Il saggio analizza, attraverso l'angolo prospettico delle politiche comunitarie per l'occupazione, pregi e difetti delle tecniche di regolazione 'soft' attorno alle quali si incardina la 'new governance' comunitaria inaugurata dal Consiglio di Lisbona del 2000. In particolare, l'A. esplora le potenzialità insite nel c.d. 'metodo aperto di coordinamento' (MAC), il quale si pone - a seconda della prospettiva considerata - come complemento o come alternativa rispetto al c.d. 'metodo comunitario classico'. Tale approccio si ispira in buona parte alle teorie 'costruttiviste' che vedono nel diritto non tanto (o non solo) uno strumento per orientare la condotta dei consociati attraverso l'imposizione di comandi e precetti, quanto, piuttosto, uno strumento per modificare il comportamento dei soggetti agendo sulla loro identità, sul loro modo di essere, sulla loro 'conoscenza'. Il MAC, che nel contesto della Strategia di Lisbona assurge a tecnica di regolazione di generale applicazione, viene usualmente inquadrato come forma di 'benchmarking sociale'. Finalità, struttura ed esiti regolativi del MAC vengono pertanto analizzati seguendo il percorso definito dalle quattro fasi in cui il ciclo di benchmarking si articola (fissazione di obiettivi e indicatori; attuazione degli obiettivi; monitoraggio e peer-review; individuazione delle 'best practices'). Il MAC ha mostrato di possedere notevoli potenzialità regolative, in un contesto, caratterizzato dalla diversità tra i vari ordinamenti nazionali, che rende più difficoltoso il processo di armonizzazione normativa. Al tempo stesso, tuttavia, tale metodo ha evidenziato alcune criticità: a) un insufficiente livello di partecipazione dei soggetti coinvolti nel processo di benchmarking, con la conseguenza che il MAC, ad oggi, non ha ancora sfruttato le opportunità offerte dal 'bottom-up learning'; b) un basso grado di coercibilità delle norme soft prodotte (orientamenti, raccomandazioni), con la conseguenza che spesso gli esiti regolativi sono stati inferiori alle attese; c) incerta idoneità del benchmarking ad essere uno strumento efficace di politica sociale, soprattutto per le difficoltà emerse nella elaborazione di indicatori affidabili che consentano di misurare le politiche comunitarie sotto il profilo della qualità del lavoro.

Il coordinamento delle politiche comunitarie per l’occupazione e i suoi strumenti

RAVELLI, Fabio
2006-01-01

Abstract

Il saggio analizza, attraverso l'angolo prospettico delle politiche comunitarie per l'occupazione, pregi e difetti delle tecniche di regolazione 'soft' attorno alle quali si incardina la 'new governance' comunitaria inaugurata dal Consiglio di Lisbona del 2000. In particolare, l'A. esplora le potenzialità insite nel c.d. 'metodo aperto di coordinamento' (MAC), il quale si pone - a seconda della prospettiva considerata - come complemento o come alternativa rispetto al c.d. 'metodo comunitario classico'. Tale approccio si ispira in buona parte alle teorie 'costruttiviste' che vedono nel diritto non tanto (o non solo) uno strumento per orientare la condotta dei consociati attraverso l'imposizione di comandi e precetti, quanto, piuttosto, uno strumento per modificare il comportamento dei soggetti agendo sulla loro identità, sul loro modo di essere, sulla loro 'conoscenza'. Il MAC, che nel contesto della Strategia di Lisbona assurge a tecnica di regolazione di generale applicazione, viene usualmente inquadrato come forma di 'benchmarking sociale'. Finalità, struttura ed esiti regolativi del MAC vengono pertanto analizzati seguendo il percorso definito dalle quattro fasi in cui il ciclo di benchmarking si articola (fissazione di obiettivi e indicatori; attuazione degli obiettivi; monitoraggio e peer-review; individuazione delle 'best practices'). Il MAC ha mostrato di possedere notevoli potenzialità regolative, in un contesto, caratterizzato dalla diversità tra i vari ordinamenti nazionali, che rende più difficoltoso il processo di armonizzazione normativa. Al tempo stesso, tuttavia, tale metodo ha evidenziato alcune criticità: a) un insufficiente livello di partecipazione dei soggetti coinvolti nel processo di benchmarking, con la conseguenza che il MAC, ad oggi, non ha ancora sfruttato le opportunità offerte dal 'bottom-up learning'; b) un basso grado di coercibilità delle norme soft prodotte (orientamenti, raccomandazioni), con la conseguenza che spesso gli esiti regolativi sono stati inferiori alle attese; c) incerta idoneità del benchmarking ad essere uno strumento efficace di politica sociale, soprattutto per le difficoltà emerse nella elaborazione di indicatori affidabili che consentano di misurare le politiche comunitarie sotto il profilo della qualità del lavoro.
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