Nell’ambito dei servizi assistenziali il termine Psicologia Clinica Perinatale viene riferito quasi sempre al periodo perinatale attraversato da una donna (o da una famiglia come “transizione alla genitorialità”), mentre gli eventuali danni che i disagi di questo periodo possono arrecare al bambino restano su un piano secondario. Può questo essere segno di arretratezza degli aggiornamenti dei nostri servizi, ma forse può dipendere dal fatto che molte ricerche vengono iniziate con l’intento centrale di esplorare il bambino, ma, per la loro complessità e il protrarsi nel tempo, cioè anni necessari per follow up di bambini diventati adulti e a loro volta genitori, succede che le ricerche vengono spesso interrotte al primo stadio, cioè allo screening sulle donne al “loro” periodo perinatale, più o meno tribolato. C’è da considerare inoltre che una effettiva indagine sul bambino fino alla di lui età adulta, dovrebbe prescindere dallo screening delle donne a rischio, estendendosi, con campioni confronto, a tutte le donne: questo per evitare che sfuggano danni al bambino diventato adulto provenienti da disturbi silenti dei genitori. Questo si collega ad un altro ostacolo per tali ricerche e cioè il fatto che gli strumenti usati sono tutti basati su questionari, cioè strumenti che misurano i dati coscienziali di madri (o padri o famiglie). Questi strumenti non rilevano disturbi profondi, negati dalla coscienza delle madri (dei padri, delle famiglie e degli operatori socio-sanitari), che incideranno sulla costruzione del cervello di quel bambino che diventerà una persona adulta. Tra i disturbi affettivi perinatali più frequenti la depressione e l'ansia hanno effetti negativi sullo sviluppo del bambino anche prima della nascita. Sebbene vi possa essere una certa continuità nei sintomi depressivi dal periodo pre al post-natale, i meccanismi attraverso i quali le esposizioni influiscono sulla prole tuttavia sarebbero diversi. Il primo agirebbe attraverso percorsi biologici condivisi tra la madre e il feto, mentre il secondo principalmente attraverso le influenze dell’ambiente psicosociale. L’esposizione prenatale renderebbe più vulnerabile lo sviluppo della prole verso una maggiore fragilità alle successive influenze postnatali o in modo che gli effetti negativi esperiti durante lo sviluppo prenatale vengano esacerbati, aggravati (o attenuati) dalle influenze dell’ambiente postnatale.Esistono diversi meccanismi attraverso i quali i sintomi depressivi materni vengono collegati a una crescita ridotta del bambino come malnutrizione materna, scarsa cura di sé della madre, interruzione dell’interazione madre-bambino. Gli studi confermano le avversità materne prenatali connesse ad alterazioni dello sviluppo neurocomportamentale fetale dei bambini e dei sistemi di regolazione dello stress . L’ansia rilevata in gravidanza avrebbe implicazioni avverse per il neurosviluppo fetale e sarebbe associata anche a basso peso dei bambini alla nascita ; ansia e stress prenatali hanno implicazioni negative sullo sviluppo neurocomportamentale del bambini. L’esito del neurosviluppo nei neonati viene spiegato attraverso il ruolo delle vie epigenetiche : l’espressione genica sarebbe tra i possibili meccanismi utili per spiegare gli effetti diretti dell’ansia prenatale nei bambini, trasmessi da entrambi i genitori; le caratteristiche dei figli e le difficoltà prenatali sperimentate dai genitori potrebbero indicare la presenza di un genotipo. Studi in letteratura hanno segnalato tra gli effetti dell’ansia perinatale la manifestazione di diversi problemi comportamentali-emotivi nei bambini, valutati a 2 e mezzo e a 4 anni di età; connessi a comportamenti impulsivi e difficoltà cognitive nei ragazzi a 14-15 anni di età .L’esposizione a lungo termine a sindromi depressive e d’ansia materna prenatale e postnatale prolungate è causa di disadattamento infantile , con esiti negativi valutati sulle funzioni esecutive nei compiti scolastici fino a 16 anni di età pertanto una diagnosi precoce e un intervento tempestivo sono di primaria importanza.

Cena L.oredana , Trainini Alice- Disturbi affettivi perinatali: fattori di rischio e protezione nello sviluppo neuropsichico del fet/bambino. In Imbasciati A., Cena L., (2020) Psicologia Clinica Perinatale babycentered, FrancoAngeli, Milano

Cena Loredana
Writing – Review & Editing
2020-01-01

Abstract

Nell’ambito dei servizi assistenziali il termine Psicologia Clinica Perinatale viene riferito quasi sempre al periodo perinatale attraversato da una donna (o da una famiglia come “transizione alla genitorialità”), mentre gli eventuali danni che i disagi di questo periodo possono arrecare al bambino restano su un piano secondario. Può questo essere segno di arretratezza degli aggiornamenti dei nostri servizi, ma forse può dipendere dal fatto che molte ricerche vengono iniziate con l’intento centrale di esplorare il bambino, ma, per la loro complessità e il protrarsi nel tempo, cioè anni necessari per follow up di bambini diventati adulti e a loro volta genitori, succede che le ricerche vengono spesso interrotte al primo stadio, cioè allo screening sulle donne al “loro” periodo perinatale, più o meno tribolato. C’è da considerare inoltre che una effettiva indagine sul bambino fino alla di lui età adulta, dovrebbe prescindere dallo screening delle donne a rischio, estendendosi, con campioni confronto, a tutte le donne: questo per evitare che sfuggano danni al bambino diventato adulto provenienti da disturbi silenti dei genitori. Questo si collega ad un altro ostacolo per tali ricerche e cioè il fatto che gli strumenti usati sono tutti basati su questionari, cioè strumenti che misurano i dati coscienziali di madri (o padri o famiglie). Questi strumenti non rilevano disturbi profondi, negati dalla coscienza delle madri (dei padri, delle famiglie e degli operatori socio-sanitari), che incideranno sulla costruzione del cervello di quel bambino che diventerà una persona adulta. Tra i disturbi affettivi perinatali più frequenti la depressione e l'ansia hanno effetti negativi sullo sviluppo del bambino anche prima della nascita. Sebbene vi possa essere una certa continuità nei sintomi depressivi dal periodo pre al post-natale, i meccanismi attraverso i quali le esposizioni influiscono sulla prole tuttavia sarebbero diversi. Il primo agirebbe attraverso percorsi biologici condivisi tra la madre e il feto, mentre il secondo principalmente attraverso le influenze dell’ambiente psicosociale. L’esposizione prenatale renderebbe più vulnerabile lo sviluppo della prole verso una maggiore fragilità alle successive influenze postnatali o in modo che gli effetti negativi esperiti durante lo sviluppo prenatale vengano esacerbati, aggravati (o attenuati) dalle influenze dell’ambiente postnatale.Esistono diversi meccanismi attraverso i quali i sintomi depressivi materni vengono collegati a una crescita ridotta del bambino come malnutrizione materna, scarsa cura di sé della madre, interruzione dell’interazione madre-bambino. Gli studi confermano le avversità materne prenatali connesse ad alterazioni dello sviluppo neurocomportamentale fetale dei bambini e dei sistemi di regolazione dello stress . L’ansia rilevata in gravidanza avrebbe implicazioni avverse per il neurosviluppo fetale e sarebbe associata anche a basso peso dei bambini alla nascita ; ansia e stress prenatali hanno implicazioni negative sullo sviluppo neurocomportamentale del bambini. L’esito del neurosviluppo nei neonati viene spiegato attraverso il ruolo delle vie epigenetiche : l’espressione genica sarebbe tra i possibili meccanismi utili per spiegare gli effetti diretti dell’ansia prenatale nei bambini, trasmessi da entrambi i genitori; le caratteristiche dei figli e le difficoltà prenatali sperimentate dai genitori potrebbero indicare la presenza di un genotipo. Studi in letteratura hanno segnalato tra gli effetti dell’ansia perinatale la manifestazione di diversi problemi comportamentali-emotivi nei bambini, valutati a 2 e mezzo e a 4 anni di età; connessi a comportamenti impulsivi e difficoltà cognitive nei ragazzi a 14-15 anni di età .L’esposizione a lungo termine a sindromi depressive e d’ansia materna prenatale e postnatale prolungate è causa di disadattamento infantile , con esiti negativi valutati sulle funzioni esecutive nei compiti scolastici fino a 16 anni di età pertanto una diagnosi precoce e un intervento tempestivo sono di primaria importanza.
2020
978-88-917-8832-0
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