L’articolo presenta una riflessione intorno a un testo del commentario di Servio all’Eneide (Serv. Aen. 9.52), nel quale si descrivono taluni aspetti della procedura feziale per la dichiarazione di guerra. Interessa, in particolare, il gesto della emissio hastae in territorio nemico, quale atto conclusivo della fase ‘dialettica’ e inizio della fase di scontro armato. Servio cita un passaggio di Varrone (Varr. Logistorici frg. 2 Semi), nel quale viene ricordato l’identico gesto compiuto dal comandante militare al momento di entrare con l’esercito in «agrum hostilem», allo scopo di fissare un luogo per l’accampamento. Nell’ambito della dottrina ipercritica, tale frammento è stato letto come indizio di una scarsa conoscenza e diffusione dello ius fetiale (e delle sue pratiche) al tempo di Varrone, e dunque a conferma della teoria dello ius fetiale quale prodotto di una ricostruzione arcaizzante. Il presente lavoro tende, invece, a porre in evidenza come nel testo serviano siano sovrapposti due atti distinti e autonomi, accomunati, tuttavia, dall’identità materiale del gesto posto in essere. Una attenta lettura del documento di Servio, infatti, consente di cogliere come, pur nell’identità comportamentale, altro sia l’atto del condottiero, altro quello del sacerdote feziale: gesti identici, ma con funzioni e significati diversi.

Polisemia di un gesto: l'emittere hastam dei duces e dei feziali

TURELLI, Giovanni
2010-01-01

Abstract

L’articolo presenta una riflessione intorno a un testo del commentario di Servio all’Eneide (Serv. Aen. 9.52), nel quale si descrivono taluni aspetti della procedura feziale per la dichiarazione di guerra. Interessa, in particolare, il gesto della emissio hastae in territorio nemico, quale atto conclusivo della fase ‘dialettica’ e inizio della fase di scontro armato. Servio cita un passaggio di Varrone (Varr. Logistorici frg. 2 Semi), nel quale viene ricordato l’identico gesto compiuto dal comandante militare al momento di entrare con l’esercito in «agrum hostilem», allo scopo di fissare un luogo per l’accampamento. Nell’ambito della dottrina ipercritica, tale frammento è stato letto come indizio di una scarsa conoscenza e diffusione dello ius fetiale (e delle sue pratiche) al tempo di Varrone, e dunque a conferma della teoria dello ius fetiale quale prodotto di una ricostruzione arcaizzante. Il presente lavoro tende, invece, a porre in evidenza come nel testo serviano siano sovrapposti due atti distinti e autonomi, accomunati, tuttavia, dall’identità materiale del gesto posto in essere. Una attenta lettura del documento di Servio, infatti, consente di cogliere come, pur nell’identità comportamentale, altro sia l’atto del condottiero, altro quello del sacerdote feziale: gesti identici, ma con funzioni e significati diversi.
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