Lo scritto – collocato in una delle più diffuse collane di testi collettanei in materia di diritto della famiglia – esamina uno dei profili problematici maggiormente complessi, ancora al centro del dibattito in seguito all’entrata in vigore della legge sull’affidamento condiviso e già oggetto di analisi in altri precedenti scritti dell’autore (M. PALADINI, L’abitazione della casa familiare nell’affidamento condiviso, in Famiglia e Diritto, 2006, 3, 329-336). Il saggio si sofferma, in particolare, sul problema dei rimedi avverso gli atti di alienazione della casa familiare finalizzati a frustrare gli effetti del provvedimento di assegnazione nella separazione o nel divorzio. Il problema di come tutelare tale diritto si pone, anzitutto, prima che sia emesso il provvedimento giudiziale di assegnazione, per prevenire atti di disposizione del bene in data antecedente all’udienza di comparizione avanti al Presidente del Tribunale. Il legislatore ha omesso, invero, di prevedere che, in simmetria con la trascrizione del provvedimento di assegnazione, possa essere trascritta la domanda di assegnazione, secondo il noto modello della pubblicità prenotativa (artt. 2652-2653 cod. civ.). La questione è stata esaminata e variamente risolta in giurisprudenza, ma la questione sollevata dinanzi alla Corte Costituzionale è stata ritenuta per ben due volte inammissibile per questione meramente di rito. Neppure è risultata percorribile la via alternativa di richieste di provvedimenti cautelari (artt. 669 bis ss. cod. proc. civ.), come, ad esempio, il sequestro giudiziario dell’immobile o il provvedimento d’urgenza (art. 700 cod. proc. civ.) anticipatorio dell’assegnazione. La giurisprudenza si è pronunciata in senso contrario sia nell’uno che nell’altro caso. Neppure risultano percorribili – secondo la giurisprudenza – i possibili rimedi successivi volti a “recuperare” il bene immobile o a gravare l’alienante di conseguenze sfavorevoli a causa della sua condotta, come le azioni di nullità, simulazione o revocazione avverso l’atto di alienazione della casa familiare. Resta da considerare la prospettiva risarcitoria, posto che l’alienazione in vista della futura assegnazione è caratterizzata dalla consapevolezza di pregiudicare gli interessi della prole destinataria e beneficiaria del provvedimento. L’inapplicabilità del rimedio ex art. 709 ter cod. proc. civ. prima dell’effettivo provvedimento di assegnazione non preclude la qualificazione dell’atto di alienazione come una violazione dell’obbligo di osservare l’accordo sull’indirizzo della vita familiare, che ha condotto alla scelta e all’instaurazione della convivenza familiare all’interno di un determinato immobile. Ciò comporta, pertanto – qualora non si ritenga di aderire alla qualificazione dell’obbligo risarcitorio per violazione dei doveri familiari in termini di responsabilità “contrattuale” − il ricorso all’azione ordinaria di risarcimento del danno (art. 2043 cod. civ.) per far valere quella che può essere fondatamente definita come un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale da contratto, posto che è proprio il contratto di alienazione a pregiudicare l’interesse sostanziale dei figli a mantenere l’ambiente di vita e di crescita in concomitanza con la crisi familiare.
Gli atti di alienazione della casa familiare
PALADINI, Mauro
2010-01-01
Abstract
Lo scritto – collocato in una delle più diffuse collane di testi collettanei in materia di diritto della famiglia – esamina uno dei profili problematici maggiormente complessi, ancora al centro del dibattito in seguito all’entrata in vigore della legge sull’affidamento condiviso e già oggetto di analisi in altri precedenti scritti dell’autore (M. PALADINI, L’abitazione della casa familiare nell’affidamento condiviso, in Famiglia e Diritto, 2006, 3, 329-336). Il saggio si sofferma, in particolare, sul problema dei rimedi avverso gli atti di alienazione della casa familiare finalizzati a frustrare gli effetti del provvedimento di assegnazione nella separazione o nel divorzio. Il problema di come tutelare tale diritto si pone, anzitutto, prima che sia emesso il provvedimento giudiziale di assegnazione, per prevenire atti di disposizione del bene in data antecedente all’udienza di comparizione avanti al Presidente del Tribunale. Il legislatore ha omesso, invero, di prevedere che, in simmetria con la trascrizione del provvedimento di assegnazione, possa essere trascritta la domanda di assegnazione, secondo il noto modello della pubblicità prenotativa (artt. 2652-2653 cod. civ.). La questione è stata esaminata e variamente risolta in giurisprudenza, ma la questione sollevata dinanzi alla Corte Costituzionale è stata ritenuta per ben due volte inammissibile per questione meramente di rito. Neppure è risultata percorribile la via alternativa di richieste di provvedimenti cautelari (artt. 669 bis ss. cod. proc. civ.), come, ad esempio, il sequestro giudiziario dell’immobile o il provvedimento d’urgenza (art. 700 cod. proc. civ.) anticipatorio dell’assegnazione. La giurisprudenza si è pronunciata in senso contrario sia nell’uno che nell’altro caso. Neppure risultano percorribili – secondo la giurisprudenza – i possibili rimedi successivi volti a “recuperare” il bene immobile o a gravare l’alienante di conseguenze sfavorevoli a causa della sua condotta, come le azioni di nullità, simulazione o revocazione avverso l’atto di alienazione della casa familiare. Resta da considerare la prospettiva risarcitoria, posto che l’alienazione in vista della futura assegnazione è caratterizzata dalla consapevolezza di pregiudicare gli interessi della prole destinataria e beneficiaria del provvedimento. L’inapplicabilità del rimedio ex art. 709 ter cod. proc. civ. prima dell’effettivo provvedimento di assegnazione non preclude la qualificazione dell’atto di alienazione come una violazione dell’obbligo di osservare l’accordo sull’indirizzo della vita familiare, che ha condotto alla scelta e all’instaurazione della convivenza familiare all’interno di un determinato immobile. Ciò comporta, pertanto – qualora non si ritenga di aderire alla qualificazione dell’obbligo risarcitorio per violazione dei doveri familiari in termini di responsabilità “contrattuale” − il ricorso all’azione ordinaria di risarcimento del danno (art. 2043 cod. civ.) per far valere quella che può essere fondatamente definita come un’ipotesi di responsabilità extracontrattuale da contratto, posto che è proprio il contratto di alienazione a pregiudicare l’interesse sostanziale dei figli a mantenere l’ambiente di vita e di crescita in concomitanza con la crisi familiare.File | Dimensione | Formato | |
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