Il capitolo prende in rassegna i principali contributi della psicoanalisi e delle recenti scoperte neuro scientifiche in relazione al problema dell’autismo . A oltre 70 anni dalla sua individuazione da parte di Kanner (1943), persistono ancora notevoli incertezze in termini di eziologia dell’autismo, di elementi caratterizzanti il quadro clinico, di confini nosografici con sindromi simili, di diagnosi, di presa in carico e di evoluzione a lungo termine. Le prime teorie psicoanalitiche sull'autismo consideravano un’esclusiva origine psicogena e ambientale nel disturbo. Queste teorie psicoanalitiche sono state oggetto di critiche e hanno reso controverso l’utilizzo della teoria e della terapia psicoanalitica per lungo tempo nei trattamenti dell’autismo. La ricerca attuale e l'intervento hanno prodotto una significativa quantità di dati scientifici verificati sui vari aspetti della genesi, della valutazione clinica, delle caratteristiche funzionali e delle possibili linee di intervento riabilitativo e di sostegno nei confronti dei soggetti autistici e delle loro famiglie: la psicoanalisi, in parallelo al suo sviluppo clinico e teorico, ha abbandonato molte delle sue originali ipotesi in merito di cinquanta anni fa, revisionando significativamente le vecchie ipotesi sul ruolo dei genitori nella genesi dei disturbi dello spettro autistico. La psicoanalisi come tecnica per la cura della mente e degli affetti può fornire un aiuto ai soggetti autistici occupandosi del modo con cui il disturbo autistico si inserisce nell'interfaccia tra cervello e mente, e una comprensione di come funziona e si sviluppa la mente di un bambino con autismo. Un bambino autistico che non riesce a comunicare in modo efficace per cause genetiche o per una forma patologica acquisita è una persona, “nascosta” che va cercata (Barale, Uccelli, 2006). La letteratura psicoanalitica sull’autismo è molto vasta ed è necessario che possano essere integrate le evidenze biologiche dell’autismo con i dati della ricerca neurobiologica ed evolutiva. Sono soprattutto i recenti contributi della psicoanalisi intersoggettiva che hanno aperto nuovi orizzonti alla ricerca e alla clinica anche in ambito di patologie psichiche gravi e attualmente le scoperte delle neuroscienze stanno confermando le ipotesi cliniche dell’intersoggettività. Le recenti ricerche neuro scientifiche indicano come alla base delle forme di autismo vi sia un “difetto neurobiologico per una alterata costituzione intersoggettiva” (Barale,Uccelli,2006). La solitudine degli autistici ma anche degli schizofrenici non sarebbe dovuta ad una decisione di evitare le relazioni con gli altri ma alla “drammatica impossibilità di accedere al mondo intersoggettivo”, di cui le neuroscienze ci forniscono .evidenze empiriche attraverso le modalità di funzionamento dei neuroni specchio. Nelle relazioni interpersonali riusciamo a capire cognitivamente le intenzioni espresse da chi ci sta di fronte attraverso il meccanismo della “sintonizzazione intenzionale , per cui l’altro è considerato una persona come me: la sintonizzazione intenzionale diventa un requisito della intersoggettività.e dell’empatia. Nei soggetti con patologia schizofrenica e autistica una mancanza di sintonizzazione con l’altro porterebbe i soggetti a quella incapacità di cognizione sociale del proprio mondo. Una compromissione dei questi processi di simulazione sarebbe la causa di quello che Gallese definisce “deficit di sintonizzazione intenzionale” (Gallese, 2007) rilevabile sia nella patologia schizofrenica,sia nell’ autismo infantile. Una disfunzione della “sintonizzazione intenzionale con gli altri” è la causa di una compromissione della molteplicità condivisa dell’intersoggettività , che è anche il problema centrale della mente autistica. I disturbi dello spettro autistico sono caratterizzati da deficit nei comportamenti comunicativi e sociali e da limitato interesse per l’ambiente; i soggetti autistici hanno difficoltà a comunicare con gli altri, a stabilire un contatto visivo-attentivo, a imitarne il comportamento e a comprenderne pensieri, emozioni e sensazioni. Come anche per la schizofrenia un indicatore del deficit della simulazione è dato dalla incapacità di imitazione dovuto ad un malfunzionamento dei neuroni specchio o una compromissione della regolazione emozionale affettiva di questo sistema, individuato come “deficit della sintonizzazione affettiva” (Gallese, 2007): i bambini autistici presentano disturbi della sfera affettivo-emozionale .Anche i deficit di empatia dei soggetti autistici possono, almeno in parte, dipendere da un deficit di base dei meccanismi della simulazione incarnata, a sua volta determinato da un malfunzionamento del sistema dei neuroni specchio (Gallese et al. 2006). La simulazione incarnata è un meccanismo di base, il più remoto dal punto di vista evolutivo e sottende alla comprensione delle emozioni : quando non si sviluppa o si costituisce in modo anomalo il soggetto può essere a rischio di sviluppare un deficit dello spettro autistico. Le attuali ipotesi neuroscientifiche sull’autismo come “deficit di consonanza intenzionale” sono rivoluzionarie perché vanno in una direzione del tutto opposta al paradigma cognitivista della “Teoria della mente” in cui l’autismo viene considerato causato dall’assenza di uno specifico modulo della mente. Le neuroscienze mettono in evidenza come soggetti autistici ad elevato funzionamento, pur essendo in grado di riconoscere ed imitare l’espressione di alcune emozioni di base, lo fanno utilizzando circuiti cerebrali diversi da quelli che risultano normalmente attivati in soggetti sani ( come nel caso di autismo ad alto funzionamento). In particolare, i soggetti autistici mostrerebbero un’assenza totale di attivazione del sistema premotorio dei neuroni specchio ed un’ipoattivazione dell’insula e dell’amigdala, con invece un’iperattivazione delle cortecce visive. Questi risultati sono molto importanti in quanto mostrano che, anche quando gli autistici riescono a riconoscere ed imitare le emozioni, lo fanno utilizzando una strategia completamente diversa da quella dei soggetti sani.

Autismo infantile tra psicoanalisi e neuroscienze : osservazione clinica ed evidenza empirica

CENA, Loredana
2014-01-01

Abstract

Il capitolo prende in rassegna i principali contributi della psicoanalisi e delle recenti scoperte neuro scientifiche in relazione al problema dell’autismo . A oltre 70 anni dalla sua individuazione da parte di Kanner (1943), persistono ancora notevoli incertezze in termini di eziologia dell’autismo, di elementi caratterizzanti il quadro clinico, di confini nosografici con sindromi simili, di diagnosi, di presa in carico e di evoluzione a lungo termine. Le prime teorie psicoanalitiche sull'autismo consideravano un’esclusiva origine psicogena e ambientale nel disturbo. Queste teorie psicoanalitiche sono state oggetto di critiche e hanno reso controverso l’utilizzo della teoria e della terapia psicoanalitica per lungo tempo nei trattamenti dell’autismo. La ricerca attuale e l'intervento hanno prodotto una significativa quantità di dati scientifici verificati sui vari aspetti della genesi, della valutazione clinica, delle caratteristiche funzionali e delle possibili linee di intervento riabilitativo e di sostegno nei confronti dei soggetti autistici e delle loro famiglie: la psicoanalisi, in parallelo al suo sviluppo clinico e teorico, ha abbandonato molte delle sue originali ipotesi in merito di cinquanta anni fa, revisionando significativamente le vecchie ipotesi sul ruolo dei genitori nella genesi dei disturbi dello spettro autistico. La psicoanalisi come tecnica per la cura della mente e degli affetti può fornire un aiuto ai soggetti autistici occupandosi del modo con cui il disturbo autistico si inserisce nell'interfaccia tra cervello e mente, e una comprensione di come funziona e si sviluppa la mente di un bambino con autismo. Un bambino autistico che non riesce a comunicare in modo efficace per cause genetiche o per una forma patologica acquisita è una persona, “nascosta” che va cercata (Barale, Uccelli, 2006). La letteratura psicoanalitica sull’autismo è molto vasta ed è necessario che possano essere integrate le evidenze biologiche dell’autismo con i dati della ricerca neurobiologica ed evolutiva. Sono soprattutto i recenti contributi della psicoanalisi intersoggettiva che hanno aperto nuovi orizzonti alla ricerca e alla clinica anche in ambito di patologie psichiche gravi e attualmente le scoperte delle neuroscienze stanno confermando le ipotesi cliniche dell’intersoggettività. Le recenti ricerche neuro scientifiche indicano come alla base delle forme di autismo vi sia un “difetto neurobiologico per una alterata costituzione intersoggettiva” (Barale,Uccelli,2006). La solitudine degli autistici ma anche degli schizofrenici non sarebbe dovuta ad una decisione di evitare le relazioni con gli altri ma alla “drammatica impossibilità di accedere al mondo intersoggettivo”, di cui le neuroscienze ci forniscono .evidenze empiriche attraverso le modalità di funzionamento dei neuroni specchio. Nelle relazioni interpersonali riusciamo a capire cognitivamente le intenzioni espresse da chi ci sta di fronte attraverso il meccanismo della “sintonizzazione intenzionale , per cui l’altro è considerato una persona come me: la sintonizzazione intenzionale diventa un requisito della intersoggettività.e dell’empatia. Nei soggetti con patologia schizofrenica e autistica una mancanza di sintonizzazione con l’altro porterebbe i soggetti a quella incapacità di cognizione sociale del proprio mondo. Una compromissione dei questi processi di simulazione sarebbe la causa di quello che Gallese definisce “deficit di sintonizzazione intenzionale” (Gallese, 2007) rilevabile sia nella patologia schizofrenica,sia nell’ autismo infantile. Una disfunzione della “sintonizzazione intenzionale con gli altri” è la causa di una compromissione della molteplicità condivisa dell’intersoggettività , che è anche il problema centrale della mente autistica. I disturbi dello spettro autistico sono caratterizzati da deficit nei comportamenti comunicativi e sociali e da limitato interesse per l’ambiente; i soggetti autistici hanno difficoltà a comunicare con gli altri, a stabilire un contatto visivo-attentivo, a imitarne il comportamento e a comprenderne pensieri, emozioni e sensazioni. Come anche per la schizofrenia un indicatore del deficit della simulazione è dato dalla incapacità di imitazione dovuto ad un malfunzionamento dei neuroni specchio o una compromissione della regolazione emozionale affettiva di questo sistema, individuato come “deficit della sintonizzazione affettiva” (Gallese, 2007): i bambini autistici presentano disturbi della sfera affettivo-emozionale .Anche i deficit di empatia dei soggetti autistici possono, almeno in parte, dipendere da un deficit di base dei meccanismi della simulazione incarnata, a sua volta determinato da un malfunzionamento del sistema dei neuroni specchio (Gallese et al. 2006). La simulazione incarnata è un meccanismo di base, il più remoto dal punto di vista evolutivo e sottende alla comprensione delle emozioni : quando non si sviluppa o si costituisce in modo anomalo il soggetto può essere a rischio di sviluppare un deficit dello spettro autistico. Le attuali ipotesi neuroscientifiche sull’autismo come “deficit di consonanza intenzionale” sono rivoluzionarie perché vanno in una direzione del tutto opposta al paradigma cognitivista della “Teoria della mente” in cui l’autismo viene considerato causato dall’assenza di uno specifico modulo della mente. Le neuroscienze mettono in evidenza come soggetti autistici ad elevato funzionamento, pur essendo in grado di riconoscere ed imitare l’espressione di alcune emozioni di base, lo fanno utilizzando circuiti cerebrali diversi da quelli che risultano normalmente attivati in soggetti sani ( come nel caso di autismo ad alto funzionamento). In particolare, i soggetti autistici mostrerebbero un’assenza totale di attivazione del sistema premotorio dei neuroni specchio ed un’ipoattivazione dell’insula e dell’amigdala, con invece un’iperattivazione delle cortecce visive. Questi risultati sono molto importanti in quanto mostrano che, anche quando gli autistici riescono a riconoscere ed imitare le emozioni, lo fanno utilizzando una strategia completamente diversa da quella dei soggetti sani.
2014
9788847053458
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