La ricerca internazionale sulla nascita pretermine si è orientata a individuare i fattori multipli di rischio e di protezione in questa popolazione clinica, nell’ottica di contribuire a migliorarne la qualità della vita . I ricercatori concordano che è fondamentale applicare un approccio multifattoriale alle ricerche: le cause della prematurità includono condizioni mediche, fattori psicosociali, esposizioni ambientali, trattamenti dell’infertilità nella madre, fattori biologici e genetici. Molti di questi fattori sembrano combinarsi particolarmente nei casi in cui i genitori si trovano in situazioni socio economiche svantaggiate o sono membri di gruppi etnici minoritari. È necessario pertanto avere un approccio multidisciplinare che consenta di poter predisporre interventi abilitanti e di sostegno allo sviluppo del bimbo, adeguati dal punto di vista non solo medico ma anche psicologico. Nei bimbi pretermine vengono individuate diverse problematiche, relative allo sviluppo psichico, sociale e relazionale. La prematurità ha perso progressivamente la sua connotazione di unicità e centralità nella genesi di disturbi somatici infantili ed è stata contestualizzata in una visione più globale dello sviluppo, considerato come il risultato dell’interazione di molteplici fattori: in particolare quelli relativi all’ambiente socio-affettivo avrebbero una notevole incidenza sulla vulnerabilità psichica e psicosomatica del prematuro, che può venire influenzata e modulata in senso facilitante o ostacolante dall’ambiente che lo circonda e dalle modalità di cura e protezione delle figure primarie e dei molteplici caregivers che si prendono cura di lui nei reparti di terapia intensiva neonatale. La nascita pretermine è un evento che coinvolge emotivamente i genitori che devono far fronte alla nascita del loro bimbo con modalità diverse da quella che potevano essersi rappresentata durante l’attesa, e che necessita di un’assistenza particolare, più complessa di quella fornita nei reparti di ostetricia e di neonatologia, dove vengono ricoverate le altre mamme e tutti gli altri bimbi che nascono a termine. La nascita pretermine sollecita intense e differenti reazioni emotive: nei genitori in particolare acquista connotazioni affettive che possono avere un impatto sul bambino e sulla relazione con lui . Una nascita prematura è un evento altamente stressante per i genitori e la famiglia, con conseguenze emotive a lungo termine: lo stato emotivo dei genitori dipende naturalmente dalla condizione clinica in cui si trova il loro bimbo, che può oscillare presentandosi più o meno tranquilla, soggetta a lenti miglioramenti oppure a ricadute o complicazioni. Le madri avvertono uno stress maggiore dei padri . In genere i genitori sono abbastanza all’oscuro di ciò che può essere una UOTIN - Unità Operativa Terapia Intensiva Neonatale: in questa realtà ospedaliera, così diversa da un comune reparto di neonatologia, incontrano per la prima volta il loro piccolo da dietro l’oblò dell’incubatrice. L’incubatrice isola il bimbo da agenti pericolosi e assicura protezione ma si pone come un ostacolo all’interazione fisica e affettiva tra il genitore e il bimbo. In queste condizioni la madre non riesce ad attivare quelle modalità di accudimento e cura che costituiscono la dimensione fondamentale della sua funzione di modulatrice degli apprendimenti che costruiscono la mente (e il cervello), del bimbo : questi dipendono invece dall’ambiente tecnologico, che deve proteggerlo; la sopravvivenza è vincolata all’assistenza e alla cura della sofisticata strumentazione e del personale specializzato. La nascita pretermine diventa così soltanto un atto medico: la nascita psicologica avviene in un secondo momento, alle dimissioni, quando c’è la certezza della sopravvivenza e della salute del bimbo. I genitori spesso descrivono questo momento come la seconda nascita del loro bimbo. Nelle NICU, Neonatal Intensive Care Unit, prosegue la loro attesa: tutto però è delegato ai medici specialisti e agli infermieri, agli operatori sanitari di cui devono avere piena fiducia, ai molteplici caregivers che curano e che si “prendono cura” del loro bimbo. L’impatto con questa realtà inaspettata può essere sconvolgente e ai genitori può sembrare di vivere come in un incubo, con sensazioni di irrealtà, forte rabbia e sgomento in cui sorgono impellenti le domande del perché questo sia accaduto proprio a loro. Questi sentimenti di rabbia possono anche essere rivolti all’équipe medica attraverso comportamenti aggressivi o giudizi svalutanti; questi possono essere svalutanti anche verso il bimbo, che ha deluso le loro aspettative, oppure manifestarsi come aggressività verso gli altri genitori, ritenuti più fortunati; talvolta la rabbia viene rivolta verso se stessi. Il supporto sociale può indebolirsi perché le rispettive famiglie di origine sono lontane o possono non rendersi veramente conto delle reali condizioni del bambino e delle pressioni a cui sono sottoposti i genitori; può subentrare anche per loro un senso di impotenza, a cui cercano di ovviare portando conforto ai genitori sfortunati attraverso la minimizzazione dei problemi. La nascita pretermine di un bimbo provoca nei genitori ansia e depressione che possono giungere a livelli molto elevati e prolungati: le madri possono soffrire di depressione , e ansietà per mesi. Spesso le madri e i padri, nei loro racconti, parlano della nascita del figlio come di uno shock, difficile da immaginare, accompagnato da molta confusione . La nascita pretermine, per le complicanze mediche e ostetriche che incombono sulla madre e/o sul bambino, assume le connotazioni di un pericolo, accompagnato da minacce di morte, trasformandosi così in evento traumatico, connotato da vissuti di angoscia; durante l’ospedalizzazione del loro bimbo i genitori sono vulnerabili alla continua ripetizione di episodi traumatici . L’esperienza dei genitori viene esaminata secondo la prospettiva del trauma: gli studi indicano nei genitori dei bimbi nati pretermine un’elevata incidenza di disturbo post-traumatico da stress – PTSD – soprattutto nelle madri, e gli esiti del PTSD sarebbero ancora presenti un anno dopo la nascita (Pierrehumbert et al., 2003); altri studi hanno individuato sintomi significativi di PTSD con stati di depressione e ansia in madri con bimbi pretermine ad alto rischio oltre i 14 mesi dopo la nascita . L’esperienza traumatica si presenta come un triplice processo: in una prima fase può manifestarsi come uno stato di shock, paura e difficoltà a pensare chiaramente alla nascita; la seconda fase comporta un’elaborazione psichica, in cui le emozioni necessitano di essere elaborate nel tempo; la terza fase dovrebbe corrispondere alla risoluzione del trauma, se è stato sufficientemente elaborato; le difficoltà emotive possono essere state superate e si può verificare un maggiore investimento affettivo sul bimbo. Durante l’ospedalizzazione del bimbo i genitori sono vulnerabili alla ripetizione di traumi e necessitano di un supporto emotivo continuo. I sintomi di stress traumatico possono essere molto spesso presenti alla nascita del bimbo, ma possono manifestarsi anche più tardi, a seguito di un altro evento stressante, eventualmente collegati alle fluttuazioni delle condizioni mediche del bimbo, come ad esempio una ricaduta improvvisa, a cui può far seguito la paura per la sua sopravvivenza. L’ospedalizzazione può così essere caratterizzata da frequenti traumi, come il prolungamento della degenza, o il trasferimento del bimbo in un’altra unità di terapia intensiva, o in un altro ospedale; e questo può rappresentare un ulteriore momento traumatico. Il livello di stress del bambino e l’esperienza psichica traumatica soggettiva del genitore, tra di loro interdipendenti, sono considerate variabili critiche influenti sulle competenze e sullo sviluppo del bambino: fattori che possono modulare negativamente le stesse avversità biologiche della nascita. L’esperienza di precoce stress nel bimbo pretermine in una fase critica dello sviluppo può portare ad una sua persistente vulnerabilità, con una reazione emotiva secondaria allo stress che si può manifestare anche tardivamente; è pertanto importante riconoscere quanto prima questi segnali. Questi studi pongono in evidenza il ruolo centrale delle reazioni affettivo- emotive dei bambini e dei loro genitori per le conseguenze nello sviluppo del comportamento del bimbo: le esperienze emotive e affettive dei genitori hanno un ruolo fondamentale nella qualità delle relazioni tra genitori e bimbi pretermine e negli esiti del relativo sviluppo del bambino e della relazione. La qualità dello stato emotivo-affettivo dei genitori è una variabile non secondaria, di specifica competenza dello psicologo, che va tenuta adeguatamente sotto controllo, monitorandone gli effetti protettivi o di rischio e la loro influenza nella qualità della relazione e dello sviluppo del bimbo. Gli studi psicologici convergono nel focalizzare l’attenzione su aspetti dell’interazione dei caregivers con il bimbo pretermine .Lo sviluppo di un’assistenza individualizzata nelle NICU dagli anni ’90 si è orientata sempre più al coinvolgimento della famiglia , e in questi ultimi anni sono aumentati gli studi che si interessano delle modalità con cui i genitori sono coinvolti nel prendersi cura del loro piccolo, mettendo in evidenza anche aspetti del loro stato emotivo: questo dipende dalla condizione clinica del bimbo, che può oscillare dall’essere più o meno tranquilla, soggetta a lenti miglioramenti oppure a ricadute o complicazioni. Dalla letteratura, i fattori di supporto alla relazione genitore-bambino durante il ricovero ospedaliero e nei primi anni di vita del bimbo nato pretermine sono indicati prevalentemente come: a) fornire un sostegno ai genitori, attraverso informazioni utili alle esigenze di accudimento del piccolo; b) un supporto che il personale medico-infermieristico, psicologi in particolare, parenti e amici e altri genitori che hanno già avuto esperienze simili possono dare ai genitori del pretermine; c) il contatto fisico-emotivo che anche in reparto i genitori possono attivare nella CARE . Nei difficili percorsi della filiazione pretermine il progresso tecnologico ha permesso di tenere in vita i neonati prematuri che fino a qualche decade addietro non sarebbero sopravvissuti. Una volta, un neonato prima del 7° mese o con un peso inferiore ai 1500 grammi difficilmente poteva essere salvato. Il bambino in queste condizioni deve oggi trascorrere molte settimane in terapia intensiva: questo comporta che non può usufruire delle indispensabili sensorialità di un contatto materno, quale avvengono per un neonato normale. È possibile una partecipazione attiva dei genitori alla “CARE” del bimbo nelle NICU, che consente esperienze di vicinanza sensoriale e intima con lui, sotto la guida del personale specializzato. Gli interventi centrati sulle necessità dei bimbi, volti a ridurre e minimizzare il loro distress, sono molto importanti: essi comportano un’attenzione allo sviluppo del bimbo da parte del genitore guidato dal personale ospedaliero per promuovere una “care” individualizzata. Il contatto dei genitori con il bimbo consente ai genitori di conoscere meglio il proprio piccolo, di accudirlo esercitandosi nelle proprie funzioni genitoriali: i genitori e i bimbi necessitano durante l’ospedalizzazione di interventi di promozione di maggiore intimità nelle relazioni . Le modalità dell’interazione genitore- bambino sono un fattore prognostico fondamentale per lo sviluppo dei bimbi: gli studi evidenziano come l’interazione primaria rappresenti un’importante variabile perinatale. Le ricerche di Psicologia Clinica Perinatale e la sperimentazione sull’attaccamento hanno rilevato che la qualità della relazione genitore-bambino è una componente fondamentale per la qualità del successivo sviluppo psichico e psicosomatico del bambino. Le prime relazioni, attraverso la mediazione dei veicoli della comunicazione non verbale, sensoriale, tattile, della voce, dell’odore che la vicinanza fisica comporta, condizionano la strutturazione neurale e lo sviluppo psicofisico del bimbo. Diversi studi hanno messo in evidenza come interferenze nell’intimità genitore-bambino siano fattori di elevato rischio per lo sviluppo psicofisico del bimbo. La qualità delle relazioni precoci genitore-bambino è considerata fattore critico rilevante anche per le competenze che si manifestano più tardivamente, anche a distanza di qualche anno, nello sviluppo dei bambini. Tra i fattori di protezione nella prima infanzia la qualità della relazione genitore-bambino viene considerata una variabile che può favorire o ostacolare un adeguato sviluppo cognitivo, linguistico e affettivo, Nei reparti di terapia intensiva neonatale, compatibilmente con le problematiche mediche, si promuove il contatto fisico col bimbo attraverso la CARE del personale e dei genitori. I genitori sono chiamati ad essere partecipi direttamente di questo processo indispensabile per la crescita psicofisica del loro bimbo, soprattutto per ricostruire quella relazione intima avviata in gravidanza e interrotta dalla nascita prematura. La separazione dal proprio bimbo, cui devono sottostare i genitori, può comportare stati di stress che possono compromettere una buona relazione primaria genitore-bambino e uno sconvolgimento del relativo assetto emotivo. Sia i cambiamenti della struttura emotiva dei genitori sia i deficit della relazione, possono sfuggire all’osservazione comune, e spesso sono sottovalutati nella cultura specialistica sanitaria. Da più studi viene rilevato che le stesse cure mediche specialistiche per le diverse patologie potranno avere un esito più o meno positivo a seconda della qualità delle interazioni dalle quali sono accompagnate e mediate: queste possono essere favorenti e facilitanti o invece ostacolanti le cure stesse, a seconda della modalità con cui ci si “prende cura” del pretermine, e della qualità degli aspetti affettivo emotivi veicolati dalle prime interazioni. Se la nascita pretermine è indicata come un fattore di rischio per uno sviluppo adeguato, per contro un’interazione positiva nelle prime relazioni madre-bambino-padre e pretermine-caregivers assume valenze altamente protettive per i rischi dello sviluppo. In ambito sanitario specialistico, per tutte le complicanze di sopravvivenza, di crescita e dello sviluppo neurocomportamentale, devono essere fornite non solo le competenze delle cure mediche, del neonatologo, del neuropsichiatra infantile, ma anche di altri specialisti come lo psicologo clinico, nonché di tutto il personale infermieristico e sanitario. Lo psicologo clinico deve d’altronde essere esperto nella perinatalità, perché, in sinergia con gli altri, sia in grado di fornire quei “sostegni multipli” del sociale che sono indicati nella perinatalità psichica. Gli studi internazionali suggeriscono dunque di incrementare, insieme ad altri servizi del sociale, la cura del parenting primario: parafrasando il grande pediatra e psicoanalista Donald Winnicott, non esiste un neonato pretermine, ma un neonato pretermine e i suoi genitori. L’unità genitori- pretermine è fondamentale per garantire al meglio lo sviluppo neuro psichico ai futuri individui. Il problema sociale si impone, visto che le moderne tecnologie, sempre più perfezionate, permetteranno di salvare al la vita un sempre maggior numero di pretermine: per questi occorrerà però anche favorire una appropriata assistenza perché possano avere una loro futura adeguata vera vita e non una semplice sopravvivenza.

Cena Loredana -La nascita pretermine e la CARE neonatale

Cena Loredana
2015-01-01

Abstract

La ricerca internazionale sulla nascita pretermine si è orientata a individuare i fattori multipli di rischio e di protezione in questa popolazione clinica, nell’ottica di contribuire a migliorarne la qualità della vita . I ricercatori concordano che è fondamentale applicare un approccio multifattoriale alle ricerche: le cause della prematurità includono condizioni mediche, fattori psicosociali, esposizioni ambientali, trattamenti dell’infertilità nella madre, fattori biologici e genetici. Molti di questi fattori sembrano combinarsi particolarmente nei casi in cui i genitori si trovano in situazioni socio economiche svantaggiate o sono membri di gruppi etnici minoritari. È necessario pertanto avere un approccio multidisciplinare che consenta di poter predisporre interventi abilitanti e di sostegno allo sviluppo del bimbo, adeguati dal punto di vista non solo medico ma anche psicologico. Nei bimbi pretermine vengono individuate diverse problematiche, relative allo sviluppo psichico, sociale e relazionale. La prematurità ha perso progressivamente la sua connotazione di unicità e centralità nella genesi di disturbi somatici infantili ed è stata contestualizzata in una visione più globale dello sviluppo, considerato come il risultato dell’interazione di molteplici fattori: in particolare quelli relativi all’ambiente socio-affettivo avrebbero una notevole incidenza sulla vulnerabilità psichica e psicosomatica del prematuro, che può venire influenzata e modulata in senso facilitante o ostacolante dall’ambiente che lo circonda e dalle modalità di cura e protezione delle figure primarie e dei molteplici caregivers che si prendono cura di lui nei reparti di terapia intensiva neonatale. La nascita pretermine è un evento che coinvolge emotivamente i genitori che devono far fronte alla nascita del loro bimbo con modalità diverse da quella che potevano essersi rappresentata durante l’attesa, e che necessita di un’assistenza particolare, più complessa di quella fornita nei reparti di ostetricia e di neonatologia, dove vengono ricoverate le altre mamme e tutti gli altri bimbi che nascono a termine. La nascita pretermine sollecita intense e differenti reazioni emotive: nei genitori in particolare acquista connotazioni affettive che possono avere un impatto sul bambino e sulla relazione con lui . Una nascita prematura è un evento altamente stressante per i genitori e la famiglia, con conseguenze emotive a lungo termine: lo stato emotivo dei genitori dipende naturalmente dalla condizione clinica in cui si trova il loro bimbo, che può oscillare presentandosi più o meno tranquilla, soggetta a lenti miglioramenti oppure a ricadute o complicazioni. Le madri avvertono uno stress maggiore dei padri . In genere i genitori sono abbastanza all’oscuro di ciò che può essere una UOTIN - Unità Operativa Terapia Intensiva Neonatale: in questa realtà ospedaliera, così diversa da un comune reparto di neonatologia, incontrano per la prima volta il loro piccolo da dietro l’oblò dell’incubatrice. L’incubatrice isola il bimbo da agenti pericolosi e assicura protezione ma si pone come un ostacolo all’interazione fisica e affettiva tra il genitore e il bimbo. In queste condizioni la madre non riesce ad attivare quelle modalità di accudimento e cura che costituiscono la dimensione fondamentale della sua funzione di modulatrice degli apprendimenti che costruiscono la mente (e il cervello), del bimbo : questi dipendono invece dall’ambiente tecnologico, che deve proteggerlo; la sopravvivenza è vincolata all’assistenza e alla cura della sofisticata strumentazione e del personale specializzato. La nascita pretermine diventa così soltanto un atto medico: la nascita psicologica avviene in un secondo momento, alle dimissioni, quando c’è la certezza della sopravvivenza e della salute del bimbo. I genitori spesso descrivono questo momento come la seconda nascita del loro bimbo. Nelle NICU, Neonatal Intensive Care Unit, prosegue la loro attesa: tutto però è delegato ai medici specialisti e agli infermieri, agli operatori sanitari di cui devono avere piena fiducia, ai molteplici caregivers che curano e che si “prendono cura” del loro bimbo. L’impatto con questa realtà inaspettata può essere sconvolgente e ai genitori può sembrare di vivere come in un incubo, con sensazioni di irrealtà, forte rabbia e sgomento in cui sorgono impellenti le domande del perché questo sia accaduto proprio a loro. Questi sentimenti di rabbia possono anche essere rivolti all’équipe medica attraverso comportamenti aggressivi o giudizi svalutanti; questi possono essere svalutanti anche verso il bimbo, che ha deluso le loro aspettative, oppure manifestarsi come aggressività verso gli altri genitori, ritenuti più fortunati; talvolta la rabbia viene rivolta verso se stessi. Il supporto sociale può indebolirsi perché le rispettive famiglie di origine sono lontane o possono non rendersi veramente conto delle reali condizioni del bambino e delle pressioni a cui sono sottoposti i genitori; può subentrare anche per loro un senso di impotenza, a cui cercano di ovviare portando conforto ai genitori sfortunati attraverso la minimizzazione dei problemi. La nascita pretermine di un bimbo provoca nei genitori ansia e depressione che possono giungere a livelli molto elevati e prolungati: le madri possono soffrire di depressione , e ansietà per mesi. Spesso le madri e i padri, nei loro racconti, parlano della nascita del figlio come di uno shock, difficile da immaginare, accompagnato da molta confusione . La nascita pretermine, per le complicanze mediche e ostetriche che incombono sulla madre e/o sul bambino, assume le connotazioni di un pericolo, accompagnato da minacce di morte, trasformandosi così in evento traumatico, connotato da vissuti di angoscia; durante l’ospedalizzazione del loro bimbo i genitori sono vulnerabili alla continua ripetizione di episodi traumatici . L’esperienza dei genitori viene esaminata secondo la prospettiva del trauma: gli studi indicano nei genitori dei bimbi nati pretermine un’elevata incidenza di disturbo post-traumatico da stress – PTSD – soprattutto nelle madri, e gli esiti del PTSD sarebbero ancora presenti un anno dopo la nascita (Pierrehumbert et al., 2003); altri studi hanno individuato sintomi significativi di PTSD con stati di depressione e ansia in madri con bimbi pretermine ad alto rischio oltre i 14 mesi dopo la nascita . L’esperienza traumatica si presenta come un triplice processo: in una prima fase può manifestarsi come uno stato di shock, paura e difficoltà a pensare chiaramente alla nascita; la seconda fase comporta un’elaborazione psichica, in cui le emozioni necessitano di essere elaborate nel tempo; la terza fase dovrebbe corrispondere alla risoluzione del trauma, se è stato sufficientemente elaborato; le difficoltà emotive possono essere state superate e si può verificare un maggiore investimento affettivo sul bimbo. Durante l’ospedalizzazione del bimbo i genitori sono vulnerabili alla ripetizione di traumi e necessitano di un supporto emotivo continuo. I sintomi di stress traumatico possono essere molto spesso presenti alla nascita del bimbo, ma possono manifestarsi anche più tardi, a seguito di un altro evento stressante, eventualmente collegati alle fluttuazioni delle condizioni mediche del bimbo, come ad esempio una ricaduta improvvisa, a cui può far seguito la paura per la sua sopravvivenza. L’ospedalizzazione può così essere caratterizzata da frequenti traumi, come il prolungamento della degenza, o il trasferimento del bimbo in un’altra unità di terapia intensiva, o in un altro ospedale; e questo può rappresentare un ulteriore momento traumatico. Il livello di stress del bambino e l’esperienza psichica traumatica soggettiva del genitore, tra di loro interdipendenti, sono considerate variabili critiche influenti sulle competenze e sullo sviluppo del bambino: fattori che possono modulare negativamente le stesse avversità biologiche della nascita. L’esperienza di precoce stress nel bimbo pretermine in una fase critica dello sviluppo può portare ad una sua persistente vulnerabilità, con una reazione emotiva secondaria allo stress che si può manifestare anche tardivamente; è pertanto importante riconoscere quanto prima questi segnali. Questi studi pongono in evidenza il ruolo centrale delle reazioni affettivo- emotive dei bambini e dei loro genitori per le conseguenze nello sviluppo del comportamento del bimbo: le esperienze emotive e affettive dei genitori hanno un ruolo fondamentale nella qualità delle relazioni tra genitori e bimbi pretermine e negli esiti del relativo sviluppo del bambino e della relazione. La qualità dello stato emotivo-affettivo dei genitori è una variabile non secondaria, di specifica competenza dello psicologo, che va tenuta adeguatamente sotto controllo, monitorandone gli effetti protettivi o di rischio e la loro influenza nella qualità della relazione e dello sviluppo del bimbo. Gli studi psicologici convergono nel focalizzare l’attenzione su aspetti dell’interazione dei caregivers con il bimbo pretermine .Lo sviluppo di un’assistenza individualizzata nelle NICU dagli anni ’90 si è orientata sempre più al coinvolgimento della famiglia , e in questi ultimi anni sono aumentati gli studi che si interessano delle modalità con cui i genitori sono coinvolti nel prendersi cura del loro piccolo, mettendo in evidenza anche aspetti del loro stato emotivo: questo dipende dalla condizione clinica del bimbo, che può oscillare dall’essere più o meno tranquilla, soggetta a lenti miglioramenti oppure a ricadute o complicazioni. Dalla letteratura, i fattori di supporto alla relazione genitore-bambino durante il ricovero ospedaliero e nei primi anni di vita del bimbo nato pretermine sono indicati prevalentemente come: a) fornire un sostegno ai genitori, attraverso informazioni utili alle esigenze di accudimento del piccolo; b) un supporto che il personale medico-infermieristico, psicologi in particolare, parenti e amici e altri genitori che hanno già avuto esperienze simili possono dare ai genitori del pretermine; c) il contatto fisico-emotivo che anche in reparto i genitori possono attivare nella CARE . Nei difficili percorsi della filiazione pretermine il progresso tecnologico ha permesso di tenere in vita i neonati prematuri che fino a qualche decade addietro non sarebbero sopravvissuti. Una volta, un neonato prima del 7° mese o con un peso inferiore ai 1500 grammi difficilmente poteva essere salvato. Il bambino in queste condizioni deve oggi trascorrere molte settimane in terapia intensiva: questo comporta che non può usufruire delle indispensabili sensorialità di un contatto materno, quale avvengono per un neonato normale. È possibile una partecipazione attiva dei genitori alla “CARE” del bimbo nelle NICU, che consente esperienze di vicinanza sensoriale e intima con lui, sotto la guida del personale specializzato. Gli interventi centrati sulle necessità dei bimbi, volti a ridurre e minimizzare il loro distress, sono molto importanti: essi comportano un’attenzione allo sviluppo del bimbo da parte del genitore guidato dal personale ospedaliero per promuovere una “care” individualizzata. Il contatto dei genitori con il bimbo consente ai genitori di conoscere meglio il proprio piccolo, di accudirlo esercitandosi nelle proprie funzioni genitoriali: i genitori e i bimbi necessitano durante l’ospedalizzazione di interventi di promozione di maggiore intimità nelle relazioni . Le modalità dell’interazione genitore- bambino sono un fattore prognostico fondamentale per lo sviluppo dei bimbi: gli studi evidenziano come l’interazione primaria rappresenti un’importante variabile perinatale. Le ricerche di Psicologia Clinica Perinatale e la sperimentazione sull’attaccamento hanno rilevato che la qualità della relazione genitore-bambino è una componente fondamentale per la qualità del successivo sviluppo psichico e psicosomatico del bambino. Le prime relazioni, attraverso la mediazione dei veicoli della comunicazione non verbale, sensoriale, tattile, della voce, dell’odore che la vicinanza fisica comporta, condizionano la strutturazione neurale e lo sviluppo psicofisico del bimbo. Diversi studi hanno messo in evidenza come interferenze nell’intimità genitore-bambino siano fattori di elevato rischio per lo sviluppo psicofisico del bimbo. La qualità delle relazioni precoci genitore-bambino è considerata fattore critico rilevante anche per le competenze che si manifestano più tardivamente, anche a distanza di qualche anno, nello sviluppo dei bambini. Tra i fattori di protezione nella prima infanzia la qualità della relazione genitore-bambino viene considerata una variabile che può favorire o ostacolare un adeguato sviluppo cognitivo, linguistico e affettivo, Nei reparti di terapia intensiva neonatale, compatibilmente con le problematiche mediche, si promuove il contatto fisico col bimbo attraverso la CARE del personale e dei genitori. I genitori sono chiamati ad essere partecipi direttamente di questo processo indispensabile per la crescita psicofisica del loro bimbo, soprattutto per ricostruire quella relazione intima avviata in gravidanza e interrotta dalla nascita prematura. La separazione dal proprio bimbo, cui devono sottostare i genitori, può comportare stati di stress che possono compromettere una buona relazione primaria genitore-bambino e uno sconvolgimento del relativo assetto emotivo. Sia i cambiamenti della struttura emotiva dei genitori sia i deficit della relazione, possono sfuggire all’osservazione comune, e spesso sono sottovalutati nella cultura specialistica sanitaria. Da più studi viene rilevato che le stesse cure mediche specialistiche per le diverse patologie potranno avere un esito più o meno positivo a seconda della qualità delle interazioni dalle quali sono accompagnate e mediate: queste possono essere favorenti e facilitanti o invece ostacolanti le cure stesse, a seconda della modalità con cui ci si “prende cura” del pretermine, e della qualità degli aspetti affettivo emotivi veicolati dalle prime interazioni. Se la nascita pretermine è indicata come un fattore di rischio per uno sviluppo adeguato, per contro un’interazione positiva nelle prime relazioni madre-bambino-padre e pretermine-caregivers assume valenze altamente protettive per i rischi dello sviluppo. In ambito sanitario specialistico, per tutte le complicanze di sopravvivenza, di crescita e dello sviluppo neurocomportamentale, devono essere fornite non solo le competenze delle cure mediche, del neonatologo, del neuropsichiatra infantile, ma anche di altri specialisti come lo psicologo clinico, nonché di tutto il personale infermieristico e sanitario. Lo psicologo clinico deve d’altronde essere esperto nella perinatalità, perché, in sinergia con gli altri, sia in grado di fornire quei “sostegni multipli” del sociale che sono indicati nella perinatalità psichica. Gli studi internazionali suggeriscono dunque di incrementare, insieme ad altri servizi del sociale, la cura del parenting primario: parafrasando il grande pediatra e psicoanalista Donald Winnicott, non esiste un neonato pretermine, ma un neonato pretermine e i suoi genitori. L’unità genitori- pretermine è fondamentale per garantire al meglio lo sviluppo neuro psichico ai futuri individui. Il problema sociale si impone, visto che le moderne tecnologie, sempre più perfezionate, permetteranno di salvare al la vita un sempre maggior numero di pretermine: per questi occorrerà però anche favorire una appropriata assistenza perché possano avere una loro futura adeguata vera vita e non una semplice sopravvivenza.
2015
978-88-917-1012-3
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