Un argomento di studio nell’ambito della Psicologia Clinica Perinatale è quello relativo alle relazioni tra il bimbo e i suoi caregiver, area di interesse di diverse discipline come la psicologia dello sviluppo, la psicologia clinica, la psicopatologia. Il tema viene affrontato da diversi vertici teorici di riferimento come la psicoanalisi infantile, l’Infant Research, la teoria dell’attaccamento, le Neuroscienze dello Sviluppo. La psicoanalisi infantile ha apportato notevoli contributi con la metodologia della Infant Observation alla osservazione diretta della diade madre- bambino, l’Infant Research e le neuroscienze dello sviluppo (Cena, Imbasciati, 2013) attraverso impianti sperimentali hanno rivolto l’attenzione all’intersoggettività nei primi periodi della vita, la teoria dell’attaccamento si è costituita con un duplice aspetto interessante per la ricerca teorica e applicativa: ha messo a punto un quadro di riferimento teorico, e metodologie sperimentali e strumenti per valutare le interazioni del bambino con i suoi caregiver. Lo studio della relazione genitore-bambino si pone dunque quale ponte tra diversi paradigmi teorici consentendo uno scambio e un confronto costruttivo per la ricerca clinica e sperimentale: nei successivi paragrafi cercheremo di evidenziare quelle tematiche meglio rappresentative degli sviluppi di questi studi. In particolare l’apporto della teoria dell’attaccamento è quello che si colloca a ponte tra più ambiti teorici e clinici: nei suoi recenti sviluppi sono confluiti aspetti concettuali di derivazione psicoanalitica, etologica, sistemica, comportamentista e cognitivista.La teoria dell’attaccamento ha affrontato lo studio della relazione genitore- bambino attraverso tre importanti fasi evolutive. John Bowlby (1969, 1973, 1980), suo ideatore, pur appartenendo all’IPA, si è trovato in posizione critica entro la psicoanalisi. La psicoanalisi freudiana aveva dato importanza allo sviluppo psicosessuale costruendo su questa base l’intera teoria energetico-pulsionale della mente: il primo sviluppo sarebbe modulato dalla “pulsione orale”. Per Bowlby il principio di sviluppo e di relazione è dato invece dal bisogno di protezione, collegato alla sopravvivenza, che determina l’attaccamento. In psicoanalisi si erano create due correnti di ricerca in relazione al rapporto madre-bambino: la teoria classica della pulsione e la teoria delle relazioni oggettuali, la prima sviluppata dalla psicoanalisi più “ortodossa” di Anna Freud e la seconda da Melania Klein. Secondo la Freud il legame che unisce madre-bambino dipende dalla pulsione: il neonato sperimenta un aumento della tensione (fame) e la madre offre al piccolo la possibilità di scaricare questa tensione interna, altrimenti avvertita come angoscia. Una nuova considerazione dell’angoscia, fondata sulla perdita dell’oggetto, caratterizza invece la teoria delle relazioni d’oggetto, di cui Melania Klein diventa la principale promotrice: il seno che nutre è il prototipo dell’oggetto buono, mentre il seno assente, che frustra per la mancata soddisfazione dei desideri nutritivi e relazionali, diventa un seno cattivo e frustrante. Da Bowlby viene enfatizzata l’importanza di un legame primario che avrebbe invece un’altra funzione: assicurare protezione ai piccoli della specie umana. Il legame di attaccamento si instaura con quella particolare figura che maggiormente si trova a contatto col piccolo: questa relazione si costituisce come il prototipo di tutte le successive interazioni del bimbo con altre figure significative durante il suo sviluppo. L’essere in relazione costituisce l’elemento fondante per lo sviluppo psichico dell’identità dell’individuo. L’attaccamento all’oggetto madre risulta pertanto indipendente dalla nutrizione. Bowlby prende spunto dalle scoperte etologiche, in particolare da Lorenz: i piccoli appena nati sarebbero soggetti a un fenomeno detto di imprintig per cui tendono a seguire il primo oggetto in movimento. Negli animali è la madre e questo garantisce loro di essere protetti dai predatori e guidati a trovare il cibo per sopravvivere. Un altro scienziato di riferimento per Bowlby è Harlow (1959), con gli esperimenti sulle scimmie Rhesus, e gli studi di Spitz (1945) sui bambini in orfanotrofio: animali e bimbi privati dalle cure materne e cresciuti in istituzioni vanno incontro a gravi deficit fisici e psichici. La teoria dell’attaccamento indica come gli esseri umani abbiano bisogno di stabilire relazioni interpersonali per difendersi dai pericoli e per soddisfare bisogni di sicurezza e protezione. Il bimbo sviluppa un attaccamento alla madre non per il bisogno di soddisfazione alimentare, ma perché da questo legame riceve sicurezza e protezione.Una seconda fase della teoria dell’attaccamento, che si sviluppa tra gli anni il ’70 e ’80, ha studiato le diverse tipologie di attaccamento. Una allieva di Bowlby, Mary Ainsworth, struttura la prima tecnica sperimentale per la valutazione dei differenti stili di attaccamento: la Strange Situation (1978). È questa una metodologia standardizzata con cui osservare e misurare le differenze individuali del legame di attaccamento del bimbo con il caregiver. Mary Ainsworth individua tre tipologie o pattern di attaccamento: se la figura è protettiva e sensibile, è possibile la formazione di un attaccamento “sicuro”, che consente al bimbo la sicurezza di poter esplorare in modo autonomo l’ambiente circostante e di ricorrere al caregiver nei momenti di minaccia o difficoltà. Se la relazione con il caregiver non si struttura come “base sicura”, il bimbo manifesterà un legame di attaccamento di tipo “insicuro”, con manifestazioni di tipo insicuro “evitante” o “ambivalente”. In un terzo periodo, dal 1980 ad oggi, l’interesse delle ricerche si è focalizzato sugli stili rappresentazionali, cioè le modalità di comportamento con i caregiver che costituiscono i Modelli Operativi Interni (MOI) di organizzazione del Sé e delle modalità relazionali con cui il soggetto interagisce con gli altri. Questi Internal Working Model, modelli operativi interni del sé, consentono nuove prospettive di sviluppo durante l’intero ciclo di vita dell’individuo. Le esperienze con i caregiver vengono interiorizzate in modelli mentali, che l’individuo attiva durante tutte le future altre interazioni, non solo durante l’infanzia ma per tutto il periodo del ciclo di vita: questi modelli mentali, legati alle rappresentazioni dei propri legami di bimbi coi propri caregiver, nell’età adulta moduleranno i rapporti di questi adulti, divenuti a loro volta genitori, coi propri bambini. Vengono prospettati nuovi sviluppi evoluzionistici della teoria attraverso i contributi di altre allieve di Bowlby come la Mary Main e la Patricia Crittenden. Mary Main individua una ulteriore categoria di attaccamento per le relazioni più problematiche, il pattern “disorganizzato” e poi approfondisce l’attaccamento degli adulti tra loro e in rapporto ai loro genitori (George, Kaplan, Main, 1985). Patricia Crittenden studia le prime interazioni diadiche in epoca precoce analizzando i precursori dell’attaccamento mediante tecniche di videosservazione come il CARE Index (Crittenden, 1979-2004), per la rilevazione dei fattori di rischio e protezione nella relazione primaria .

Cena Loredana Un ponte tra paradigmi: lo studio della relazione genitore-bambino

CENA, Loredana
2015-01-01

Abstract

Un argomento di studio nell’ambito della Psicologia Clinica Perinatale è quello relativo alle relazioni tra il bimbo e i suoi caregiver, area di interesse di diverse discipline come la psicologia dello sviluppo, la psicologia clinica, la psicopatologia. Il tema viene affrontato da diversi vertici teorici di riferimento come la psicoanalisi infantile, l’Infant Research, la teoria dell’attaccamento, le Neuroscienze dello Sviluppo. La psicoanalisi infantile ha apportato notevoli contributi con la metodologia della Infant Observation alla osservazione diretta della diade madre- bambino, l’Infant Research e le neuroscienze dello sviluppo (Cena, Imbasciati, 2013) attraverso impianti sperimentali hanno rivolto l’attenzione all’intersoggettività nei primi periodi della vita, la teoria dell’attaccamento si è costituita con un duplice aspetto interessante per la ricerca teorica e applicativa: ha messo a punto un quadro di riferimento teorico, e metodologie sperimentali e strumenti per valutare le interazioni del bambino con i suoi caregiver. Lo studio della relazione genitore-bambino si pone dunque quale ponte tra diversi paradigmi teorici consentendo uno scambio e un confronto costruttivo per la ricerca clinica e sperimentale: nei successivi paragrafi cercheremo di evidenziare quelle tematiche meglio rappresentative degli sviluppi di questi studi. In particolare l’apporto della teoria dell’attaccamento è quello che si colloca a ponte tra più ambiti teorici e clinici: nei suoi recenti sviluppi sono confluiti aspetti concettuali di derivazione psicoanalitica, etologica, sistemica, comportamentista e cognitivista.La teoria dell’attaccamento ha affrontato lo studio della relazione genitore- bambino attraverso tre importanti fasi evolutive. John Bowlby (1969, 1973, 1980), suo ideatore, pur appartenendo all’IPA, si è trovato in posizione critica entro la psicoanalisi. La psicoanalisi freudiana aveva dato importanza allo sviluppo psicosessuale costruendo su questa base l’intera teoria energetico-pulsionale della mente: il primo sviluppo sarebbe modulato dalla “pulsione orale”. Per Bowlby il principio di sviluppo e di relazione è dato invece dal bisogno di protezione, collegato alla sopravvivenza, che determina l’attaccamento. In psicoanalisi si erano create due correnti di ricerca in relazione al rapporto madre-bambino: la teoria classica della pulsione e la teoria delle relazioni oggettuali, la prima sviluppata dalla psicoanalisi più “ortodossa” di Anna Freud e la seconda da Melania Klein. Secondo la Freud il legame che unisce madre-bambino dipende dalla pulsione: il neonato sperimenta un aumento della tensione (fame) e la madre offre al piccolo la possibilità di scaricare questa tensione interna, altrimenti avvertita come angoscia. Una nuova considerazione dell’angoscia, fondata sulla perdita dell’oggetto, caratterizza invece la teoria delle relazioni d’oggetto, di cui Melania Klein diventa la principale promotrice: il seno che nutre è il prototipo dell’oggetto buono, mentre il seno assente, che frustra per la mancata soddisfazione dei desideri nutritivi e relazionali, diventa un seno cattivo e frustrante. Da Bowlby viene enfatizzata l’importanza di un legame primario che avrebbe invece un’altra funzione: assicurare protezione ai piccoli della specie umana. Il legame di attaccamento si instaura con quella particolare figura che maggiormente si trova a contatto col piccolo: questa relazione si costituisce come il prototipo di tutte le successive interazioni del bimbo con altre figure significative durante il suo sviluppo. L’essere in relazione costituisce l’elemento fondante per lo sviluppo psichico dell’identità dell’individuo. L’attaccamento all’oggetto madre risulta pertanto indipendente dalla nutrizione. Bowlby prende spunto dalle scoperte etologiche, in particolare da Lorenz: i piccoli appena nati sarebbero soggetti a un fenomeno detto di imprintig per cui tendono a seguire il primo oggetto in movimento. Negli animali è la madre e questo garantisce loro di essere protetti dai predatori e guidati a trovare il cibo per sopravvivere. Un altro scienziato di riferimento per Bowlby è Harlow (1959), con gli esperimenti sulle scimmie Rhesus, e gli studi di Spitz (1945) sui bambini in orfanotrofio: animali e bimbi privati dalle cure materne e cresciuti in istituzioni vanno incontro a gravi deficit fisici e psichici. La teoria dell’attaccamento indica come gli esseri umani abbiano bisogno di stabilire relazioni interpersonali per difendersi dai pericoli e per soddisfare bisogni di sicurezza e protezione. Il bimbo sviluppa un attaccamento alla madre non per il bisogno di soddisfazione alimentare, ma perché da questo legame riceve sicurezza e protezione.Una seconda fase della teoria dell’attaccamento, che si sviluppa tra gli anni il ’70 e ’80, ha studiato le diverse tipologie di attaccamento. Una allieva di Bowlby, Mary Ainsworth, struttura la prima tecnica sperimentale per la valutazione dei differenti stili di attaccamento: la Strange Situation (1978). È questa una metodologia standardizzata con cui osservare e misurare le differenze individuali del legame di attaccamento del bimbo con il caregiver. Mary Ainsworth individua tre tipologie o pattern di attaccamento: se la figura è protettiva e sensibile, è possibile la formazione di un attaccamento “sicuro”, che consente al bimbo la sicurezza di poter esplorare in modo autonomo l’ambiente circostante e di ricorrere al caregiver nei momenti di minaccia o difficoltà. Se la relazione con il caregiver non si struttura come “base sicura”, il bimbo manifesterà un legame di attaccamento di tipo “insicuro”, con manifestazioni di tipo insicuro “evitante” o “ambivalente”. In un terzo periodo, dal 1980 ad oggi, l’interesse delle ricerche si è focalizzato sugli stili rappresentazionali, cioè le modalità di comportamento con i caregiver che costituiscono i Modelli Operativi Interni (MOI) di organizzazione del Sé e delle modalità relazionali con cui il soggetto interagisce con gli altri. Questi Internal Working Model, modelli operativi interni del sé, consentono nuove prospettive di sviluppo durante l’intero ciclo di vita dell’individuo. Le esperienze con i caregiver vengono interiorizzate in modelli mentali, che l’individuo attiva durante tutte le future altre interazioni, non solo durante l’infanzia ma per tutto il periodo del ciclo di vita: questi modelli mentali, legati alle rappresentazioni dei propri legami di bimbi coi propri caregiver, nell’età adulta moduleranno i rapporti di questi adulti, divenuti a loro volta genitori, coi propri bambini. Vengono prospettati nuovi sviluppi evoluzionistici della teoria attraverso i contributi di altre allieve di Bowlby come la Mary Main e la Patricia Crittenden. Mary Main individua una ulteriore categoria di attaccamento per le relazioni più problematiche, il pattern “disorganizzato” e poi approfondisce l’attaccamento degli adulti tra loro e in rapporto ai loro genitori (George, Kaplan, Main, 1985). Patricia Crittenden studia le prime interazioni diadiche in epoca precoce analizzando i precursori dell’attaccamento mediante tecniche di videosservazione come il CARE Index (Crittenden, 1979-2004), per la rilevazione dei fattori di rischio e protezione nella relazione primaria .
2015
978-88-917-1013-0
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