Nel mondo contemporaneo, i territori metropolitani presentano in larga misura fenomeni di instabilità urbana causati soprattutto da flussi migratori sempre crescenti, dovuti principalmente all'apertura delle frontiere e alla recessione economica. Questo fenomeno globale dovrebbe sollecitare la nostra disciplina a ricercare soluzioni abitative a costi ragionevoli e a tempo determinato. Nella realtà europea emerge un sistema-città che, nel suo insieme, non è definibile come entità data, certa, immutabile, sulla quale sovrapporre un nuovo disegno, è invece un sistema aperto in continua trasformazione, in perenne mutazione. Questo scritto parte dal presupposto che i modelli di intervento finora applicati per gestire il fabbisogno abitativo, o anche l’habitat minimo progettato per eventi calamitosi, possano ampliare i loro orizzonti verso nuove emergenze legate alle attuali esigenze sociali ed economiche di una sempre più considerevole porzione della popolazione. Lo spazio urbano è attraversato oggi da perenni flussi – di automobili, di persone, di informazioni – difficilmente gestibili con una pianificazione a lungo termine, ma solo limitatamente alla predisposizione di infrastrutture di collegamento dei sistemi urbani, la disciplina architettonica dovrebbe (potrebbe) assimilare la nozione di mutazione con la messa a punto di manufatti ad assetti variabili in grado di rispondere ad esigenze funzionali transitorie. La trattazione si sviluppa con l’intento di indagare quei fenomeni di modificazioni urbane temporanee che si collegano, non solo all'autogestione del territorio da parte del fruitore che costruisce, per necessità o spontaneamente, la propria casa, nonché di esaminare alcuni progetti teorici, in parte utopici e in parte futuribili degli ultimi cinquantanni elaborati soprattutto da gruppi di avanguardia. Sono state indagate, pertanto, alcune micro realtà abitative connesse alla necessità di insediamento in contesti metropolitani in cui è difficile ritrovare il concetto di casa inteso come elemento di riconoscibilità geopolitica: fenomeni d’emergenza abitativa incontrollati, inseriti all'interno del tessuto urbano indifferentemente, innesti temporanei che compaiono e scompaiono velocemente, aggredendo qualsiasi porzione di spazio libero, dalle aree industriali dismesse, agli snodi infrastrutturali, ai centri storici fatiscenti. Ai limiti tra autodistruzione e la pratica dell’abusivismo, frequentemente, il tipo di rapporto che queste micro realtà instaurano con il tessuto urbano segue le regole parassitarie di vicendevole alleanza tra due insiemi biologici e garantisce la sopravvivenza di entrambi, ma su livelli diversi: quello legale, costituito da piani di sviluppo speculativi o in cui non esistono strumenti urbanistici efficaci e quello illegale, governato dall'esigenza di sopravvivere in condizioni metropolitane avverse. La richiesta di alloggi temporanei permette inoltre di considerare il costruito in maniera differente: scenario dove poter agganciare la casa, dove poter innestare l’habitat minimo in posizioni strategiche, innescando rapporti simbiotici tra l’esistente e l’innesto. Si tratta di fenomeni che, se analizzati criticamente, possono portare a conclusioni inedite. Proprio in Italia, paese nel quale poco si demolisce e molto si conserva, manipolazioni di questo tipo potrebbero rinnovare aree depresse o vaste zone industriali dismesse. Se si considera la residenza come efficace strumento di controllo sociale, i diversi gradi di simbiosi che si possono stabilire tra il costruito e gli innesti potrebbero generare risultati proficui sia sul piano economico ma soprattutto psicosociale degli utenti.

Strategie di sopravvivenza urbana. Istruzioni per l’uso

ANGI, Barbara
2009-01-01

Abstract

Nel mondo contemporaneo, i territori metropolitani presentano in larga misura fenomeni di instabilità urbana causati soprattutto da flussi migratori sempre crescenti, dovuti principalmente all'apertura delle frontiere e alla recessione economica. Questo fenomeno globale dovrebbe sollecitare la nostra disciplina a ricercare soluzioni abitative a costi ragionevoli e a tempo determinato. Nella realtà europea emerge un sistema-città che, nel suo insieme, non è definibile come entità data, certa, immutabile, sulla quale sovrapporre un nuovo disegno, è invece un sistema aperto in continua trasformazione, in perenne mutazione. Questo scritto parte dal presupposto che i modelli di intervento finora applicati per gestire il fabbisogno abitativo, o anche l’habitat minimo progettato per eventi calamitosi, possano ampliare i loro orizzonti verso nuove emergenze legate alle attuali esigenze sociali ed economiche di una sempre più considerevole porzione della popolazione. Lo spazio urbano è attraversato oggi da perenni flussi – di automobili, di persone, di informazioni – difficilmente gestibili con una pianificazione a lungo termine, ma solo limitatamente alla predisposizione di infrastrutture di collegamento dei sistemi urbani, la disciplina architettonica dovrebbe (potrebbe) assimilare la nozione di mutazione con la messa a punto di manufatti ad assetti variabili in grado di rispondere ad esigenze funzionali transitorie. La trattazione si sviluppa con l’intento di indagare quei fenomeni di modificazioni urbane temporanee che si collegano, non solo all'autogestione del territorio da parte del fruitore che costruisce, per necessità o spontaneamente, la propria casa, nonché di esaminare alcuni progetti teorici, in parte utopici e in parte futuribili degli ultimi cinquantanni elaborati soprattutto da gruppi di avanguardia. Sono state indagate, pertanto, alcune micro realtà abitative connesse alla necessità di insediamento in contesti metropolitani in cui è difficile ritrovare il concetto di casa inteso come elemento di riconoscibilità geopolitica: fenomeni d’emergenza abitativa incontrollati, inseriti all'interno del tessuto urbano indifferentemente, innesti temporanei che compaiono e scompaiono velocemente, aggredendo qualsiasi porzione di spazio libero, dalle aree industriali dismesse, agli snodi infrastrutturali, ai centri storici fatiscenti. Ai limiti tra autodistruzione e la pratica dell’abusivismo, frequentemente, il tipo di rapporto che queste micro realtà instaurano con il tessuto urbano segue le regole parassitarie di vicendevole alleanza tra due insiemi biologici e garantisce la sopravvivenza di entrambi, ma su livelli diversi: quello legale, costituito da piani di sviluppo speculativi o in cui non esistono strumenti urbanistici efficaci e quello illegale, governato dall'esigenza di sopravvivere in condizioni metropolitane avverse. La richiesta di alloggi temporanei permette inoltre di considerare il costruito in maniera differente: scenario dove poter agganciare la casa, dove poter innestare l’habitat minimo in posizioni strategiche, innescando rapporti simbiotici tra l’esistente e l’innesto. Si tratta di fenomeni che, se analizzati criticamente, possono portare a conclusioni inedite. Proprio in Italia, paese nel quale poco si demolisce e molto si conserva, manipolazioni di questo tipo potrebbero rinnovare aree depresse o vaste zone industriali dismesse. Se si considera la residenza come efficace strumento di controllo sociale, i diversi gradi di simbiosi che si possono stabilire tra il costruito e gli innesti potrebbero generare risultati proficui sia sul piano economico ma soprattutto psicosociale degli utenti.
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