Scopo del presente studio è quello di analizzare la disciplina normativa predisposta da taluni ordinamenti europei per predisporre strumenti giuridici alternativi al contratto e al fatto illecito, al fine di evidenziare le condizioni e i limiti applicativi del principio di tutela dell’affidamento. A tal fine, si è ritenuto opportuno seguire l’evoluzione del principio di affidamento, per abbinare ad esso gli strumenti giuridici alternativi al contratto e all’illecito civile, esaminadone al contempo le applicazioni. E’ emerso un modello di responsabilità in cui, in talune situazioni, caratterizzate dall’estraneità del rapporto sia al contratto sia al fatto illecito, il principio di tutela dell’affidamento viene alla luce fino a diventare fonte autonoma di obblighi (di coerenza, di informazione), beneficiando di regole applicative autonome, ora nella forma della clausola generale di buona fede; ora nelle forme di istituti giuridici specifici. In altre situazioni, al contrario, caratterizzate dalla prevalenza del rapporto contrattuale, persino nei confronti di terzi, oppure dalla sussistenza di un illecito civile, il principio in questione si ritira, e torna ad essere un principio orientativo. La tutela dell’affidamento come fonte autonoma di obbligazioni si rivela un’urgenza maggiormente giustificabile nei sistemi in cui persiste – per ragioni storiche - una forte atrofia della teoria della responsabilità contrattuale (common law) oppure una forte atrofia di quella extracontrattuale (sistema tedesco). In ordinamenti come il nostro in cui il sistema ‘aperto’ delle fonti (art. 1173 c.c.) lascia spazio anche ad altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni, l’affidamento rileva sul piano del fatto, si appoggia a regole di condotta (1337, 1338, 1439, c. 2, 1440 c.c.) che a loro volta trovano specificazione in precisi dati normativi (artt. 2339, c. 1, n. 3, 2395 c.c., codice di consumo, T.U.F.), e la sua tutela viene assicurata non in funzione dei diritti violati, ma dell’obbligo rimasto inadempiuto, a seguito di un giudizio di comparazione che valga a definire la legittimità, o l’incolpevolezza, dell’affidamento. In questa prospettiva, allora, non è l’affidamento mal riposto in sè la fonte dell’obbligazione risarcitoria; ma la violazione della regola di condotta posta a presidio dell’interesse che la volontà delle parti o l’ordinamento giuridico intendono proteggere.

Affidamento e responsabilità

AMATO, Cristina
2012-01-01

Abstract

Scopo del presente studio è quello di analizzare la disciplina normativa predisposta da taluni ordinamenti europei per predisporre strumenti giuridici alternativi al contratto e al fatto illecito, al fine di evidenziare le condizioni e i limiti applicativi del principio di tutela dell’affidamento. A tal fine, si è ritenuto opportuno seguire l’evoluzione del principio di affidamento, per abbinare ad esso gli strumenti giuridici alternativi al contratto e all’illecito civile, esaminadone al contempo le applicazioni. E’ emerso un modello di responsabilità in cui, in talune situazioni, caratterizzate dall’estraneità del rapporto sia al contratto sia al fatto illecito, il principio di tutela dell’affidamento viene alla luce fino a diventare fonte autonoma di obblighi (di coerenza, di informazione), beneficiando di regole applicative autonome, ora nella forma della clausola generale di buona fede; ora nelle forme di istituti giuridici specifici. In altre situazioni, al contrario, caratterizzate dalla prevalenza del rapporto contrattuale, persino nei confronti di terzi, oppure dalla sussistenza di un illecito civile, il principio in questione si ritira, e torna ad essere un principio orientativo. La tutela dell’affidamento come fonte autonoma di obbligazioni si rivela un’urgenza maggiormente giustificabile nei sistemi in cui persiste – per ragioni storiche - una forte atrofia della teoria della responsabilità contrattuale (common law) oppure una forte atrofia di quella extracontrattuale (sistema tedesco). In ordinamenti come il nostro in cui il sistema ‘aperto’ delle fonti (art. 1173 c.c.) lascia spazio anche ad altri atti o fatti idonei a produrre obbligazioni, l’affidamento rileva sul piano del fatto, si appoggia a regole di condotta (1337, 1338, 1439, c. 2, 1440 c.c.) che a loro volta trovano specificazione in precisi dati normativi (artt. 2339, c. 1, n. 3, 2395 c.c., codice di consumo, T.U.F.), e la sua tutela viene assicurata non in funzione dei diritti violati, ma dell’obbligo rimasto inadempiuto, a seguito di un giudizio di comparazione che valga a definire la legittimità, o l’incolpevolezza, dell’affidamento. In questa prospettiva, allora, non è l’affidamento mal riposto in sè la fonte dell’obbligazione risarcitoria; ma la violazione della regola di condotta posta a presidio dell’interesse che la volontà delle parti o l’ordinamento giuridico intendono proteggere.
2012
8814175802
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