Questo libro, per ragioni editoriali, contiene solo un estratto di una ricerca più ampia condotta dai curatori di questo volume sulla questione della valorizzazione dei luoghi, sia in ambito urbano che in aree naturalistiche, attraverso lo studio e la progettazione di microarchitetture. Nella storia, le architetture di piccola dimensione sono state una manifestazione diffusa dell’essere umano di fronte alla necessità di radicarsi in un determinato luogo. Rifugi, piccoli servizi, punti di vista sul paesaggio, ecc. sono stati modellati da un’infinità di materiali che hanno determinato, a seconda delle tecniche utilizzate e dei contesti culturali, diverse forme di risposta alla stessa esigenza. Negli ultimi anni, possiamo individuare diversi esempi di architetture, di piccola e media dimensione, progettate e definite “chioschi” o “padiglioni” o “arredi urbani”. Osservando i tanti esempi, progettati o realizzati, possiamo estrarre le parole chiave che stanno ispirando la nostra ricerca: decorazione, divertimento, promozione, cultura, arte, funzionalità. Termini che possono orientare queste microarchitetture sia per ambiti naturalistici sia per situazioni urbane che richiedono interventi sempre più urgenti, come l’accessibilità e la disabilità. Quando parliamo di microarchitetture il rapporto col paesaggio diventa simbiotico sia in termini relazionali con le forme esistenti, siano esse della modernità che del passato, sia in termini esperienziali con la cultura materica nella sua stratificazione storica. In quest’ottica olistica l’architettura deve assumersi le responsabilità di mediare tra la nuova conformazione del paesaggio e la sua tradizione storica, nella consapevolezza che essa finirà inevitabilmente per cambiare sia i loro rapporti interni che quelli con l’opera stessa. Il nuovo modo di fare architettura deve saper leggere il paesaggio in cui si inserisce, sia esso antropico che naturale, e deve farsi carico della sua sopravvivenza proprio per tener viva quella “cultura materiale” da cui nasce. Un’architettura che non sappia fare questo è destinata ad essere vissuta come un ‘corpo estraneo’ e in tal modo rischia di essere dimenticata o percepita come qualcosa la cui salvaguardia non è nelle priorità del contesto antropologico di cui è figlia. La corretta lettura della stratificazione di significati presenti in un luogo, inoltre, può dare un ulteriore valore alla microarchitettura perché può essere un’occasione per recuperare il rapporto uomo-paesaggio in quei contesti in cui questo legame si è perso.
MICROARCHITETTURE NUOVI SISTEMI DI VALORIZZAZIONE PER I BENI CULTURALI E I LORO CONTESTI
Longo Olivia
2019-01-01
Abstract
Questo libro, per ragioni editoriali, contiene solo un estratto di una ricerca più ampia condotta dai curatori di questo volume sulla questione della valorizzazione dei luoghi, sia in ambito urbano che in aree naturalistiche, attraverso lo studio e la progettazione di microarchitetture. Nella storia, le architetture di piccola dimensione sono state una manifestazione diffusa dell’essere umano di fronte alla necessità di radicarsi in un determinato luogo. Rifugi, piccoli servizi, punti di vista sul paesaggio, ecc. sono stati modellati da un’infinità di materiali che hanno determinato, a seconda delle tecniche utilizzate e dei contesti culturali, diverse forme di risposta alla stessa esigenza. Negli ultimi anni, possiamo individuare diversi esempi di architetture, di piccola e media dimensione, progettate e definite “chioschi” o “padiglioni” o “arredi urbani”. Osservando i tanti esempi, progettati o realizzati, possiamo estrarre le parole chiave che stanno ispirando la nostra ricerca: decorazione, divertimento, promozione, cultura, arte, funzionalità. Termini che possono orientare queste microarchitetture sia per ambiti naturalistici sia per situazioni urbane che richiedono interventi sempre più urgenti, come l’accessibilità e la disabilità. Quando parliamo di microarchitetture il rapporto col paesaggio diventa simbiotico sia in termini relazionali con le forme esistenti, siano esse della modernità che del passato, sia in termini esperienziali con la cultura materica nella sua stratificazione storica. In quest’ottica olistica l’architettura deve assumersi le responsabilità di mediare tra la nuova conformazione del paesaggio e la sua tradizione storica, nella consapevolezza che essa finirà inevitabilmente per cambiare sia i loro rapporti interni che quelli con l’opera stessa. Il nuovo modo di fare architettura deve saper leggere il paesaggio in cui si inserisce, sia esso antropico che naturale, e deve farsi carico della sua sopravvivenza proprio per tener viva quella “cultura materiale” da cui nasce. Un’architettura che non sappia fare questo è destinata ad essere vissuta come un ‘corpo estraneo’ e in tal modo rischia di essere dimenticata o percepita come qualcosa la cui salvaguardia non è nelle priorità del contesto antropologico di cui è figlia. La corretta lettura della stratificazione di significati presenti in un luogo, inoltre, può dare un ulteriore valore alla microarchitettura perché può essere un’occasione per recuperare il rapporto uomo-paesaggio in quei contesti in cui questo legame si è perso.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.