Il contributo vuole presentare un caso di progettazione partecipato relativo ad una struttura rurale in cui si sono condivisi tra più figure professionali (architetti, ingegneri strutturisti, ingegneri impiantisti e restauratori), Scuole e Università, Comunità locali, gestori e futuri utenti. Il progetto e la sua realizzazione sono stati finanziati dalla Fondazione Cariplo e dalle comunità Montane di Valle Trompia e Valle Sabbia con l’obiettivo di dare “nuova vita” alle aree interne attraverso il progetto “Attivaree”. In questo vasto percorso gli Enti interessati hanno ritenuto opportuno dare spazio al recupero del patrimonio edilizio tradizionale, al fine di creare e rinforzare in modo più solido e fisicamente percepibile il sentimento di appartenenza al territorio. Il complesso oggetto di sperimentazione è costituito da due edifici risalenti al XV secolo che da forno fusorio per la trasformazione del minerale di ferro raccolto nelle vicine miniere, sono stati successivamente convertiti in carbonili e, a partire dal XX secolo, in costruzioni ad uso agricolo. Dopo circa venti anni di abbandono, si è previsto il loro recupero e conversione in fattoria didattica con la possibilità di ospitare scuole e turisti (Bed and Breakfast) e centro per lo sviluppo e valorizzazione della cultura rurale del territorio. All’interno dell’iter progettuale, si è dato risalto all’aspetto conservativo, al miglioramento energetico e al contenimento delle dispersioni termiche attraverso l’involucro edilizio. Le strategie proposte hanno riguardato due indirizzi: da un lato il restauro delle murature esistenti costituite da ciottoli di fiume e giunti di malta di calce e intonaco di calce, dall’altro l’uso di materiali isolanti naturali, a basso impatto ambientale, compatibili con le caratteristiche costruttive dell’edificio esistente, nonché la definizione di sistemi impiantistici che sfruttano materiali a basso costo, disponibili da scarti di lavorazione presenti nel territorio delle valli (per esempio il cippato). I materiali impiegati come isolante sono stati scelti tra quelli della tradizione locale e disponibili in loco: in particolare la canapa e il bambù, sfruttati in passato nella realizzazione di pareti interne e controsoffitti, per la loro disponibilità, leggerezza e flessibilità e considerati oggi come l’ultima frontiera della bioedilizia. Per la valutazione dei consumi pre e post-intervento, delle condizioni di confort interne agli edifici è stato realizzato un modello energetico con il software ENERGY PLUSTM, basato su un rilievo materico. Sulla base dei risultati ottenuti sono state avanzate ipotesi progettuali di pacchetti isolanti sulle murature verticali e della copertura, verificate anche dal punto di vista igrotermico con il software PAN 7.0®. Le soluzioni adottate hanno dimostrato un risparmio in termini di energia in toto del 65% e in termini ambientali un impatto molto basso. Il progetto e il cantiere ora terminato si propongono come esempi metodologici e proporsi come esempio di buone pratiche non solo per la conservazione sostenibile dell’architettura rurale ma per il metodo di valutazione preventiva degli effetti che le scelte legate alle problematiche ambientali possono avere sull’architettura e le superfici storiche.
Metodi innovativi per la conservazione sostenibile dell'architettura rurale: il caso di Rebecco Farm (Brescia)
B. Scala
Supervision
;
2020-01-01
Abstract
Il contributo vuole presentare un caso di progettazione partecipato relativo ad una struttura rurale in cui si sono condivisi tra più figure professionali (architetti, ingegneri strutturisti, ingegneri impiantisti e restauratori), Scuole e Università, Comunità locali, gestori e futuri utenti. Il progetto e la sua realizzazione sono stati finanziati dalla Fondazione Cariplo e dalle comunità Montane di Valle Trompia e Valle Sabbia con l’obiettivo di dare “nuova vita” alle aree interne attraverso il progetto “Attivaree”. In questo vasto percorso gli Enti interessati hanno ritenuto opportuno dare spazio al recupero del patrimonio edilizio tradizionale, al fine di creare e rinforzare in modo più solido e fisicamente percepibile il sentimento di appartenenza al territorio. Il complesso oggetto di sperimentazione è costituito da due edifici risalenti al XV secolo che da forno fusorio per la trasformazione del minerale di ferro raccolto nelle vicine miniere, sono stati successivamente convertiti in carbonili e, a partire dal XX secolo, in costruzioni ad uso agricolo. Dopo circa venti anni di abbandono, si è previsto il loro recupero e conversione in fattoria didattica con la possibilità di ospitare scuole e turisti (Bed and Breakfast) e centro per lo sviluppo e valorizzazione della cultura rurale del territorio. All’interno dell’iter progettuale, si è dato risalto all’aspetto conservativo, al miglioramento energetico e al contenimento delle dispersioni termiche attraverso l’involucro edilizio. Le strategie proposte hanno riguardato due indirizzi: da un lato il restauro delle murature esistenti costituite da ciottoli di fiume e giunti di malta di calce e intonaco di calce, dall’altro l’uso di materiali isolanti naturali, a basso impatto ambientale, compatibili con le caratteristiche costruttive dell’edificio esistente, nonché la definizione di sistemi impiantistici che sfruttano materiali a basso costo, disponibili da scarti di lavorazione presenti nel territorio delle valli (per esempio il cippato). I materiali impiegati come isolante sono stati scelti tra quelli della tradizione locale e disponibili in loco: in particolare la canapa e il bambù, sfruttati in passato nella realizzazione di pareti interne e controsoffitti, per la loro disponibilità, leggerezza e flessibilità e considerati oggi come l’ultima frontiera della bioedilizia. Per la valutazione dei consumi pre e post-intervento, delle condizioni di confort interne agli edifici è stato realizzato un modello energetico con il software ENERGY PLUSTM, basato su un rilievo materico. Sulla base dei risultati ottenuti sono state avanzate ipotesi progettuali di pacchetti isolanti sulle murature verticali e della copertura, verificate anche dal punto di vista igrotermico con il software PAN 7.0®. Le soluzioni adottate hanno dimostrato un risparmio in termini di energia in toto del 65% e in termini ambientali un impatto molto basso. Il progetto e il cantiere ora terminato si propongono come esempi metodologici e proporsi come esempio di buone pratiche non solo per la conservazione sostenibile dell’architettura rurale ma per il metodo di valutazione preventiva degli effetti che le scelte legate alle problematiche ambientali possono avere sull’architettura e le superfici storiche.File | Dimensione | Formato | |
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