La tematica della protezione sociale dei lavoratori, vista attraverso il particolare angolo prospettico della tutela previdenziale, si innesta, sul piano delle politiche comunitarie, nella c.d. “Strategia di Lisbona”, la quale costituisce uno dei tentativi più ambiziosi e consapevoli di tradurre in concreto programma d’azione la sintesi tra dimensione economica e sociale contenuta nell’art. 2 CE. In tale cornice, si ritiene che la riforma dei sistemi pensionistici vada affrontata muovendo da un approccio globale, in cui crescita economica, occupazione, formazione, lotta all’esclusione sociale e protezione sociale siano integrate in un unico discorso, la cui complessità è racchiusa dall’endiadi “pensioni adeguate e sostenibili”. L’estrema complessità delle questioni sul tappeto, la loro riconducibilità (in taluni casi) a materie in relazione alle quali il Trattato non prevede espressamente una competenza comunitaria, la diversità spesso radicale tra gli assetti istituzionali dei vari Stati membri hanno reso impraticabile la strada dell’armonizzazione normativa attuata per mezzo di regolamenti e direttive, aprendo invece spazi alla più flessibile tecnica del “coordinamento per obiettivi” mediante il ricorso al c.d. “Metodo aperto di coordinamento” (MAC). La strategia di coordinamento delle politiche comunitarie di welfare ha tuttavia dovuto fare i conti con alcuni ostacoli. Innanzi tutto, difficoltà di coordinamento di ordine esterno, prodotte dal particolare contesto in cui il MAC / Pensioni si trova ad operare; un contesto caratterizzato da differenze istituzionali profonde e difficilmente ricomponibili nel quadro di una strategia unitaria. A rendere più impervio il percorso di convergenza tra i sistemi europei di welfare è anche l’art. 137.4 CE, il quale, nel riconoscere esplicitamente agli Stati membri la facoltà di definire i principi fondamentali del loro sistema di sicurezza sociale, fornisce una giustificazione normativa al permanere della diversificazione tra i vari modelli di protezione sociale. In secondo luogo, difficoltà di ordine interno, generate dal non corretto operare dei meccanismi che regolano il funzionamento del MAC: è emblematico, a tale riguardo, il caso dei ritardi accumulati sia nella elaborazione di indicatori affidabili e condivisi, sia nella redazione dei rapporti nazionali. Inoltre, rispetto alle forme di coordinamento più istituzionalizzate, ad es. la Strategia europea per l'occupazione, il MAC / Pensioni paga la sua maggiore fluidità, che ne rende più incerti gli esiti, soprattutto a fronte della non giustiziabilità degli atti comunitari prodotti nel suo ambito. Questo aspetto, unitamente al rischio, sempre attuale, che le politiche sociali vengano subordinate alle esigenze di politica economica, costituisce un potenziale pericolo per il mantenimento di standard protettivi adeguati. Trova conferma il fatto che il processo di cui il MAC consta non è un bene in sé, ma acquisisce significato se è calato in una dimensione normativa, fatta di valori di fondo da perseguire. Se, come pare, la prospettiva sottesa al coordinamento delle politiche sociali deve essere quella della graduale costruzione di un welfare europeo, fondato su un corpus di tutele inderogabili per chi vive e lavora nell’UE, allora è necessario ancorare il MAC ad alcuni principi cardine. Questi dovranno fungere non solo da bussola per la politiche comunitarie (svolgendo dunque un ruolo c.d. “attivo”), ma anche da parametro di valutazione del rispetto, da parte degli Stati membri, di un nucleo intangibile di diritti sociali fondamentali, in modo da controbilanciare possibili fenomeni di competizione al ribasso e di impoverimento del modello sociale europeo (svolgendo un ruolo c.d. “reattivo”). Il fondamentale punto di riferimento normativo è costituito senza dubbio dalla Carta di Nizza, oggi incorporata nel nuovo Trattato costituzionale, dai «valori» attorno ai quali le sue norme sono organizzate e dalle situazioni soggettive che di essi sono espressione. In particolare, il paradigma che riassume il senso più profondo della politica sociale comunitaria è quello della “solidarietà”, al quale deve essere riconosciuta la dimensione di principio generale dell’ordinamento comunitario.

Pensioni adeguate e sostenibili: il coordinamento delle politiche di welfare

RAVELLI, Fabio
2010-01-01

Abstract

La tematica della protezione sociale dei lavoratori, vista attraverso il particolare angolo prospettico della tutela previdenziale, si innesta, sul piano delle politiche comunitarie, nella c.d. “Strategia di Lisbona”, la quale costituisce uno dei tentativi più ambiziosi e consapevoli di tradurre in concreto programma d’azione la sintesi tra dimensione economica e sociale contenuta nell’art. 2 CE. In tale cornice, si ritiene che la riforma dei sistemi pensionistici vada affrontata muovendo da un approccio globale, in cui crescita economica, occupazione, formazione, lotta all’esclusione sociale e protezione sociale siano integrate in un unico discorso, la cui complessità è racchiusa dall’endiadi “pensioni adeguate e sostenibili”. L’estrema complessità delle questioni sul tappeto, la loro riconducibilità (in taluni casi) a materie in relazione alle quali il Trattato non prevede espressamente una competenza comunitaria, la diversità spesso radicale tra gli assetti istituzionali dei vari Stati membri hanno reso impraticabile la strada dell’armonizzazione normativa attuata per mezzo di regolamenti e direttive, aprendo invece spazi alla più flessibile tecnica del “coordinamento per obiettivi” mediante il ricorso al c.d. “Metodo aperto di coordinamento” (MAC). La strategia di coordinamento delle politiche comunitarie di welfare ha tuttavia dovuto fare i conti con alcuni ostacoli. Innanzi tutto, difficoltà di coordinamento di ordine esterno, prodotte dal particolare contesto in cui il MAC / Pensioni si trova ad operare; un contesto caratterizzato da differenze istituzionali profonde e difficilmente ricomponibili nel quadro di una strategia unitaria. A rendere più impervio il percorso di convergenza tra i sistemi europei di welfare è anche l’art. 137.4 CE, il quale, nel riconoscere esplicitamente agli Stati membri la facoltà di definire i principi fondamentali del loro sistema di sicurezza sociale, fornisce una giustificazione normativa al permanere della diversificazione tra i vari modelli di protezione sociale. In secondo luogo, difficoltà di ordine interno, generate dal non corretto operare dei meccanismi che regolano il funzionamento del MAC: è emblematico, a tale riguardo, il caso dei ritardi accumulati sia nella elaborazione di indicatori affidabili e condivisi, sia nella redazione dei rapporti nazionali. Inoltre, rispetto alle forme di coordinamento più istituzionalizzate, ad es. la Strategia europea per l'occupazione, il MAC / Pensioni paga la sua maggiore fluidità, che ne rende più incerti gli esiti, soprattutto a fronte della non giustiziabilità degli atti comunitari prodotti nel suo ambito. Questo aspetto, unitamente al rischio, sempre attuale, che le politiche sociali vengano subordinate alle esigenze di politica economica, costituisce un potenziale pericolo per il mantenimento di standard protettivi adeguati. Trova conferma il fatto che il processo di cui il MAC consta non è un bene in sé, ma acquisisce significato se è calato in una dimensione normativa, fatta di valori di fondo da perseguire. Se, come pare, la prospettiva sottesa al coordinamento delle politiche sociali deve essere quella della graduale costruzione di un welfare europeo, fondato su un corpus di tutele inderogabili per chi vive e lavora nell’UE, allora è necessario ancorare il MAC ad alcuni principi cardine. Questi dovranno fungere non solo da bussola per la politiche comunitarie (svolgendo dunque un ruolo c.d. “attivo”), ma anche da parametro di valutazione del rispetto, da parte degli Stati membri, di un nucleo intangibile di diritti sociali fondamentali, in modo da controbilanciare possibili fenomeni di competizione al ribasso e di impoverimento del modello sociale europeo (svolgendo un ruolo c.d. “reattivo”). Il fondamentale punto di riferimento normativo è costituito senza dubbio dalla Carta di Nizza, oggi incorporata nel nuovo Trattato costituzionale, dai «valori» attorno ai quali le sue norme sono organizzate e dalle situazioni soggettive che di essi sono espressione. In particolare, il paradigma che riassume il senso più profondo della politica sociale comunitaria è quello della “solidarietà”, al quale deve essere riconosciuta la dimensione di principio generale dell’ordinamento comunitario.
2010
8814155453
9788814155451
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