A regolare l'offerta e la domanda dei servizi professionali, soprattutto in campo sanitario, ma non solo, sono intervenuti, storicamente, lo Stato, il mercato e la comunità dei professionisti. Tale coinvolgimento professionale, tuttavia, non comporta necessariamente la conservazione, almeno nell’attuale forma, degli ordini professionali. Al contrario, non sarebbe inconcepibile una loro sostituzione, o quanto meno una loro ibridazione feconda, con delle associazioni volontarie, sul modello delle qualifying associations del mondo anglo-americano. Esisterebbe, allora, più di un’associazione per ogni professione e ognuna sarebbe libera di determinare i criteri e gli standard per l’ammissione dei propri aderenti. Per questa via si potrebbe innescare un circolo “virtuoso” fra l’esigenza delle associazioni professionali di acquisire un prestigio e una reputazione differenziali, l’ovvio interesse dei professionisti a farne parte, un conseguente miglioramento degli standard morali e di competenza degli iscritti e gli effetti positivi che potrebbero derivarne a coloro che utilizzano i servizi professionali. Come riferimento teorico delle qualifying associations viene proposto il modello weberiano delle sette protestanti, elaborato fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo. Il comportamento individuale cambia profondamente a secondo che si faccia parte di una chiesa o di una setta. Nella chiesa si nasce e si è sempre ben accolti, mentre nelle sette si è ammessi e si può essere espulsi qualora un certo comportamento non rispetti più gli standard stabiliti. Ne consegue che le sette, più della chiesa, stimolano un comportamento virtuoso dei propri seguaci. Ecco perché associazioni professionali che abbiano una struttura istituzionale e una forma organizzativa simile alle sette potrebbero innalzare gli standard di competenza tecnico-scientifica e favorire comportamenti eticamente più rigorosi nei propri iscritti.
Il professionalismo medico fra Chiesa e sette
SPERANZA, Lorenzo
2013-01-01
Abstract
A regolare l'offerta e la domanda dei servizi professionali, soprattutto in campo sanitario, ma non solo, sono intervenuti, storicamente, lo Stato, il mercato e la comunità dei professionisti. Tale coinvolgimento professionale, tuttavia, non comporta necessariamente la conservazione, almeno nell’attuale forma, degli ordini professionali. Al contrario, non sarebbe inconcepibile una loro sostituzione, o quanto meno una loro ibridazione feconda, con delle associazioni volontarie, sul modello delle qualifying associations del mondo anglo-americano. Esisterebbe, allora, più di un’associazione per ogni professione e ognuna sarebbe libera di determinare i criteri e gli standard per l’ammissione dei propri aderenti. Per questa via si potrebbe innescare un circolo “virtuoso” fra l’esigenza delle associazioni professionali di acquisire un prestigio e una reputazione differenziali, l’ovvio interesse dei professionisti a farne parte, un conseguente miglioramento degli standard morali e di competenza degli iscritti e gli effetti positivi che potrebbero derivarne a coloro che utilizzano i servizi professionali. Come riferimento teorico delle qualifying associations viene proposto il modello weberiano delle sette protestanti, elaborato fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del secolo successivo. Il comportamento individuale cambia profondamente a secondo che si faccia parte di una chiesa o di una setta. Nella chiesa si nasce e si è sempre ben accolti, mentre nelle sette si è ammessi e si può essere espulsi qualora un certo comportamento non rispetti più gli standard stabiliti. Ne consegue che le sette, più della chiesa, stimolano un comportamento virtuoso dei propri seguaci. Ecco perché associazioni professionali che abbiano una struttura istituzionale e una forma organizzativa simile alle sette potrebbero innalzare gli standard di competenza tecnico-scientifica e favorire comportamenti eticamente più rigorosi nei propri iscritti.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.