La denuncia della profonda crisi del nostro Parlamento, su cui molti illustri costituzionalisti convergono, dovrebbe comportare una radicale revisione dei termini del dibattito ormai annoso sull’assetto costituzionale italiano, mettendo fine ai progetti di ridimensionamento della “centralità del Parlamento” e di rafforzamento dell’Esecutivo, duplice ma unitario obiettivo perseguito da lungo tempo e in fine realizzatosi in misura soverchia. L’esito del rafforzamento del Governo a scapito del Parlamento (perseguito come finalità esplicita nelle proposte di revisione costituzionale avanzate – in vero – da più parti politiche) si è prodotto in assenza di esplicite modifiche della Costituzione. Limitandosi ad un’analisi sul piano politico-istituzionale, tralasciando dunque le cause di ordine culturale, sociale ed economico, tale “ribaltone” nei rapporti tra Parlamento e Governo, agevolato dal diffondersi di una mistificata “cultura del maggioritario”, è stato realizzato attraverso interventi sulla legislazione elettorale per la formazione delle Camere politiche, modellati su formule sperimentali già rodate con riferimento prima ai consigli degli enti locali e poi a quelli delle Regioni ed ispirati alla modellistica del c.d. neoparlamentarismo. L’impressione è che i nuovi sistemi per l’elezione delle Camere non solo hanno finito con l’indebolire la forma di governo parlamentare, che pure trova il suo fondamento in una fonte gerarchicamente superiore a quella, di rango legislativo, che li ha introdotti, ma, alla fine, hanno anche contribuito a deteriorare lo stesso tessuto democratico del Paese. La riflessione, partendo dalle ragioni che giustificano la centralità del Parlamento nelle democrazie occidentali (al di là delle differenti forme di governo sviluppatesi nei diversi contesti storici) e dalla considerazione che il carattere rappresentativo del Parlamento costituisca il presupposto legittimante l’esercizio di tutte le funzioni costituzionali ad esso attribuite, si sofferma quindi necessariamente sui meccanismi che presiedono alla costruzione del rapporto rappresentativo tra i parlamentari eletti e i cittadini elettori, e dunque sui sistemi elettorali. La tesi che si vuole sostenere è che l’attuale legge elettorale italiana, soprattutto a causa di due congegni che ne segnano le modalità di funzionamento (le c.d. liste bloccate e l’attribuzione al vincitore di un premio di maggioranza), ha comportato una degradazione del processo democratico, dal momento che ha indebolito la possibilità di costruire un rapporto di rappresentanza reale tra i cittadini e il Parlamento.
L'eclissi della rappresentanza all'origine della crisi del Parlamento italiano
SPADACINI, Lorenzo
2009-01-01
Abstract
La denuncia della profonda crisi del nostro Parlamento, su cui molti illustri costituzionalisti convergono, dovrebbe comportare una radicale revisione dei termini del dibattito ormai annoso sull’assetto costituzionale italiano, mettendo fine ai progetti di ridimensionamento della “centralità del Parlamento” e di rafforzamento dell’Esecutivo, duplice ma unitario obiettivo perseguito da lungo tempo e in fine realizzatosi in misura soverchia. L’esito del rafforzamento del Governo a scapito del Parlamento (perseguito come finalità esplicita nelle proposte di revisione costituzionale avanzate – in vero – da più parti politiche) si è prodotto in assenza di esplicite modifiche della Costituzione. Limitandosi ad un’analisi sul piano politico-istituzionale, tralasciando dunque le cause di ordine culturale, sociale ed economico, tale “ribaltone” nei rapporti tra Parlamento e Governo, agevolato dal diffondersi di una mistificata “cultura del maggioritario”, è stato realizzato attraverso interventi sulla legislazione elettorale per la formazione delle Camere politiche, modellati su formule sperimentali già rodate con riferimento prima ai consigli degli enti locali e poi a quelli delle Regioni ed ispirati alla modellistica del c.d. neoparlamentarismo. L’impressione è che i nuovi sistemi per l’elezione delle Camere non solo hanno finito con l’indebolire la forma di governo parlamentare, che pure trova il suo fondamento in una fonte gerarchicamente superiore a quella, di rango legislativo, che li ha introdotti, ma, alla fine, hanno anche contribuito a deteriorare lo stesso tessuto democratico del Paese. La riflessione, partendo dalle ragioni che giustificano la centralità del Parlamento nelle democrazie occidentali (al di là delle differenti forme di governo sviluppatesi nei diversi contesti storici) e dalla considerazione che il carattere rappresentativo del Parlamento costituisca il presupposto legittimante l’esercizio di tutte le funzioni costituzionali ad esso attribuite, si sofferma quindi necessariamente sui meccanismi che presiedono alla costruzione del rapporto rappresentativo tra i parlamentari eletti e i cittadini elettori, e dunque sui sistemi elettorali. La tesi che si vuole sostenere è che l’attuale legge elettorale italiana, soprattutto a causa di due congegni che ne segnano le modalità di funzionamento (le c.d. liste bloccate e l’attribuzione al vincitore di un premio di maggioranza), ha comportato una degradazione del processo democratico, dal momento che ha indebolito la possibilità di costruire un rapporto di rappresentanza reale tra i cittadini e il Parlamento.File | Dimensione | Formato | |
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