due ambiti di disciplina è – sotto questo aspetto – ripristinata. Lo conferma la sentenza n. 62/2005.
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