ll presente volume “Le attività finanziarie nel diritto tributario” approfondisce gli aspetti della fiscalità finanziaria. Nel titolo si è preferito adottare il termine “attività finanziarie”, più generico rispetto alla nozione prevista dal d.lgs. n. 58/1998 (TUF) relativa agli strumenti finanziari e ai prodotti finanziari, avendo esaminato anche i profili fiscali di rapporti finanziari non cartolarizzati. Dalla riforma tributaria degli anni Settanta (l. n. 825/1971) ad oggi il regime impositivo applicabile ai redditi di natura finanziaria è stato profondamente modificato. Tuttavia è rimasta confermata, anche nel vigente Testo Unico delle Imposte sui Redditi (d.p.R. n. 917/1986 - TUIR), la tradizionale ripartizione dei redditi rivenienti dalle attività finanziarie all’interno delle categorie rispettivamente dei redditi di capitale, comprendenti interessi, utili e altri proventi, e dei redditi diversi, inclusivi delle plusvalenze e delle minusvalenze di natura finanziaria. Tale dicotomia risale ai tempi dell’istituzione dell’ottocentesca imposta di ricchezza mobile ed è stata successivamente ereditata dal decreto istitutivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (d.p.R. n. 597/1973). Con il riordino della disciplina dei redditi finanziari operata nel 1997 (d.lgs. n. 461/1997, attuativo della legge delega n. 662/1996), la categoria dei redditi di capitale non solo è stata integrata da ulteriori fattispecie imponibili, coerentemente con lo storico approccio casistico, ma è stata novellata con la previsione di una norma di chiusura volta a ricomprendervi ogni provento non aleatorio derivante da rapporti aventi per oggetto l’impiego di capitale. Anche la categoria dei redditi diversi di natura finanziaria ha subito una rilevante revisione nel 1997, con l’estensione del presupposto impositivo: i) alle plusvalenze realizzate dalle cessioni a titolo oneroso di titoli e strumenti finanziari non partecipativi; ii) ai differenziali positivi realizzati dai contratti derivati; iii) e mediante una disposizione residuale, a tutte le diverse tipologie di plusvalenze di natura finanziaria che altrimenti sarebbero sfuggite a tassazione. Per il conseguimento dei redditi diversi non è quindi più richiesto né un atto speculativo, né un atto di impiego di capitale, risultando imponibili anche i redditi derivanti dai contratti derivati. In dottrina (Gallo) si è lucidamente sostenuto che, con l’estensione dell’area di imponibilità a tutte le fattispecie di redditi diversi di natura finanziaria, si è completato il processo di affrancamento dal modello di “reddito prodotto” per giungere a ipotesi indiscutibili di “reddito entrata”, da intendersi come mero incremento di ricchezza, indipendentemente dall’esistenza di un intento speculativo qualificabile come fonte produttiva del reddito. Per effetto del d.lgs. n. 461/1997 è stato quindi perseguito il principio di onnicomprensività del prelievo tributario sui redditi di natura finanziaria. Oltre al riordino della disciplina sostanziale, le modifiche normative succedutesi nel corso degli ultimi decenni hanno interessato anche le modalità attuative del prelievo sui redditi di capitale, consistenti generalmente nell’applicazione di ritenute alla fonte a titolo di imposta e, in determinati casi, a titolo d’acconto da parte dei soggetti eroganti tali proventi (d.p.R. n. 600/1973). Infatti, da un generalizzato sistema di effettuazione della ritenuta alla fonte a titolo di imposta sugli interessi relativi alle obbligazioni (tipicamente negoziate) emesse dai cd. “grandi emittenti”, si è assistito nel 1997 al passaggio ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi prelevata dagli intermediari depositari (d. lgs. n. 239/1996). Una delle implicazioni più rilevanti di tale scelta è stata quella di liberare il mercato finanziario italiano dall’incombenza della ritenuta alla fonte da parte degli emittenti, proiettandolo verso un sistema di “negoziazione al lordo” dei titoli, in linea con gli standard dei mercati finanziari più evoluti. Il riordino operato dal d.lgs. n. 461/1997 ha comportato la possibilità per il contribuente di optare per l’applicazione di modalità semplificate di riscossione dell’imposta, tramite intermediari abilitati e senza obbligo di successiva dichiarazione, per i redditi non derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate, a condizione di intrattenere stabili rapporti con i predetti intermediari (regime opzionale del “risparmio amministrato”). Contemporaneamente, è stata introdotta la forma opzionale di tassazione sul risultato maturato di gestione per i redditi non derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate e conseguiti mediante la gestione individuale di patrimoni non relativi alle imprese, con applicazione di una imposta sostitutiva sul predetto risultato determinato al netto dei redditi affluenti alla gestione, esenti da imposta o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva o che non concorrano a formare il reddito del contribuente, per i quali rimane fermo il trattamento sostitutivo o di esenzione specificamente previsto. Il versamento dell’imposta sostitutiva sul risultato maturato è eseguito dal soggetto incaricato della gestione, tenendo conto della possibilità di compensare i risultati negativi di un periodo d’imposta con quelli positivi dei successivi periodi (regime opzionale del “risparmio gestito”). In questo modo si è ammessa per la prima volta nel sistema tributario italiano la possibilità di assoggettare ad imposizione la sommatoria algebrica dei singoli redditi di capitale e redditi diversi, che mantengono a monte la loro autonomia e distinguibilità, senza quindi pervenire ad un’entità giuridica unitaria che avrebbe ricondotto ad un nuovo e diverso presupposto imponibile. Per ragioni sistematiche l’analogo regime di imposizione sul risultato maturato di gestione è stato previsto, in via ordinaria, anche per gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) di diritto italiano, determinando però una disparità di trattamento fiscale rispetto ai proventi derivanti dalla partecipazione ai similari OICVM di diritto estero, armonizzati o meno alle direttive comunitarie, i cui proventi sono assoggettati ad imposizione soltanto in sede di percezione. Mentre per le gestioni individuali è stata tenuta ferma la tassazione sul maturato, con il passaggio alla tassazione in base alla percezione dei proventi derivanti dalla partecipazione agli OICR di diritto italiano per effetto del d.l. n. 225/2010, a decorrere dal 1° luglio 2011, le gestioni collettive del risparmio beneficiano, insieme ad altri prodotti finanziari (polizze assicurative a contenuto finanziario, titoli zero-coupon), di un trattamento fiscale più favorevole rispetto all’investimento diretto (il fenomeno del cd. tax deferral). Il complesso delle norme, che disciplinano l’imposizione diretta e indiretta degli strumenti finanziari, rappresenta ormai una branca autonoma di crescente importanza del Diritto tributario. Il mantenimento delle due categorie dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, seppur coerente con la scelta legislativa di non limitare il fenomeno impositivo soltanto ai redditi prodotti (redditi di capitale), ma di estenderla anche a tutte le manifestazioni di ricchezza finanziaria riconducibili a ipotesi di reddito entrata (redditi diversi), risulta attualmente inadeguato a cogliere la complessità e l’articolazione degli strumenti finanziari. Dopo aver descritto nel primo capitolo l’evoluzione normativa dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria e i vari tentativi di riforma ci si è soffermati sul regime fiscale delle singole attività finanziarie, per rendere più agevole la comprensione della disciplina dei redditi di natura finanziaria. Invano si è tentato di attuare l’accorpamento delle due categorie dopo la legge delega n. 80/2003 e neppure l’introduzione dell’aliquota unica sulle diverse tipologie di strumenti finanziari, prevista a decorrere dal 1° gennaio 2012 in base al d.l. n. 138/2011, interviene su questo aspetto rilevante, inibendo la possibilità di compensare redditi di capitale con minusvalenze e altri differenziali negativi, ammessa invece nel risparmio gestito (individuale e collettivo) ma non nel risparmio amministrato. È auspicabile un riordino sistematico della complessa e articolata disciplina tributaria delle attività finanziarie.

Le attività finanziarie nel diritto tributario

CORASANITI, Giuseppe
2012-01-01

Abstract

ll presente volume “Le attività finanziarie nel diritto tributario” approfondisce gli aspetti della fiscalità finanziaria. Nel titolo si è preferito adottare il termine “attività finanziarie”, più generico rispetto alla nozione prevista dal d.lgs. n. 58/1998 (TUF) relativa agli strumenti finanziari e ai prodotti finanziari, avendo esaminato anche i profili fiscali di rapporti finanziari non cartolarizzati. Dalla riforma tributaria degli anni Settanta (l. n. 825/1971) ad oggi il regime impositivo applicabile ai redditi di natura finanziaria è stato profondamente modificato. Tuttavia è rimasta confermata, anche nel vigente Testo Unico delle Imposte sui Redditi (d.p.R. n. 917/1986 - TUIR), la tradizionale ripartizione dei redditi rivenienti dalle attività finanziarie all’interno delle categorie rispettivamente dei redditi di capitale, comprendenti interessi, utili e altri proventi, e dei redditi diversi, inclusivi delle plusvalenze e delle minusvalenze di natura finanziaria. Tale dicotomia risale ai tempi dell’istituzione dell’ottocentesca imposta di ricchezza mobile ed è stata successivamente ereditata dal decreto istitutivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (d.p.R. n. 597/1973). Con il riordino della disciplina dei redditi finanziari operata nel 1997 (d.lgs. n. 461/1997, attuativo della legge delega n. 662/1996), la categoria dei redditi di capitale non solo è stata integrata da ulteriori fattispecie imponibili, coerentemente con lo storico approccio casistico, ma è stata novellata con la previsione di una norma di chiusura volta a ricomprendervi ogni provento non aleatorio derivante da rapporti aventi per oggetto l’impiego di capitale. Anche la categoria dei redditi diversi di natura finanziaria ha subito una rilevante revisione nel 1997, con l’estensione del presupposto impositivo: i) alle plusvalenze realizzate dalle cessioni a titolo oneroso di titoli e strumenti finanziari non partecipativi; ii) ai differenziali positivi realizzati dai contratti derivati; iii) e mediante una disposizione residuale, a tutte le diverse tipologie di plusvalenze di natura finanziaria che altrimenti sarebbero sfuggite a tassazione. Per il conseguimento dei redditi diversi non è quindi più richiesto né un atto speculativo, né un atto di impiego di capitale, risultando imponibili anche i redditi derivanti dai contratti derivati. In dottrina (Gallo) si è lucidamente sostenuto che, con l’estensione dell’area di imponibilità a tutte le fattispecie di redditi diversi di natura finanziaria, si è completato il processo di affrancamento dal modello di “reddito prodotto” per giungere a ipotesi indiscutibili di “reddito entrata”, da intendersi come mero incremento di ricchezza, indipendentemente dall’esistenza di un intento speculativo qualificabile come fonte produttiva del reddito. Per effetto del d.lgs. n. 461/1997 è stato quindi perseguito il principio di onnicomprensività del prelievo tributario sui redditi di natura finanziaria. Oltre al riordino della disciplina sostanziale, le modifiche normative succedutesi nel corso degli ultimi decenni hanno interessato anche le modalità attuative del prelievo sui redditi di capitale, consistenti generalmente nell’applicazione di ritenute alla fonte a titolo di imposta e, in determinati casi, a titolo d’acconto da parte dei soggetti eroganti tali proventi (d.p.R. n. 600/1973). Infatti, da un generalizzato sistema di effettuazione della ritenuta alla fonte a titolo di imposta sugli interessi relativi alle obbligazioni (tipicamente negoziate) emesse dai cd. “grandi emittenti”, si è assistito nel 1997 al passaggio ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi prelevata dagli intermediari depositari (d. lgs. n. 239/1996). Una delle implicazioni più rilevanti di tale scelta è stata quella di liberare il mercato finanziario italiano dall’incombenza della ritenuta alla fonte da parte degli emittenti, proiettandolo verso un sistema di “negoziazione al lordo” dei titoli, in linea con gli standard dei mercati finanziari più evoluti. Il riordino operato dal d.lgs. n. 461/1997 ha comportato la possibilità per il contribuente di optare per l’applicazione di modalità semplificate di riscossione dell’imposta, tramite intermediari abilitati e senza obbligo di successiva dichiarazione, per i redditi non derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate, a condizione di intrattenere stabili rapporti con i predetti intermediari (regime opzionale del “risparmio amministrato”). Contemporaneamente, è stata introdotta la forma opzionale di tassazione sul risultato maturato di gestione per i redditi non derivanti da cessioni di partecipazioni qualificate e conseguiti mediante la gestione individuale di patrimoni non relativi alle imprese, con applicazione di una imposta sostitutiva sul predetto risultato determinato al netto dei redditi affluenti alla gestione, esenti da imposta o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva o che non concorrano a formare il reddito del contribuente, per i quali rimane fermo il trattamento sostitutivo o di esenzione specificamente previsto. Il versamento dell’imposta sostitutiva sul risultato maturato è eseguito dal soggetto incaricato della gestione, tenendo conto della possibilità di compensare i risultati negativi di un periodo d’imposta con quelli positivi dei successivi periodi (regime opzionale del “risparmio gestito”). In questo modo si è ammessa per la prima volta nel sistema tributario italiano la possibilità di assoggettare ad imposizione la sommatoria algebrica dei singoli redditi di capitale e redditi diversi, che mantengono a monte la loro autonomia e distinguibilità, senza quindi pervenire ad un’entità giuridica unitaria che avrebbe ricondotto ad un nuovo e diverso presupposto imponibile. Per ragioni sistematiche l’analogo regime di imposizione sul risultato maturato di gestione è stato previsto, in via ordinaria, anche per gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) di diritto italiano, determinando però una disparità di trattamento fiscale rispetto ai proventi derivanti dalla partecipazione ai similari OICVM di diritto estero, armonizzati o meno alle direttive comunitarie, i cui proventi sono assoggettati ad imposizione soltanto in sede di percezione. Mentre per le gestioni individuali è stata tenuta ferma la tassazione sul maturato, con il passaggio alla tassazione in base alla percezione dei proventi derivanti dalla partecipazione agli OICR di diritto italiano per effetto del d.l. n. 225/2010, a decorrere dal 1° luglio 2011, le gestioni collettive del risparmio beneficiano, insieme ad altri prodotti finanziari (polizze assicurative a contenuto finanziario, titoli zero-coupon), di un trattamento fiscale più favorevole rispetto all’investimento diretto (il fenomeno del cd. tax deferral). Il complesso delle norme, che disciplinano l’imposizione diretta e indiretta degli strumenti finanziari, rappresenta ormai una branca autonoma di crescente importanza del Diritto tributario. Il mantenimento delle due categorie dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, seppur coerente con la scelta legislativa di non limitare il fenomeno impositivo soltanto ai redditi prodotti (redditi di capitale), ma di estenderla anche a tutte le manifestazioni di ricchezza finanziaria riconducibili a ipotesi di reddito entrata (redditi diversi), risulta attualmente inadeguato a cogliere la complessità e l’articolazione degli strumenti finanziari. Dopo aver descritto nel primo capitolo l’evoluzione normativa dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria e i vari tentativi di riforma ci si è soffermati sul regime fiscale delle singole attività finanziarie, per rendere più agevole la comprensione della disciplina dei redditi di natura finanziaria. Invano si è tentato di attuare l’accorpamento delle due categorie dopo la legge delega n. 80/2003 e neppure l’introduzione dell’aliquota unica sulle diverse tipologie di strumenti finanziari, prevista a decorrere dal 1° gennaio 2012 in base al d.l. n. 138/2011, interviene su questo aspetto rilevante, inibendo la possibilità di compensare redditi di capitale con minusvalenze e altri differenziali negativi, ammessa invece nel risparmio gestito (individuale e collettivo) ma non nel risparmio amministrato. È auspicabile un riordino sistematico della complessa e articolata disciplina tributaria delle attività finanziarie.
2012
9788823891173
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