La disciplina architettonica negli ultimi decenni ha – a nostro avviso – abdicato all’ordinario, considerando marginalmente la possibilità (e capacità!) di prefigurare spazi attraverso l’osservazione dei fenomeni sociali. La progettazione architettonica risulta, infatti, esclusa dai tavoli istituzionali nazionali con il compito di proporre soluzioni abitative per persone vulnerabili e dai progetti di vita incerti. I progettisti contemporanei sembrano aver dimenticato come l’Architettura sia sempre stata parta “attiva” nei grandi cambiamenti sociali. Come sottolineava Lina Bo Bardi nel 1958 «[...] chi progetta nei suoi studi sfogliando riviste di architettura senza pensare, alla comunità a cui gli edifici sono destinati, creerà solo edifici e città astratte. Gli architetti devono mettere al primo posto non il loro individualismo formalizzante, ma la consapevolezza di voler essere utili alle persone mettendo la loro arte e la loro esperienza al loro servizio. [...] Questo è il vero significato dell'architettura oggi. L’architetto moderno, costruttore di città, quartieri e case, non è forse un combattente attivo per la giustizia sociale? [...]» Il paper individua come urgente il tema dell’abitare transitorio per persone vulnerabili e auspica l’apertura di riflessioni attive che riportino il tema al centro del dibattito disciplinare anche in relazione a progetti emblematici del XX secolo il cui impego sociale è stato in parte tradito dalla produzione contemporanea.

(Infra)ordinario

Barbara Angi
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;
Irene Peron
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2023-01-01

Abstract

La disciplina architettonica negli ultimi decenni ha – a nostro avviso – abdicato all’ordinario, considerando marginalmente la possibilità (e capacità!) di prefigurare spazi attraverso l’osservazione dei fenomeni sociali. La progettazione architettonica risulta, infatti, esclusa dai tavoli istituzionali nazionali con il compito di proporre soluzioni abitative per persone vulnerabili e dai progetti di vita incerti. I progettisti contemporanei sembrano aver dimenticato come l’Architettura sia sempre stata parta “attiva” nei grandi cambiamenti sociali. Come sottolineava Lina Bo Bardi nel 1958 «[...] chi progetta nei suoi studi sfogliando riviste di architettura senza pensare, alla comunità a cui gli edifici sono destinati, creerà solo edifici e città astratte. Gli architetti devono mettere al primo posto non il loro individualismo formalizzante, ma la consapevolezza di voler essere utili alle persone mettendo la loro arte e la loro esperienza al loro servizio. [...] Questo è il vero significato dell'architettura oggi. L’architetto moderno, costruttore di città, quartieri e case, non è forse un combattente attivo per la giustizia sociale? [...]» Il paper individua come urgente il tema dell’abitare transitorio per persone vulnerabili e auspica l’apertura di riflessioni attive che riportino il tema al centro del dibattito disciplinare anche in relazione a progetti emblematici del XX secolo il cui impego sociale è stato in parte tradito dalla produzione contemporanea.
2023
9791280379030
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11379/595247
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