Da tempo è noto come il contatto di un cucciolo con la madre sia necessario, se non indispensabile, per la sopravvivenza di tutti i mammiferi. La progressiva medicalizzazione del parto e della neonatalità sopravvenuta nei secoli diciannovesimo e ventesimo nei paesi occidentali, ha altrettanto progressivamente allontanato dall’orizzonte assistenziale per la nascita quanto da tempo era noto anche per l’uomo, mammifero anch’esso. Il progresso scientifico per l’assistenza alla nascita ha inoltre portato in questi ultimi quarant’anni alla sopravvivenza di un sempre maggior numero di prematuri che prima morivano e che quindi vengono ad essere privati del contatto fisico con la madre. Le cure mediche nei reparti specialistici (NICU) assicurano la sopravvivenza di prematuri anche gravi ma la loro vita preservata ha rivelato tuttavia numerose anomalie e patologie, anche a lungo termine. Questo ha resuscitato l’interesse sanitario per il contatto corporeo madreneonato quale condizione per la salute del bambino e per i benefici per la sua vita futura: in particolare, da una ventina d’anni, questo principio è stato scientificamente studiato, soprattutto per la cura, anzi in tal caso per la “care” del prematuro. Si sono così introdotte tecniche assistenziali per assicurare il contatto del neonato, soprattutto se prematuro, col corpo della madre: la skin-to-skin care. Da qui protocolli di terapia variamente denominati kangaroo mother care (KMC) o marsupioterapia e altre forme per favorire il contatto pelle-a-pelle, skin-to-skin conctact (SSC).In letteratura sono ormai numerosi gli studi che rilevano i benefici del trattamento prolungato di KMC e SSC con madri-neonati : gli interventi con la KMC vengono comparati alle cure neonatali convenzionali nelle NICU. La KMC ha effetti a breve e lungo termine sulla salute del bambino, effetti che si basano sulla durata del trattamento e sulla salute dell’infante e che toccano gli aspetti fisiologici e di sviluppo cerebrale .Il rassegna bibliografica riportata nel presente capitolo ha l’intento di dimostrare il rilievo dato della letteratura scientifica di questi ultimi anni alle varie modalità di contatto corporeo madre/neonato. Potremmo interpretare questo fenomeno scientifico-culturale come un recupero della comunicazione non verbale interumana. Tale ipotesi può trovare conferma nella presenza delle modalità qui descritte e tecnicamente regolamentate negli ospedali dei paesi poveri e “arretrati”: non si tratta di un semplice mantenimento di tradizioni ben note e nei secoli praticate in paesi di ogni civiltà, ma del fatto che, proprio laddove la tradizione si è mantenuta più a lungo che nei paesi “progrediti”, l’organizzazione più recente dell’assistenza sanitaria le abbia volute mantenere. Ci saremmo al contrario aspettati che, come è successo nei nostri paesi, l’avanzare dell’organizzazione medica le avesse spazzate via. Quanto è successo nei paesi “sottosviluppati” ha peraltro contribuito a riscoprire il valore di tali cure “umane” anche nei “nostri” paesi, dove nell’ultimo mezzo secolo la crescita organizzativa dell’assistenza ha fatto rilevare fattori alienanti. Nella storia dell’evoluzione dell’homo sapiens si può scorgere una progressiva distanziazione tra individuo e individuo per ciò che concerne la comunicazione, elemento che sappiamo oggi essere invece indispensabile per lo sviluppo del cervello. Nella preistoria, presumibilmente, la comunicazione non era verbale, pertanto in gran parte doveva essere di contatto corporeo: è stata poi progressivamente simbolizzata, in espressività differenziate di varie sensorialità, culminando nell’invenzione della lingua. Successivo distanziamento tra le persone può essere individuato nell’invenzione della scrittura. La sua progressiva diffusione, nei secoli fino all’era nostra, sembra aver ridotto lo spazio in cui più direttamente gli umani possono comunicare. Con più evidenza questo appare con l’organizzazione civile (cittadina soprattutto) ed economica dell’ultimo secolo. La riduzione dello spazio comunicativo sembra essere avvenuta a spese della comunicazione non verbale, che si è trovata limitata alle relazioni più intime. Oggi sappiamo che è proprio la comunicazione non verbale che più struttura lo sviluppo del mentecervello di un individuo: eppure nei nostri civili paesi è stata ridotta, ancorché oggi si tenti, forse malamente, di recuperarla. Questo fenomeno sembra essere accaduto con noncuranza delle possibili conseguenze negative sull’evoluzione delle persone umane: finché non ci siamo scontrati, progredendo le scienze che si occupano della nascita (ecco la Psicologia Clinica Perinatale), con gli evidenti danni che tale limitazione della CNV può avere per i nostri bambini. L’organizzazione tecnologica assistenziale e ospedaliera alla neonatalità ha progressivamente, per così dire, alienato gli adulti che procreano dai loro nuovi nati, e si è andata perdendo la qualità delle cure loro prestate dai genitori, in nome delle scoperte mediche. Medico e organizzazione sanitaria sono diventati i curatori dei nuovi nati. Da qualche lustro stiamo però rivalutando il valore di ciò che abbiamo perso con il progresso dell’organizzazione sanitaria. La psicoanalisi e a ruota la psicologia clinica lo avevano da decenni rivalutato, ma l’organizzazione assistenziale è stata a lungo alquanto sorda, solo da poco le scoperte delle scienze della mente, neuroscienze in particolare, lo hanno reimposto. Il ritrovarlo nella cultura dei paesi che abbiamo considerato arretrati ha risvegliato l’interesse popolare anche nel nostro “Occidente”. La copiosità della bibliografia che abbiamo raccolto lo dimostra, in particolare per la sua datazione, in gran maggioranza degli ultimi due lustri. Ben venga dunque una rivalutazione del peso che una siffatta “care” può avere sullo sviluppo del neonato, del bambino e ancor più del futuro adulto, e non solo per la relativa genitorialità, ma anche come strutturazione delle future persone . Problema però che si prospetta nell’applicazione ai nostri sistemi assistenziali sanitari è la loro probabile “prescrittività”: con tal termine vogliamo esprimere la preoccupazione che l’istituzionalizzazione delle pratiche di contatto corporeo nelle nostre Organizzazioni Sanitarie, auspicabile di per sé, per il clima collettivo che di fatto vi regna, diventi una prescrizione tecnica da assolvere, privandola in gran parte della sostanza del messaggio non verbale. Sappiamo infatti che in qualunque comunicazione non verbale non è l’impingement sensoriale effettuato che trasmette di per sé i significati: esso è semplice significante che veicola significato, ma questo è dato dal complesso poliedrico di altre molteplici espressioni che insieme costituiscono l’affetto che viene trasmesso al bimbo. È questo che struttura il mentecervello del neonato. La prescrizione comporta sempre un certo grado di obbligatorietà, in una pratica che diventa rituale, soprattutto per il personale sanitario: insegnata ai genitori, potrebbe meglio conservare i suoi valori di messaggio positivo, ma nel clima attuale dei nostri servizi si profila una notevole probabilità che essa venga praticata meccanicamente, come tecnica sterile, priva del suo metamessaggio emozionale, come se si credesse che lo stimolo in sé fosse benefico e non ciò che da esso il mindbrain del piccolo può ricavare quando gli eventi si svolgono nella relazione affettiva che struttura la costruzione del cervello . Occorrerà pertanto molta attenzione per la formazione del personale sanitario e dei genitori affinché il messaggio di un affetto confortante e supportante la crescita non si riduca ad una tecnica “senz’anima” che, in casi estremi, potrebbe essere psichicamente invasiva

Cena Loredana, Lazzaroni Silvia - KMC/SSC: esperienze evidence-based e ricerca empirica per progetti ECI

Cena L
Writing – Review & Editing
2018-01-01

Abstract

Da tempo è noto come il contatto di un cucciolo con la madre sia necessario, se non indispensabile, per la sopravvivenza di tutti i mammiferi. La progressiva medicalizzazione del parto e della neonatalità sopravvenuta nei secoli diciannovesimo e ventesimo nei paesi occidentali, ha altrettanto progressivamente allontanato dall’orizzonte assistenziale per la nascita quanto da tempo era noto anche per l’uomo, mammifero anch’esso. Il progresso scientifico per l’assistenza alla nascita ha inoltre portato in questi ultimi quarant’anni alla sopravvivenza di un sempre maggior numero di prematuri che prima morivano e che quindi vengono ad essere privati del contatto fisico con la madre. Le cure mediche nei reparti specialistici (NICU) assicurano la sopravvivenza di prematuri anche gravi ma la loro vita preservata ha rivelato tuttavia numerose anomalie e patologie, anche a lungo termine. Questo ha resuscitato l’interesse sanitario per il contatto corporeo madreneonato quale condizione per la salute del bambino e per i benefici per la sua vita futura: in particolare, da una ventina d’anni, questo principio è stato scientificamente studiato, soprattutto per la cura, anzi in tal caso per la “care” del prematuro. Si sono così introdotte tecniche assistenziali per assicurare il contatto del neonato, soprattutto se prematuro, col corpo della madre: la skin-to-skin care. Da qui protocolli di terapia variamente denominati kangaroo mother care (KMC) o marsupioterapia e altre forme per favorire il contatto pelle-a-pelle, skin-to-skin conctact (SSC).In letteratura sono ormai numerosi gli studi che rilevano i benefici del trattamento prolungato di KMC e SSC con madri-neonati : gli interventi con la KMC vengono comparati alle cure neonatali convenzionali nelle NICU. La KMC ha effetti a breve e lungo termine sulla salute del bambino, effetti che si basano sulla durata del trattamento e sulla salute dell’infante e che toccano gli aspetti fisiologici e di sviluppo cerebrale .Il rassegna bibliografica riportata nel presente capitolo ha l’intento di dimostrare il rilievo dato della letteratura scientifica di questi ultimi anni alle varie modalità di contatto corporeo madre/neonato. Potremmo interpretare questo fenomeno scientifico-culturale come un recupero della comunicazione non verbale interumana. Tale ipotesi può trovare conferma nella presenza delle modalità qui descritte e tecnicamente regolamentate negli ospedali dei paesi poveri e “arretrati”: non si tratta di un semplice mantenimento di tradizioni ben note e nei secoli praticate in paesi di ogni civiltà, ma del fatto che, proprio laddove la tradizione si è mantenuta più a lungo che nei paesi “progrediti”, l’organizzazione più recente dell’assistenza sanitaria le abbia volute mantenere. Ci saremmo al contrario aspettati che, come è successo nei nostri paesi, l’avanzare dell’organizzazione medica le avesse spazzate via. Quanto è successo nei paesi “sottosviluppati” ha peraltro contribuito a riscoprire il valore di tali cure “umane” anche nei “nostri” paesi, dove nell’ultimo mezzo secolo la crescita organizzativa dell’assistenza ha fatto rilevare fattori alienanti. Nella storia dell’evoluzione dell’homo sapiens si può scorgere una progressiva distanziazione tra individuo e individuo per ciò che concerne la comunicazione, elemento che sappiamo oggi essere invece indispensabile per lo sviluppo del cervello. Nella preistoria, presumibilmente, la comunicazione non era verbale, pertanto in gran parte doveva essere di contatto corporeo: è stata poi progressivamente simbolizzata, in espressività differenziate di varie sensorialità, culminando nell’invenzione della lingua. Successivo distanziamento tra le persone può essere individuato nell’invenzione della scrittura. La sua progressiva diffusione, nei secoli fino all’era nostra, sembra aver ridotto lo spazio in cui più direttamente gli umani possono comunicare. Con più evidenza questo appare con l’organizzazione civile (cittadina soprattutto) ed economica dell’ultimo secolo. La riduzione dello spazio comunicativo sembra essere avvenuta a spese della comunicazione non verbale, che si è trovata limitata alle relazioni più intime. Oggi sappiamo che è proprio la comunicazione non verbale che più struttura lo sviluppo del mentecervello di un individuo: eppure nei nostri civili paesi è stata ridotta, ancorché oggi si tenti, forse malamente, di recuperarla. Questo fenomeno sembra essere accaduto con noncuranza delle possibili conseguenze negative sull’evoluzione delle persone umane: finché non ci siamo scontrati, progredendo le scienze che si occupano della nascita (ecco la Psicologia Clinica Perinatale), con gli evidenti danni che tale limitazione della CNV può avere per i nostri bambini. L’organizzazione tecnologica assistenziale e ospedaliera alla neonatalità ha progressivamente, per così dire, alienato gli adulti che procreano dai loro nuovi nati, e si è andata perdendo la qualità delle cure loro prestate dai genitori, in nome delle scoperte mediche. Medico e organizzazione sanitaria sono diventati i curatori dei nuovi nati. Da qualche lustro stiamo però rivalutando il valore di ciò che abbiamo perso con il progresso dell’organizzazione sanitaria. La psicoanalisi e a ruota la psicologia clinica lo avevano da decenni rivalutato, ma l’organizzazione assistenziale è stata a lungo alquanto sorda, solo da poco le scoperte delle scienze della mente, neuroscienze in particolare, lo hanno reimposto. Il ritrovarlo nella cultura dei paesi che abbiamo considerato arretrati ha risvegliato l’interesse popolare anche nel nostro “Occidente”. La copiosità della bibliografia che abbiamo raccolto lo dimostra, in particolare per la sua datazione, in gran maggioranza degli ultimi due lustri. Ben venga dunque una rivalutazione del peso che una siffatta “care” può avere sullo sviluppo del neonato, del bambino e ancor più del futuro adulto, e non solo per la relativa genitorialità, ma anche come strutturazione delle future persone . Problema però che si prospetta nell’applicazione ai nostri sistemi assistenziali sanitari è la loro probabile “prescrittività”: con tal termine vogliamo esprimere la preoccupazione che l’istituzionalizzazione delle pratiche di contatto corporeo nelle nostre Organizzazioni Sanitarie, auspicabile di per sé, per il clima collettivo che di fatto vi regna, diventi una prescrizione tecnica da assolvere, privandola in gran parte della sostanza del messaggio non verbale. Sappiamo infatti che in qualunque comunicazione non verbale non è l’impingement sensoriale effettuato che trasmette di per sé i significati: esso è semplice significante che veicola significato, ma questo è dato dal complesso poliedrico di altre molteplici espressioni che insieme costituiscono l’affetto che viene trasmesso al bimbo. È questo che struttura il mentecervello del neonato. La prescrizione comporta sempre un certo grado di obbligatorietà, in una pratica che diventa rituale, soprattutto per il personale sanitario: insegnata ai genitori, potrebbe meglio conservare i suoi valori di messaggio positivo, ma nel clima attuale dei nostri servizi si profila una notevole probabilità che essa venga praticata meccanicamente, come tecnica sterile, priva del suo metamessaggio emozionale, come se si credesse che lo stimolo in sé fosse benefico e non ciò che da esso il mindbrain del piccolo può ricavare quando gli eventi si svolgono nella relazione affettiva che struttura la costruzione del cervello . Occorrerà pertanto molta attenzione per la formazione del personale sanitario e dei genitori affinché il messaggio di un affetto confortante e supportante la crescita non si riduca ad una tecnica “senz’anima” che, in casi estremi, potrebbe essere psichicamente invasiva
2018
978-88-917-6193-4
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