Questo contributo racconta l'evoluzione di un percorso di ricerca iniziato nel 2013 ed ancora in corso sul tema delle microarchitetture. Nel 2013, con Davide Sigurtà abbiamo iniziato ad analizzare le aree del Fronte della Grande Guerra nella provincia di Brescia, elaborando una serie di ipotesi di intervento per la valorizzazione di forti e linee di trincea. Le prime microarchitetture sono state concepite per rispondere alle necessità funzionali e simboliche di un’atmosfera storica particolarmente densa di valori sociali ma, soprattutto, umani. ‘Micro’ è dunque sinonimo di ‘in punta di piedi’, ‘invisibile’, cioè che rispetta e non dimentica il carico di una memoria collettiva di tale portata. Ogni buona architettura, dal nostro punto di vista, nasce da una attenta osservazione del sito in cui si inserisce, quindi dallo studio del luogo e della sua storia. Per questo le microarchitetture della Grande Guerra nascono dallo studio dei racconti dei soldati e dei civili che hanno vissuto quei momenti e quei paesaggi con occhi diversi dai nostri. Abbiamo immaginato di raccontare questi luoghi attraverso quegli sguardi affinché gli eventuali nuovi visitatori (turisti o abitanti stanziali) potessero conoscere la storia da quel punto di vista, anziché doversi affidare alla lettura occasionale di sistemi cartellonistici sbiaditi, se non abbandonati, e assolutamente anacronistici rispetto alle esigenze di comunicazione del nostro tempo. Ma come catturare quegli sguardi e trasmetterli al passante contemporaneo? Come descrivere emozioni e silenzi? Come guidare la visita senza l’uso di parole? La microarchitettura può piegarsi e deformarsi per abbracciare lo sguardo, guidare l’utente con punti di appostamento o percorsi dove la vista viene celata o rivelata attraverso forme e filtri silenziosi. Pochi segni essenziali per rivivere un racconto emozionale attraverso il proprio corpo e i suoi sensi: seduto, sdraiato, in piedi, guardo, ascolto, sento.

Evoluzione di un processo progettuale: la microarchitettura da supporto logistico a oggetto d’arte.

Olivia Longo
Writing – Original Draft Preparation
2019-01-01

Abstract

Questo contributo racconta l'evoluzione di un percorso di ricerca iniziato nel 2013 ed ancora in corso sul tema delle microarchitetture. Nel 2013, con Davide Sigurtà abbiamo iniziato ad analizzare le aree del Fronte della Grande Guerra nella provincia di Brescia, elaborando una serie di ipotesi di intervento per la valorizzazione di forti e linee di trincea. Le prime microarchitetture sono state concepite per rispondere alle necessità funzionali e simboliche di un’atmosfera storica particolarmente densa di valori sociali ma, soprattutto, umani. ‘Micro’ è dunque sinonimo di ‘in punta di piedi’, ‘invisibile’, cioè che rispetta e non dimentica il carico di una memoria collettiva di tale portata. Ogni buona architettura, dal nostro punto di vista, nasce da una attenta osservazione del sito in cui si inserisce, quindi dallo studio del luogo e della sua storia. Per questo le microarchitetture della Grande Guerra nascono dallo studio dei racconti dei soldati e dei civili che hanno vissuto quei momenti e quei paesaggi con occhi diversi dai nostri. Abbiamo immaginato di raccontare questi luoghi attraverso quegli sguardi affinché gli eventuali nuovi visitatori (turisti o abitanti stanziali) potessero conoscere la storia da quel punto di vista, anziché doversi affidare alla lettura occasionale di sistemi cartellonistici sbiaditi, se non abbandonati, e assolutamente anacronistici rispetto alle esigenze di comunicazione del nostro tempo. Ma come catturare quegli sguardi e trasmetterli al passante contemporaneo? Come descrivere emozioni e silenzi? Come guidare la visita senza l’uso di parole? La microarchitettura può piegarsi e deformarsi per abbracciare lo sguardo, guidare l’utente con punti di appostamento o percorsi dove la vista viene celata o rivelata attraverso forme e filtri silenziosi. Pochi segni essenziali per rivivere un racconto emozionale attraverso il proprio corpo e i suoi sensi: seduto, sdraiato, in piedi, guardo, ascolto, sento.
2019
9788832080186
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