E’ generalmente riconosciuto, in dottrina, che lo studio della forma di governo così come del ruolo e delle funzioni del Presidente della Repubblica non può essere limitato all’analisi, pure indispensabile ed imprescindibile punto di partenza, delle disposizioni positive (regole), dovendo essere arricchito con le prassi, consuetudini e convenzioni che si sono venute consolidando nel tempo (le c.d. regolarità), in un rapporto di reciproca – ineliminabile – implicazione. La laconicità e – conseguente – flessibilità delle disposizioni costituzionali sul Capo dello Stato ha reso quanto mai evidente il peso e l’importanza di tali dati fattuali. Partendo da questa premessa e dalla catalogazione delle funzioni presidenziali che inserisce quelle relative alla gestione delle crisi di governo (in particolare la formazione di un nuovo Esecutivo in corso di legislatura e lo scioglimento anticipato delle Camere) nel novero dei poteri di intermediazione politica e, giunto ormai al termine il settennato del Presidente Napolitano, si è cercato di tracciare un bilancio dell’esercizio di tali poteri da parte di quest’ultimo. Analizzandone la prassi è emerso un chiaro filo conduttore. In particolare, la maieutica presidenziale nel recuperare l’incancrenito sistema politico italiano per condurlo sul binario di una più matura democrazia dell’alternanza ha attraversato coerentemente sia le “parole” (rectius, esternazioni) pronunciate sin dal discorso di insediamento e tradotte plasticamente nell’impegno profuso per la celebrazione del 150° anniversario dall’Unità d’Italia, che gli “atti” adottati dal Presidente, con particolare riguardo a quelli che rivestono – appunto – una maggiore pregnanza politica in quanto sollecitati durante i periodi di crisi di sistema. In un crescendo di incisività e fermezza, il Presidente Napolitano ha pedagogicamente accompagnato il cammino delle forze politiche invitandole ad abbandonare l’eccesso di faziosità e partigianeria in vista dell’interesse generale. Le ha esercitate alla coesione nazionale incalzandole nell’approvazione rapida e congiunta (sotto sua stretta sorveglianza) dei provvedimenti di riforma economico-finanziaria richiesti dall’Unione europea per recuperare credibilità ed affidabilità al nostro Paese sul piano internazionale (basti ricordare quanto accaduto durante estate ed autunno del 2011). Le ha, infine, «operosamente» coadiuvate nella formazione di un’esperienza governativa più inclusiva, dando vita all’Esecutivo guidato dal Prof. Mario Monti. Ha, tuttavia, dovuto prendere atto «con rammarico» dell’incapacità del sistema politico italiano a compiere il necessario «salto di qualità», procedendo «suo malgrado» allo scioglimento anticipato del Parlamento senza che neppure fosse stato trovato un accordo sull’ormai annoso dibattito della riforma elettorale, quale suggello dell’insanabile, accesa contrapposizione e delegittimazione tra le forze politiche. Con ogni biasimo verso un sistema politico-partitico italiano a tal punto malato, resta comunque aperto un interrogativo, reso tanto più evidente dal «senno del poi» suscitato dall’esito elettorale del febbraio 2013: come sarebbe spontaneamente evoluto tale sistema politico senza il costante e serrato paracadute tutorio aperto dal Presidente Napolitano con l’esperienza del Governo Monti? Ed ancora, riprendendo l’insegnamento di Rescigno, il Presidente Napolitano si è comportato come arbitro che lascia alle forze politiche il gioco della partita o ha contribuito a determinarne il risultato?

La rappresentanza dell'Unità Nazionale nell'intermediazione politico-istituzionale del Presidente Napolitano.

MACCABIANI, Nadia
2013-01-01

Abstract

E’ generalmente riconosciuto, in dottrina, che lo studio della forma di governo così come del ruolo e delle funzioni del Presidente della Repubblica non può essere limitato all’analisi, pure indispensabile ed imprescindibile punto di partenza, delle disposizioni positive (regole), dovendo essere arricchito con le prassi, consuetudini e convenzioni che si sono venute consolidando nel tempo (le c.d. regolarità), in un rapporto di reciproca – ineliminabile – implicazione. La laconicità e – conseguente – flessibilità delle disposizioni costituzionali sul Capo dello Stato ha reso quanto mai evidente il peso e l’importanza di tali dati fattuali. Partendo da questa premessa e dalla catalogazione delle funzioni presidenziali che inserisce quelle relative alla gestione delle crisi di governo (in particolare la formazione di un nuovo Esecutivo in corso di legislatura e lo scioglimento anticipato delle Camere) nel novero dei poteri di intermediazione politica e, giunto ormai al termine il settennato del Presidente Napolitano, si è cercato di tracciare un bilancio dell’esercizio di tali poteri da parte di quest’ultimo. Analizzandone la prassi è emerso un chiaro filo conduttore. In particolare, la maieutica presidenziale nel recuperare l’incancrenito sistema politico italiano per condurlo sul binario di una più matura democrazia dell’alternanza ha attraversato coerentemente sia le “parole” (rectius, esternazioni) pronunciate sin dal discorso di insediamento e tradotte plasticamente nell’impegno profuso per la celebrazione del 150° anniversario dall’Unità d’Italia, che gli “atti” adottati dal Presidente, con particolare riguardo a quelli che rivestono – appunto – una maggiore pregnanza politica in quanto sollecitati durante i periodi di crisi di sistema. In un crescendo di incisività e fermezza, il Presidente Napolitano ha pedagogicamente accompagnato il cammino delle forze politiche invitandole ad abbandonare l’eccesso di faziosità e partigianeria in vista dell’interesse generale. Le ha esercitate alla coesione nazionale incalzandole nell’approvazione rapida e congiunta (sotto sua stretta sorveglianza) dei provvedimenti di riforma economico-finanziaria richiesti dall’Unione europea per recuperare credibilità ed affidabilità al nostro Paese sul piano internazionale (basti ricordare quanto accaduto durante estate ed autunno del 2011). Le ha, infine, «operosamente» coadiuvate nella formazione di un’esperienza governativa più inclusiva, dando vita all’Esecutivo guidato dal Prof. Mario Monti. Ha, tuttavia, dovuto prendere atto «con rammarico» dell’incapacità del sistema politico italiano a compiere il necessario «salto di qualità», procedendo «suo malgrado» allo scioglimento anticipato del Parlamento senza che neppure fosse stato trovato un accordo sull’ormai annoso dibattito della riforma elettorale, quale suggello dell’insanabile, accesa contrapposizione e delegittimazione tra le forze politiche. Con ogni biasimo verso un sistema politico-partitico italiano a tal punto malato, resta comunque aperto un interrogativo, reso tanto più evidente dal «senno del poi» suscitato dall’esito elettorale del febbraio 2013: come sarebbe spontaneamente evoluto tale sistema politico senza il costante e serrato paracadute tutorio aperto dal Presidente Napolitano con l’esperienza del Governo Monti? Ed ancora, riprendendo l’insegnamento di Rescigno, il Presidente Napolitano si è comportato come arbitro che lascia alle forze politiche il gioco della partita o ha contribuito a determinarne il risultato?
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11379/196501
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