L’articolo esamina la disciplina del licenziamento discriminatorio alla luce delle modifiche apportate recentemente all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ragionando dapprima sulla tendenza a trasformare la tutela antidiscriminatoria nella sola forma di tutela assoluta del diritto al mantenimento del posto di lavoro. L’articolo si sofferma poi sulla specificità della tutela discriminatoria, in particolare sulla sua funzione di diagnosi di fenomeni di diseguaglianza sociale. Successivamente, attraverso l’analisi delle differenze fra il giudizio sulla giustificazione del recesso e il giudizio di discriminazione, e del relativo onere della prova, viene evidenziato il diverso test di controllo utilizzato nei due casi. Infine, a partire dalla critica della tesi per cui un licenziamento adottato per giusta causa o giustificato motivo non può essere, al tempo stesso, discriminatorio, l’articolo esamina il caso del licenziamento per rappresaglia. La tesi sostenuta è che il licenziamento ritorsivo dovuto a uno dei fattori vietati debba essere considerato come un’ipotesi tipica di discriminazione, mentre un’interpretazione estensiva, di tipo funzionalista, dei divieti di discriminazione potrebbe ricondurre quello ritorsivo per motivi non nominati a un’ipotesi atipica di discriminazione-molestia.

Il licenziamento alla luce del diritto antidiscriminatorio

BARBERA, Marzia
2013-01-01

Abstract

L’articolo esamina la disciplina del licenziamento discriminatorio alla luce delle modifiche apportate recentemente all’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, ragionando dapprima sulla tendenza a trasformare la tutela antidiscriminatoria nella sola forma di tutela assoluta del diritto al mantenimento del posto di lavoro. L’articolo si sofferma poi sulla specificità della tutela discriminatoria, in particolare sulla sua funzione di diagnosi di fenomeni di diseguaglianza sociale. Successivamente, attraverso l’analisi delle differenze fra il giudizio sulla giustificazione del recesso e il giudizio di discriminazione, e del relativo onere della prova, viene evidenziato il diverso test di controllo utilizzato nei due casi. Infine, a partire dalla critica della tesi per cui un licenziamento adottato per giusta causa o giustificato motivo non può essere, al tempo stesso, discriminatorio, l’articolo esamina il caso del licenziamento per rappresaglia. La tesi sostenuta è che il licenziamento ritorsivo dovuto a uno dei fattori vietati debba essere considerato come un’ipotesi tipica di discriminazione, mentre un’interpretazione estensiva, di tipo funzionalista, dei divieti di discriminazione potrebbe ricondurre quello ritorsivo per motivi non nominati a un’ipotesi atipica di discriminazione-molestia.
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