L’ampia flessibilità di utilizzo costituisce la caratteristica più evidente degli strumenti finanziari derivati; grazie alle varie combinazioni che essi consentono di creare, è possibile coprire rischi finanziari derivanti da portafogli di altri strumenti finanziari nonché porre in essere operazioni più o meno speculative ovvero ancora finalizzate all’arbitraggio . Tutto ciò ha fatto sì che dalle forme “base” dei contratti futures , delle opzioni put e call e degli strumenti forward e swap, si sia passati a forme più complesse, come i credit default swap. Accanto ai vari profili critici che l’impiego di tali strumenti evidenziano e che gli interventi precedenti hanno illustrato, ve ne sono da aggiungere altri, come quelli relativi alla loro corretta contabilizzazione in bilancio ed al conseguente regime fiscale applicabile. Tale problematica emerge chiaramente se ci si sofferma sulla struttura degli strumenti finanziari derivati: a prescindere dai principi contabili adottati, infatti, la presenza del “sottostante” rischia di generare una “asimmetria” di valutazione/iscrizione tra derivato e underlying instrument che può dipendere anche dal diverso momento di sottoscrizione e contabilizzazione del primo rispetto al secondo. Sul tema della (corretta) contabilizzazione degli strumenti finanziari in generale e quindi anche di quelli derivati, occorre procedere distinguendo tra principi contabili internazionali IAS/IFRS e principi contabili nazionali: mentre i primi definiscono il concetto di strumento finanziario derivato e ne disciplinano le modalità di iscrizione nello stato patrimoniale, i secondi, in assenza di una normativa che compiutamente disciplini la fattispecie, considerano le operazioni su derivati come “fuori bilancio”, sebbene poi richiamino una serie di criteri adottati a livello internazionale al fine di garantire un livello minimo di informazione che la normativa comunitaria impone. Pertanto, il presente contributo distinguerà tra le due metodologie di contabilizzazione internazionale IAS/IFRS e nazionale, ferma restando la comunanza di disciplina su taluni punti. Successivamente, si procederà ad affrontare il tema del regime fiscale applicabile ai soggetti IAS adopters e non IAS adopters così come risultante dal DPR 22 dicembre 1986, n. 917, (d’ora in avanti TUIR). Inoltre, verranno trattati il tema dei contratti derivati di tipo interest rate swap e currency swap anche alla luce delle vicende giudiziarie che hanno interessato gli enti pubblici locali ed istituti di credito.

IL CONTRATTO DERIVATO FINANZIARIO TRA BILANCIO E FISCO

CORASANITI, Giuseppe
2014-01-01

Abstract

L’ampia flessibilità di utilizzo costituisce la caratteristica più evidente degli strumenti finanziari derivati; grazie alle varie combinazioni che essi consentono di creare, è possibile coprire rischi finanziari derivanti da portafogli di altri strumenti finanziari nonché porre in essere operazioni più o meno speculative ovvero ancora finalizzate all’arbitraggio . Tutto ciò ha fatto sì che dalle forme “base” dei contratti futures , delle opzioni put e call e degli strumenti forward e swap, si sia passati a forme più complesse, come i credit default swap. Accanto ai vari profili critici che l’impiego di tali strumenti evidenziano e che gli interventi precedenti hanno illustrato, ve ne sono da aggiungere altri, come quelli relativi alla loro corretta contabilizzazione in bilancio ed al conseguente regime fiscale applicabile. Tale problematica emerge chiaramente se ci si sofferma sulla struttura degli strumenti finanziari derivati: a prescindere dai principi contabili adottati, infatti, la presenza del “sottostante” rischia di generare una “asimmetria” di valutazione/iscrizione tra derivato e underlying instrument che può dipendere anche dal diverso momento di sottoscrizione e contabilizzazione del primo rispetto al secondo. Sul tema della (corretta) contabilizzazione degli strumenti finanziari in generale e quindi anche di quelli derivati, occorre procedere distinguendo tra principi contabili internazionali IAS/IFRS e principi contabili nazionali: mentre i primi definiscono il concetto di strumento finanziario derivato e ne disciplinano le modalità di iscrizione nello stato patrimoniale, i secondi, in assenza di una normativa che compiutamente disciplini la fattispecie, considerano le operazioni su derivati come “fuori bilancio”, sebbene poi richiamino una serie di criteri adottati a livello internazionale al fine di garantire un livello minimo di informazione che la normativa comunitaria impone. Pertanto, il presente contributo distinguerà tra le due metodologie di contabilizzazione internazionale IAS/IFRS e nazionale, ferma restando la comunanza di disciplina su taluni punti. Successivamente, si procederà ad affrontare il tema del regime fiscale applicabile ai soggetti IAS adopters e non IAS adopters così come risultante dal DPR 22 dicembre 1986, n. 917, (d’ora in avanti TUIR). Inoltre, verranno trattati il tema dei contratti derivati di tipo interest rate swap e currency swap anche alla luce delle vicende giudiziarie che hanno interessato gli enti pubblici locali ed istituti di credito.
2014
8814182949
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11379/302905
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact