La realità del mutuo romano ha costituito per anni un inattaccabile caposaldo della dottrina romanistica. Ciò ha spinto a sottovalutare il fatto che, nella stessa riflessione dei giuristi romani sulla realità del mutuo fossero presenti profili di attenta valutazione del momento consensualistico, i quali erano considerati in grado di orientare la realità, fino a modellare la consegna in modo il più possibile conforme alla volontà delle parti, pur senza estendere il tipo contrattuale oltre i limiti della sua resistenza. La più naturale eredità di questa impostazione si è manifestata in tutta la sua evidenza nel momento in cui la collocazione sistematico-dogmatica che inquadra il mutuo come contratto reale si è affermata in quasi tutti i Codici civili realizzati fino alla prima metà del Novecento, nei quali però era comunque evidente una tensione tra la realità di alcuni contratti e il principio del consensualismo affermato in chiave definitoria generale. Per converso, a partire dalla seconda metà del secolo passato abbiamo assistito ad una potente spinta dottrinaria verso il consensualismo, che si è riverberata nella struttura di alcuni Cc. contemporanei, i quali, sulla scia della scelta a suo tempo fatta dall’OR svizzero, hanno preferito, certamente sulla base di posizioni ideologiche preconcette, calare su tutti i contratti (e pertanto anche sul mutuo) una nozione di contratto astrattamente costruita, senza considerare i dati che provengono dall’osservazione della realtà quotidiana e di ciò che è migliore e più equo per l’uomo, destinatario finale di tutte le norme giuridiche. Questo orientamento si è spinto fino alla abolizione della categoria dei contratti reali e della loro stessa funzione, in nome di una nozione di contratto fondata esclusivamente sull’accordo. Al contrario, la resistenza della categoria e, per conseguenza, della realità del mutuo, è testimoniata da altre pur recenti esperienze codificatorie, come quella brasiliana o quella cinese, che hanno consapevolmente scelto di mantenere questo inquadramento dogmatico per il contratto in esame. All’interno del sistema giuridico romanistico, entrambe le scelte (realità e consensualità) appaiono così meritevoli di attenzione per il contratto di mutuo, purché si giustifichi la scelta sulla base della natura dell’operazione giuridica di volta in volta realizzata, e purché ciò non comporti la pretesa di far scomparire dagli ordinamenti giuridici e dal sistema la categoria del contratto reale.

Il mutuo nel sistema giuridico romanistico. Profili di consensualità nel mutuo reale.

antonio saccoccio
2020-01-01

Abstract

La realità del mutuo romano ha costituito per anni un inattaccabile caposaldo della dottrina romanistica. Ciò ha spinto a sottovalutare il fatto che, nella stessa riflessione dei giuristi romani sulla realità del mutuo fossero presenti profili di attenta valutazione del momento consensualistico, i quali erano considerati in grado di orientare la realità, fino a modellare la consegna in modo il più possibile conforme alla volontà delle parti, pur senza estendere il tipo contrattuale oltre i limiti della sua resistenza. La più naturale eredità di questa impostazione si è manifestata in tutta la sua evidenza nel momento in cui la collocazione sistematico-dogmatica che inquadra il mutuo come contratto reale si è affermata in quasi tutti i Codici civili realizzati fino alla prima metà del Novecento, nei quali però era comunque evidente una tensione tra la realità di alcuni contratti e il principio del consensualismo affermato in chiave definitoria generale. Per converso, a partire dalla seconda metà del secolo passato abbiamo assistito ad una potente spinta dottrinaria verso il consensualismo, che si è riverberata nella struttura di alcuni Cc. contemporanei, i quali, sulla scia della scelta a suo tempo fatta dall’OR svizzero, hanno preferito, certamente sulla base di posizioni ideologiche preconcette, calare su tutti i contratti (e pertanto anche sul mutuo) una nozione di contratto astrattamente costruita, senza considerare i dati che provengono dall’osservazione della realtà quotidiana e di ciò che è migliore e più equo per l’uomo, destinatario finale di tutte le norme giuridiche. Questo orientamento si è spinto fino alla abolizione della categoria dei contratti reali e della loro stessa funzione, in nome di una nozione di contratto fondata esclusivamente sull’accordo. Al contrario, la resistenza della categoria e, per conseguenza, della realità del mutuo, è testimoniata da altre pur recenti esperienze codificatorie, come quella brasiliana o quella cinese, che hanno consapevolmente scelto di mantenere questo inquadramento dogmatico per il contratto in esame. All’interno del sistema giuridico romanistico, entrambe le scelte (realità e consensualità) appaiono così meritevoli di attenzione per il contratto di mutuo, purché si giustifichi la scelta sulla base della natura dell’operazione giuridica di volta in volta realizzata, e purché ciò non comporti la pretesa di far scomparire dagli ordinamenti giuridici e dal sistema la categoria del contratto reale.
2020
9788892131675
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11379/529456
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact