Lo scritto, muovendo da una ricostruzione delle ragioni storiche del bicameralismo perfetto italiano (riconducibili all’esigenza di ampliare i “luoghi” e i “modi” attraverso i quali potesse esprimersi la rappresentanza politica nazionale, nonché alla preoccupazione di dotare l’ordinamento di un quadro procedurale che assicurasse la maggiore ponderazione possibile dell’indirizzo politico di maggioranza), mette in luce come l’attuale crisi del Parlamento non dipenda dalla presenza di due Camere dotate dei medesimi poteri. Lo svilimento della forma di governo parlamentare prevista dal dettato costituzionale è invece il frutto di una esaltazione del ruolo del Governo impostosi in via di prassi (nonostante la ricorrente “lamentela” secondo cui nel nostro ordinamento, se non si cambia il dettato costituzionale, sono destinati ad operare solo Governi “deboli”) e dell’assenza di rappresentatività delle Camere dovuta alla legge elettorale vigente (c.d. porcellum), in ragione della quale i deputati e i senatori non sono selezionati dagli elettori ma fiduciari dei loro capi-partito, che ne influenzano l’attività. Il problema che si impone con urgenza nel nostro ordinamento è dunque la rivitalizzazione dell’organo parlamentare che passa esclusivamente dal superamento dell’attuale, vergognoso sistema elettorale. Una volta che si riuscisse a ritornare ad una funzione genuinamente rappresentativa delle Assemblee elettive, sarebbe probabilmente utile al rilancio del Parlamento italiano correggere l’attuale bicameralismo partendo da una Camera delle Regioni, portando così a degno completamento il coraggioso disegno regionalistico dei Costituenti (al quale nemmeno il modello proposto dalla Lega Nord nel nome addirittura del “federalismo”, peraltro mai concretizzatosi in Italia, si avvicinava). La proposta attualmente in discussione al Senato di ripensamento del bicameralismo con riguardo al procedimento legislativo è una proposta di modifica “minimale” dell’attuale assetto costituzionale, probabilmente inutile al fine di una semplificazione e velocizzazione dell’iter legis, che, ove fosse approvata, produrrebbe piuttosto un rafforzamento delle prerogative dell’Esecutivo da usare in Parlamento, senza tuttavia variare nella sostanza la struttura organizzativa delle Camere e l’attuale sistema bicamerale.

La riforma del bicameralismo italiano al traino dell’inesistente federalismo ovvero quando il bluff delle parole è smascherato dal niente dei fatti

D'ANDREA, Antonio
2012-01-01

Abstract

Lo scritto, muovendo da una ricostruzione delle ragioni storiche del bicameralismo perfetto italiano (riconducibili all’esigenza di ampliare i “luoghi” e i “modi” attraverso i quali potesse esprimersi la rappresentanza politica nazionale, nonché alla preoccupazione di dotare l’ordinamento di un quadro procedurale che assicurasse la maggiore ponderazione possibile dell’indirizzo politico di maggioranza), mette in luce come l’attuale crisi del Parlamento non dipenda dalla presenza di due Camere dotate dei medesimi poteri. Lo svilimento della forma di governo parlamentare prevista dal dettato costituzionale è invece il frutto di una esaltazione del ruolo del Governo impostosi in via di prassi (nonostante la ricorrente “lamentela” secondo cui nel nostro ordinamento, se non si cambia il dettato costituzionale, sono destinati ad operare solo Governi “deboli”) e dell’assenza di rappresentatività delle Camere dovuta alla legge elettorale vigente (c.d. porcellum), in ragione della quale i deputati e i senatori non sono selezionati dagli elettori ma fiduciari dei loro capi-partito, che ne influenzano l’attività. Il problema che si impone con urgenza nel nostro ordinamento è dunque la rivitalizzazione dell’organo parlamentare che passa esclusivamente dal superamento dell’attuale, vergognoso sistema elettorale. Una volta che si riuscisse a ritornare ad una funzione genuinamente rappresentativa delle Assemblee elettive, sarebbe probabilmente utile al rilancio del Parlamento italiano correggere l’attuale bicameralismo partendo da una Camera delle Regioni, portando così a degno completamento il coraggioso disegno regionalistico dei Costituenti (al quale nemmeno il modello proposto dalla Lega Nord nel nome addirittura del “federalismo”, peraltro mai concretizzatosi in Italia, si avvicinava). La proposta attualmente in discussione al Senato di ripensamento del bicameralismo con riguardo al procedimento legislativo è una proposta di modifica “minimale” dell’attuale assetto costituzionale, probabilmente inutile al fine di una semplificazione e velocizzazione dell’iter legis, che, ove fosse approvata, produrrebbe piuttosto un rafforzamento delle prerogative dell’Esecutivo da usare in Parlamento, senza tuttavia variare nella sostanza la struttura organizzativa delle Camere e l’attuale sistema bicamerale.
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