Nella vasta letteratura su Hans Kelsen c’è un profilo della sua produzione, quello della filosofia del diritto internazionale e della politica del diritto, spesso sottovalutato e considerato sussidiario rispetto a quello dell’elaborazione della reine Rechtslehere. Raramente, infatti, le sue tesi di filosofia del diritto internazionale e di politica del diritto sono state oggetto di un’analisi che, non condizionata dall’intento di vagliare criticamente la pretesa scientificità e avalutatività della reine Rechtslehre, si proponesse di ricostruirne l’impianto complessivo nella specificità, (in)coerenza ed eventuale problematicità della loro autonoma articolazione. È così, in particolare, anche nella letteratura italiana dove le traduzioni dei lavori di filosofia del diritto internazionale di Kelsen, sono ancora rare e pubblicate a grandi intervalli di tempo le une dalle altre. Nondimeno, queste traduzioni sono tutte di grande interesse per un’analisi che si proponga di ricostruire il puzzle dell’intero impianto della filosofia del diritto internazionale di Kelsen. Un puzzle complesso in relazione al quale, per capire dove e come collocare alcune delle sue tessere più importanti, può essere d’aiuto prestare attenzione ai fattori che negli ultimi venticinque anni testimoniano di un’insofferenza sempre più diffusa nei confronti dell’ispirazione pacifista del diritto internazionale del secondo dopoguerra (§ 2). In particolare, fare riferimento a questi elementi può essere utile, innanzitutto, per richiamare la distinzione fra due sensi molto diversi ai quali è possibile ricondurre la varietà di concezioni della dottrina della guerra giusta e per cercare di chiarire qual è il senso che le può essere attribuito nei testi nei quali Kelsen ne fa menzione (§ 3). E ancora, precisati i termini in cui Kelsen parla di dottrina della guerra giusta, gli stessi elementi possono essere utili sia per distinguere i tre principali profili in relazione ai quali Kelsen sviluppa la propria analisi del rapporto fra diritto e pace (§ 4), sia per riscattare il pacifismo giuridico (kelseniano) dalle critiche di ingenuo idealismo normativo di cui è (stato) fatto bersaglio dal parte del (neo)realismo (§ 5).
Kelsen filosofo del diritto internazionale e politico del diritto
MAZZARESE, Tecla Lucia Pia
2013-01-01
Abstract
Nella vasta letteratura su Hans Kelsen c’è un profilo della sua produzione, quello della filosofia del diritto internazionale e della politica del diritto, spesso sottovalutato e considerato sussidiario rispetto a quello dell’elaborazione della reine Rechtslehere. Raramente, infatti, le sue tesi di filosofia del diritto internazionale e di politica del diritto sono state oggetto di un’analisi che, non condizionata dall’intento di vagliare criticamente la pretesa scientificità e avalutatività della reine Rechtslehre, si proponesse di ricostruirne l’impianto complessivo nella specificità, (in)coerenza ed eventuale problematicità della loro autonoma articolazione. È così, in particolare, anche nella letteratura italiana dove le traduzioni dei lavori di filosofia del diritto internazionale di Kelsen, sono ancora rare e pubblicate a grandi intervalli di tempo le une dalle altre. Nondimeno, queste traduzioni sono tutte di grande interesse per un’analisi che si proponga di ricostruire il puzzle dell’intero impianto della filosofia del diritto internazionale di Kelsen. Un puzzle complesso in relazione al quale, per capire dove e come collocare alcune delle sue tessere più importanti, può essere d’aiuto prestare attenzione ai fattori che negli ultimi venticinque anni testimoniano di un’insofferenza sempre più diffusa nei confronti dell’ispirazione pacifista del diritto internazionale del secondo dopoguerra (§ 2). In particolare, fare riferimento a questi elementi può essere utile, innanzitutto, per richiamare la distinzione fra due sensi molto diversi ai quali è possibile ricondurre la varietà di concezioni della dottrina della guerra giusta e per cercare di chiarire qual è il senso che le può essere attribuito nei testi nei quali Kelsen ne fa menzione (§ 3). E ancora, precisati i termini in cui Kelsen parla di dottrina della guerra giusta, gli stessi elementi possono essere utili sia per distinguere i tre principali profili in relazione ai quali Kelsen sviluppa la propria analisi del rapporto fra diritto e pace (§ 4), sia per riscattare il pacifismo giuridico (kelseniano) dalle critiche di ingenuo idealismo normativo di cui è (stato) fatto bersaglio dal parte del (neo)realismo (§ 5).File | Dimensione | Formato | |
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