Gli istituti del reclamo e della mediazione, così come attualmente disciplinati dall’art 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, rappresentano il risultato di interventi modificativi succedutisi nel tempo. Difatti, la disposizione in esame è stata oggetto, sin dalla sua originaria introduzione nel nostro ordinamento , di giudizi contrastanti da parte della dottrina che ne ha accuratamente studiato i profili sostanziali e procedurali, nonché fonte di molteplici dubbi di illegittimità costituzionale che hanno trovato (parziale) risoluzione con la pronuncia della Corte costituzionale n. 98/2014. Nel tentativo di porre rimedio alle criticità emerse a seguito dell’introduzione di tale istituto, il Legislatore ha apportato alcune prime modifiche alla originaria formulazione della citata norma processuale già in occasione dell’approvazione della Legge di stabilità 2014 , emanata nelle more del relativo giudizio di legittimità costituzionale, nell’intento di «“mettere in sicurezza” il reclamo e la mediazione nella prospettiva dell’imminente pronuncia della Consulta» e di «minimizzare le eventuali conseguenze di una pronuncia di illegittimità costituzionale ». A breve distanza di tempo, tuttavia, la disciplina del reclamo/mediazione, così come risultante a seguito delle novità apportate dal Legislatore con la l. n. 147 del 2013, nonché a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 17-bis, co. 2, d.lgs. n. 546/1992, ha conosciuto una ulteriore e significativa evoluzione che ha condotto ad una sostanziale riformulazione della norma, all’interno della quale sono state senza dubbio introdotte alcune novità di pregio, senza però che siano state risolte tutte le perplessità sorte negli anni precedenti. Rispetto alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156/2015, il cui art. 9, co. 1, lett. l) ha integralmente “riscritto” il previgente art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, contemplando novità di notevole rilevanza nel dichiarato intento di potenziare l’istituto del reclamo/mediazione e, conseguentemente, di incentivare ulteriormente rispetto al passato la deflazione del contenzioso tributario , l’intervento normativo da ultimo operato con l’art. 10, d.l. 24 aprile 2017, n. 50 (conv. con modificazioni dalla l. 21 giugno 2017, n. 96) ha una portata di certo meno pregnante, seppur degna di approfondimento. A tal riguardo si ricorda, anzitutto, che la novella del 2015 ha confermato l’impostazione adottata in sede di prima revisione dell’art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, senza riproporre l’originaria sanzione dell’inammissibilità del ricorso giurisdizionale in caso di mancata previa proposizione dell’istanza di reclamo e, altresì, ha mantenuto inalterato il limite di valore di ventimila euro. Il novellato art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, ha confermato che il ricorso diviene procedibile solo una volta trascorso il termine di novanta giorni previsto al fine di esperire la procedura amministrativa volta alla composizione della lite; tuttavia, diversamente rispetto alla disposizione precedentemente vigente, questo meccanismo è stato attuato prevedendo che il ricorso, proposto nelle forme di rito, produce anche gli effetti del reclamo, che può contenere una proposta di mediazione, con rideterminazione dell’ammontare della pretesa . Ne consegue che la proposizione dell’impugnazione produce, nelle controversie di valore non superiore (originariamente) a ventimila (attualmente cinquantamila) euro, oltre agli effetti sostanziali e processuali tipici del ricorso, anche quelli del reclamo/mediazione: in concreto, dunque, il procedimento amministrativo in esame è ora introdotto automaticamente con la presentazione del ricorso. Sotto il profilo soggettivo, è inoltre importante sottolineare come la novella del 2015 abbia decisamente esteso l’ambito di applicazione dell’istituto. Infatti, possono oggi ritenersi ricomprese nell’ambito delle controversie reclamabili anche quelle riguardanti tributi di competenza dell’Agenzia delle dogane, dell’Agenzia del territorio, dei Monopoli di Stato, degli Enti locali, nonché quelle di competenza dell’Agente della riscossione e dei Concessionari della riscossione. In queste ultime due eventualità, peraltro, è necessario precisare che, ai sensi dell’art. 17-bis, co. 9, d.lgs. n. 546 del 1992, il reclamo potrà applicarsi solo ove compatibile. Come sottolineato espressamente dalla Relazione illustrativa al Decreto di riforma, “la ratio sottesa all’estensione del reclamo risiede nel principio di economicità dell’azione amministrativa diretta a produrre effetti deflativi del contenzioso, anche alla luce del proficuo abbattimento riscontrato nel contenzioso contro gli atti emessi dall’Agenzia delle entrate”. E sempre alla medesima ratio risponde altresì l’estensione del procedimento di reclamo/mediazione ai tributi di competenza comunale o di altri Enti locali. Da ultimo, il già citato art. 10, d.l. 24 aprile 2017, n. 50, ha apportato ulteriori modifiche all’impianto dell’art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, prevedendo, fra le altre, l’innalzamento del valore delle liti reclamabili da ventimila a cinquantamila euro per tutti gli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018. Il saggio esamina infine le proposte di modifica degli istituti di reclamo e mediazione.
LA MEDIAZIONE E LA CONCILIAZIONE NEL PROCESSO TRIBUTARIO
GIUSEPPE CORASANITI
2021-01-01
Abstract
Gli istituti del reclamo e della mediazione, così come attualmente disciplinati dall’art 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, rappresentano il risultato di interventi modificativi succedutisi nel tempo. Difatti, la disposizione in esame è stata oggetto, sin dalla sua originaria introduzione nel nostro ordinamento , di giudizi contrastanti da parte della dottrina che ne ha accuratamente studiato i profili sostanziali e procedurali, nonché fonte di molteplici dubbi di illegittimità costituzionale che hanno trovato (parziale) risoluzione con la pronuncia della Corte costituzionale n. 98/2014. Nel tentativo di porre rimedio alle criticità emerse a seguito dell’introduzione di tale istituto, il Legislatore ha apportato alcune prime modifiche alla originaria formulazione della citata norma processuale già in occasione dell’approvazione della Legge di stabilità 2014 , emanata nelle more del relativo giudizio di legittimità costituzionale, nell’intento di «“mettere in sicurezza” il reclamo e la mediazione nella prospettiva dell’imminente pronuncia della Consulta» e di «minimizzare le eventuali conseguenze di una pronuncia di illegittimità costituzionale ». A breve distanza di tempo, tuttavia, la disciplina del reclamo/mediazione, così come risultante a seguito delle novità apportate dal Legislatore con la l. n. 147 del 2013, nonché a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 17-bis, co. 2, d.lgs. n. 546/1992, ha conosciuto una ulteriore e significativa evoluzione che ha condotto ad una sostanziale riformulazione della norma, all’interno della quale sono state senza dubbio introdotte alcune novità di pregio, senza però che siano state risolte tutte le perplessità sorte negli anni precedenti. Rispetto alle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 156/2015, il cui art. 9, co. 1, lett. l) ha integralmente “riscritto” il previgente art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, contemplando novità di notevole rilevanza nel dichiarato intento di potenziare l’istituto del reclamo/mediazione e, conseguentemente, di incentivare ulteriormente rispetto al passato la deflazione del contenzioso tributario , l’intervento normativo da ultimo operato con l’art. 10, d.l. 24 aprile 2017, n. 50 (conv. con modificazioni dalla l. 21 giugno 2017, n. 96) ha una portata di certo meno pregnante, seppur degna di approfondimento. A tal riguardo si ricorda, anzitutto, che la novella del 2015 ha confermato l’impostazione adottata in sede di prima revisione dell’art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, senza riproporre l’originaria sanzione dell’inammissibilità del ricorso giurisdizionale in caso di mancata previa proposizione dell’istanza di reclamo e, altresì, ha mantenuto inalterato il limite di valore di ventimila euro. Il novellato art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, ha confermato che il ricorso diviene procedibile solo una volta trascorso il termine di novanta giorni previsto al fine di esperire la procedura amministrativa volta alla composizione della lite; tuttavia, diversamente rispetto alla disposizione precedentemente vigente, questo meccanismo è stato attuato prevedendo che il ricorso, proposto nelle forme di rito, produce anche gli effetti del reclamo, che può contenere una proposta di mediazione, con rideterminazione dell’ammontare della pretesa . Ne consegue che la proposizione dell’impugnazione produce, nelle controversie di valore non superiore (originariamente) a ventimila (attualmente cinquantamila) euro, oltre agli effetti sostanziali e processuali tipici del ricorso, anche quelli del reclamo/mediazione: in concreto, dunque, il procedimento amministrativo in esame è ora introdotto automaticamente con la presentazione del ricorso. Sotto il profilo soggettivo, è inoltre importante sottolineare come la novella del 2015 abbia decisamente esteso l’ambito di applicazione dell’istituto. Infatti, possono oggi ritenersi ricomprese nell’ambito delle controversie reclamabili anche quelle riguardanti tributi di competenza dell’Agenzia delle dogane, dell’Agenzia del territorio, dei Monopoli di Stato, degli Enti locali, nonché quelle di competenza dell’Agente della riscossione e dei Concessionari della riscossione. In queste ultime due eventualità, peraltro, è necessario precisare che, ai sensi dell’art. 17-bis, co. 9, d.lgs. n. 546 del 1992, il reclamo potrà applicarsi solo ove compatibile. Come sottolineato espressamente dalla Relazione illustrativa al Decreto di riforma, “la ratio sottesa all’estensione del reclamo risiede nel principio di economicità dell’azione amministrativa diretta a produrre effetti deflativi del contenzioso, anche alla luce del proficuo abbattimento riscontrato nel contenzioso contro gli atti emessi dall’Agenzia delle entrate”. E sempre alla medesima ratio risponde altresì l’estensione del procedimento di reclamo/mediazione ai tributi di competenza comunale o di altri Enti locali. Da ultimo, il già citato art. 10, d.l. 24 aprile 2017, n. 50, ha apportato ulteriori modifiche all’impianto dell’art. 17-bis, d.lgs. n. 546 del 1992, prevedendo, fra le altre, l’innalzamento del valore delle liti reclamabili da ventimila a cinquantamila euro per tutti gli atti impugnabili notificati a decorrere dal 1° gennaio 2018. Il saggio esamina infine le proposte di modifica degli istituti di reclamo e mediazione.File | Dimensione | Formato | |
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