Gli studi empirici sulle innovazioni organizzative e sulle pratiche di gestione delle risorse umane in Italia non sono numerosi. Prevale una letteratura che si affida a un tipo di conoscenza episodica, basata su qualche caso di pratica ritenuta eccellente, senza approfondimenti sul contesto settoriale, strategico e organizzativo in cui è inserita. Questo volume rappresenta una eccezione di rilievo. Raccoglie un numero significativo di indagini sul campo effettuate presso le imprese industriali di alcuni tra i maggiori sistemi produttivi locali del Nord Italia: le province di Milano, Bergamo, Brescia, Udine e Reggio Emilia. La rilevanza del contributo è riconducibile ad almeno due aspetti. Da un lato, le ricerche presentate condividono un approccio metodologico in buona misura comune (e coerente con la ben più ampia letteratura internazionale di riferimento), fondato – non sull’analisi di pratiche di lavoro isolate – ma sulla considerazione di combinazioni e bundles di numerose pratiche interdipendenti e quindi fortemente interagenti con le strutture organizzative e con i processi di cambiamento organizzativo in cui sono inserite. Dall’altro lato, l’ampiezza e la rappresentatività dei campioni di imprese indagati – anche se parziali e relativi ad un arco temporale spesso troppo breve – forniscono una base di conoscenza empirica significativa che - se supera solo in parte il gap informativo esistente rispetto ad altri Paesi - potrebbe risultare di particolare utilità per le parti sociali coinvolte e per le politiche del lavoro conseguenti. E’ ormai acquisito che non esiste formula imprenditoriale, destinata a produrre uno sviluppo sostenibile nel tempo, che non abbia in sé anche un’idea innovativa per la scoperta, la crescita e la valorizzazione delle persone chiamate a realizzarla e a perpetuarla. Ma non è sufficiente individuare quell’idea e poi tentare di trasferirla in un altro contesto perché si generi un business profittevole. La ricerca di princìpi di tipo universale nella gestione delle risorse umane è chiaramente un esercizio sterile destinato al fallimento, e non solo a causa di quella che gli studi sulle determinanti del vantaggio competitivo chiamano ambiguità causale. Potrebbe essere più proficuo scegliere un approccio contingente e quindi testare per prova ed errore la teoria che di volta in volta sembra più rilevante rispetto allo specifico problema. Ma l’approccio contingente costringe a un relativismo, incapace di prevedere le forme evolutive e di spiegare (se non a posteriori) determinate relazioni. Gli studi empirici realizzati con l’approccio di questo lavoro possono contribuire a costruire criteri progettuali che si differenziano da quelli ingenuamente prescrittivi, basati su un determinismo che non tiene conto della dimensione variabile e creativa della formula imprenditoriale. Alcune delle sue specificità possono essere colte solo approfondendo le complesse interazioni tra strategia e struttura, tra soggetti e contesto ambientale, tra tecnologia e sistemi operativi di gestione delle risorse umane. Solo in questo modo si evita di confinare le pratiche di gestione del lavoro a un ruolo di mero adattamento. L’evidenza empirica contenuta nel volume mostra come i modelli e le pratiche di gestione delle risorse umane possono diventare “costitutivi” della strategia e della performance d’impresa se inseriti e contestualizzati all’interno di scelte di progettazione e di “disegno” organizzativo congruenti; in altri termini, a condizione che gli aspetti soggettivi legati a competenze, motivazioni e comportamenti – particolarmente enfatizzati in questa fase – siano coniugati con adeguati e “flessibili” assetti strutturali derivanti dalla riprogettazione organizzativa tanto a livello macro (verso l’orizzontalità dei processi), quanto a livello micro all’interno delle singole unità di lavoro (verso il lavoro di gruppo e l’empowerment). Studi di fine tuning come questo che indagano in profondità aree geografiche circoscritte facendo emergere peculiarità settoriali, dimensionali e gestionali, diventano fonti preziosi di informazioni e dati che si prestano ad analisi comparative e che, assieme a studi longitudinali, ci consentono di cogliere i processi evolutivi del lavoro e delle aziende. Si può così individuare e studiare la nascita di nuove imprese, di nuove modalità di rapporto di lavoro, di nuovi moduli di vita professionale, di nuovi itinerari di formazione e di apprendimento. I lavori contenuti nel volume cercano di capire come la differenziazione delle politiche del lavoro e delle modalità di coinvolgimento degli attori sociali può portare a performance economiche diverse. Guardando al recente passato, vediamo che le piccole imprese senza il supporto dei professionisti della progettazione organizzativa e della gestione delle risorse umane hanno inventato rapporti di lavoro più flessibili e più gratificanti, hanno pilotato spettacolari crescite professionali senza le tecniche di programmazione delle carriere, hanno trovato forme di coinvolgimento e di interessamento, hanno usato in maniera creativa i rapporti politici, associativi e interaziendali. Hanno fatto e rispettato patti con gli stakeholder interni ed esterni. Quella situazione non può però riprodursi spontaneamente. Le imprese devono crescere e razionalizzare le pratiche del lavoro, renderle esplicite, controllabili e rinnovabili. Devono farlo perché, come suggerisce questo lavoro, le innovazioni organizzative le pratiche del lavoro fanno parte di quel capitale intangibile che fa la differenza sul piano della performance competitiva delle imprese. Di più, innovazioni tecnologiche, cambiamenti organizzativi e nuove pratiche di lavoro formano un “triangolo delle complementarità” che sta alla base dell’impresa moderna. Quali pratiche e quali differenze è un discorso un buona parte da costruire ma i risultati emergenti dai lavori contenuti in questo volume forniscono importanti elementi in questa direzione. In particolare, la natura e la qualità di alcune combinazioni delle cosiddette HPWP e le relative modalità di introduzione/adozione, accoppiate ai necessari cambiamenti organizzativi, sembrano essenziali per il conseguimento di prestazioni d’impresa efficaci sia sul piano della produttività che dell’innovazione.
Innovazioni organizzative e pratiche di lavoro nelle imprese industriali del nord
ALBERTINI, Sergio;
2009-01-01
Abstract
Gli studi empirici sulle innovazioni organizzative e sulle pratiche di gestione delle risorse umane in Italia non sono numerosi. Prevale una letteratura che si affida a un tipo di conoscenza episodica, basata su qualche caso di pratica ritenuta eccellente, senza approfondimenti sul contesto settoriale, strategico e organizzativo in cui è inserita. Questo volume rappresenta una eccezione di rilievo. Raccoglie un numero significativo di indagini sul campo effettuate presso le imprese industriali di alcuni tra i maggiori sistemi produttivi locali del Nord Italia: le province di Milano, Bergamo, Brescia, Udine e Reggio Emilia. La rilevanza del contributo è riconducibile ad almeno due aspetti. Da un lato, le ricerche presentate condividono un approccio metodologico in buona misura comune (e coerente con la ben più ampia letteratura internazionale di riferimento), fondato – non sull’analisi di pratiche di lavoro isolate – ma sulla considerazione di combinazioni e bundles di numerose pratiche interdipendenti e quindi fortemente interagenti con le strutture organizzative e con i processi di cambiamento organizzativo in cui sono inserite. Dall’altro lato, l’ampiezza e la rappresentatività dei campioni di imprese indagati – anche se parziali e relativi ad un arco temporale spesso troppo breve – forniscono una base di conoscenza empirica significativa che - se supera solo in parte il gap informativo esistente rispetto ad altri Paesi - potrebbe risultare di particolare utilità per le parti sociali coinvolte e per le politiche del lavoro conseguenti. E’ ormai acquisito che non esiste formula imprenditoriale, destinata a produrre uno sviluppo sostenibile nel tempo, che non abbia in sé anche un’idea innovativa per la scoperta, la crescita e la valorizzazione delle persone chiamate a realizzarla e a perpetuarla. Ma non è sufficiente individuare quell’idea e poi tentare di trasferirla in un altro contesto perché si generi un business profittevole. La ricerca di princìpi di tipo universale nella gestione delle risorse umane è chiaramente un esercizio sterile destinato al fallimento, e non solo a causa di quella che gli studi sulle determinanti del vantaggio competitivo chiamano ambiguità causale. Potrebbe essere più proficuo scegliere un approccio contingente e quindi testare per prova ed errore la teoria che di volta in volta sembra più rilevante rispetto allo specifico problema. Ma l’approccio contingente costringe a un relativismo, incapace di prevedere le forme evolutive e di spiegare (se non a posteriori) determinate relazioni. Gli studi empirici realizzati con l’approccio di questo lavoro possono contribuire a costruire criteri progettuali che si differenziano da quelli ingenuamente prescrittivi, basati su un determinismo che non tiene conto della dimensione variabile e creativa della formula imprenditoriale. Alcune delle sue specificità possono essere colte solo approfondendo le complesse interazioni tra strategia e struttura, tra soggetti e contesto ambientale, tra tecnologia e sistemi operativi di gestione delle risorse umane. Solo in questo modo si evita di confinare le pratiche di gestione del lavoro a un ruolo di mero adattamento. L’evidenza empirica contenuta nel volume mostra come i modelli e le pratiche di gestione delle risorse umane possono diventare “costitutivi” della strategia e della performance d’impresa se inseriti e contestualizzati all’interno di scelte di progettazione e di “disegno” organizzativo congruenti; in altri termini, a condizione che gli aspetti soggettivi legati a competenze, motivazioni e comportamenti – particolarmente enfatizzati in questa fase – siano coniugati con adeguati e “flessibili” assetti strutturali derivanti dalla riprogettazione organizzativa tanto a livello macro (verso l’orizzontalità dei processi), quanto a livello micro all’interno delle singole unità di lavoro (verso il lavoro di gruppo e l’empowerment). Studi di fine tuning come questo che indagano in profondità aree geografiche circoscritte facendo emergere peculiarità settoriali, dimensionali e gestionali, diventano fonti preziosi di informazioni e dati che si prestano ad analisi comparative e che, assieme a studi longitudinali, ci consentono di cogliere i processi evolutivi del lavoro e delle aziende. Si può così individuare e studiare la nascita di nuove imprese, di nuove modalità di rapporto di lavoro, di nuovi moduli di vita professionale, di nuovi itinerari di formazione e di apprendimento. I lavori contenuti nel volume cercano di capire come la differenziazione delle politiche del lavoro e delle modalità di coinvolgimento degli attori sociali può portare a performance economiche diverse. Guardando al recente passato, vediamo che le piccole imprese senza il supporto dei professionisti della progettazione organizzativa e della gestione delle risorse umane hanno inventato rapporti di lavoro più flessibili e più gratificanti, hanno pilotato spettacolari crescite professionali senza le tecniche di programmazione delle carriere, hanno trovato forme di coinvolgimento e di interessamento, hanno usato in maniera creativa i rapporti politici, associativi e interaziendali. Hanno fatto e rispettato patti con gli stakeholder interni ed esterni. Quella situazione non può però riprodursi spontaneamente. Le imprese devono crescere e razionalizzare le pratiche del lavoro, renderle esplicite, controllabili e rinnovabili. Devono farlo perché, come suggerisce questo lavoro, le innovazioni organizzative le pratiche del lavoro fanno parte di quel capitale intangibile che fa la differenza sul piano della performance competitiva delle imprese. Di più, innovazioni tecnologiche, cambiamenti organizzativi e nuove pratiche di lavoro formano un “triangolo delle complementarità” che sta alla base dell’impresa moderna. Quali pratiche e quali differenze è un discorso un buona parte da costruire ma i risultati emergenti dai lavori contenuti in questo volume forniscono importanti elementi in questa direzione. In particolare, la natura e la qualità di alcune combinazioni delle cosiddette HPWP e le relative modalità di introduzione/adozione, accoppiate ai necessari cambiamenti organizzativi, sembrano essenziali per il conseguimento di prestazioni d’impresa efficaci sia sul piano della produttività che dell’innovazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.