A sorpresa, nel dicembre 2017 il Senato della Repubblica è giunto all'approvazione di una complessiva riforma del proprio Regolamento, riuscendo così in quell'intento per cui sin dall'avvio della XVII Legislatura si era particolarmente spesa, senza successo, la Camera dei deputati. È stata questa l’ultima di una lunga serie di riforme istituzionali approvate dalle Camere elette nel febbraio 2013, con la quale, ancora una volta, ci si è rifugiati nel diritto parlamentare per cercare di ottenere in via indiretta almeno alcuni dei risultati perseguiti invano sul fronte delle riforme costituzionali ed elettorali. In una prospettiva di più ampio respiro, è stato questo l’ennesimo passo di un lungo cammino cominciato molti anni addietro che ha visto più volte le Camere mettere mano alla propria disciplina organizzativa e procedurale per rispondere a sempre più pressanti esigenze di governo, le cui prime – per quanto magari pallide – tracce sono a ben vedere rinvenibili già nella prima fase repubblicana ed anzi, ancor prima, in epoca liberale. Analizzando le riforme regolamentari proposte ed approvate nel corso degli anni, in questo lavoro si cerca di evidenziare come, pur nel mantenimento di alcuni tratti comuni, questo lungo percorso abbia visto dei momenti di svolta, fino ad arrivare alla riforma del Regolamento del Senato del 2017 che può essere considerata il frutto maturo dell’ultimo cambio di passo effettuato per perseguire con interventi "razionalizzatori" in chiave unidirezionalmente decisionista le ragioni della “governabilità”, o meglio di una sua certa retorica. È quest’ultimo, ossia quello della “governabilità”, un concetto (così come del resto quello di “razionalizzazione”) la cui ambiguità è ampia almeno quanto vasto è il suo successo, anche in ambito giuridico, per questo nello scritto si tenta di fornirne una più chiara lettura prendendo a riferimento il dato costituzionale, che conduce a criticare le più recenti riforme perseguite in suo nome e a mostrare come la vera partita del diritto parlamentare si giochi (mai come oggi) sul piano dell'effettività delle norme regolamentari.

Governare le Camere. Tendenze e miti delle riforme regolamentari

Marco Podetta
2020-01-01

Abstract

A sorpresa, nel dicembre 2017 il Senato della Repubblica è giunto all'approvazione di una complessiva riforma del proprio Regolamento, riuscendo così in quell'intento per cui sin dall'avvio della XVII Legislatura si era particolarmente spesa, senza successo, la Camera dei deputati. È stata questa l’ultima di una lunga serie di riforme istituzionali approvate dalle Camere elette nel febbraio 2013, con la quale, ancora una volta, ci si è rifugiati nel diritto parlamentare per cercare di ottenere in via indiretta almeno alcuni dei risultati perseguiti invano sul fronte delle riforme costituzionali ed elettorali. In una prospettiva di più ampio respiro, è stato questo l’ennesimo passo di un lungo cammino cominciato molti anni addietro che ha visto più volte le Camere mettere mano alla propria disciplina organizzativa e procedurale per rispondere a sempre più pressanti esigenze di governo, le cui prime – per quanto magari pallide – tracce sono a ben vedere rinvenibili già nella prima fase repubblicana ed anzi, ancor prima, in epoca liberale. Analizzando le riforme regolamentari proposte ed approvate nel corso degli anni, in questo lavoro si cerca di evidenziare come, pur nel mantenimento di alcuni tratti comuni, questo lungo percorso abbia visto dei momenti di svolta, fino ad arrivare alla riforma del Regolamento del Senato del 2017 che può essere considerata il frutto maturo dell’ultimo cambio di passo effettuato per perseguire con interventi "razionalizzatori" in chiave unidirezionalmente decisionista le ragioni della “governabilità”, o meglio di una sua certa retorica. È quest’ultimo, ossia quello della “governabilità”, un concetto (così come del resto quello di “razionalizzazione”) la cui ambiguità è ampia almeno quanto vasto è il suo successo, anche in ambito giuridico, per questo nello scritto si tenta di fornirne una più chiara lettura prendendo a riferimento il dato costituzionale, che conduce a criticare le più recenti riforme perseguite in suo nome e a mostrare come la vera partita del diritto parlamentare si giochi (mai come oggi) sul piano dell'effettività delle norme regolamentari.
2020
978-88-6611-923-4
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