L’obiettivo del lavoro è quello di contestualizzare i modelli di previsione delle insolvenze aziendali più diffusi nella letteratura all’attuale situazione economica. Ciò è stato necessario in quanto i più rilevanti modelli di previsione delle insolvenze risalgono agli anni Settanta e, in particolare, sono stati creati sulla base di un contesto economico differente rispetto a quello attuale. La motivazione del presente lavoro è collegata alla necessità di avviare senza indugio i processi di risanamento e/o ristrutturazione dei debiti al verificarsi dei primi segnali di crisi, prima che questa comprometta il rapporto con gli stakeholder e la continuità aziendale. Emerge, quindi, la necessità di selezionare, tra gli strumenti di previsione dell’insolvenza aziendale, quelli in grado di garantire – per il contesto economico attuale – elevati livelli di tempestività nella previsione, limitata soggettività nell’interpretazione dei risultati, facilità e limitato costo del loro utilizzo. In aggiunta, la formalizzazione di alcuni modelli aggiornati di previsione dell’insolvenza aziendale si allinea all’esigenza di strutturare una serie di procedure di allerta anche sollecitate dalla “Legge di riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza” n. 155 del 19 ottobre 2017 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 ottobre 2017, seguita dalla bozza dei decreti di attuazione della Legge predisposti dalle Commissioni ministeriali incaricate (ad oggi, non ancora approvati dal Parlamento). La letteratura in materia di modelli di previsione delle insolvenze aziendali si è focalizzata marcatamente sulla definizione e modalità di funzionamento degli stessi. I modelli sono stati distinti in due differenti categorie: non model based (ossia modelli empirici) e model based (ossia modelli teorici). La prima categoria identifica lo stato di default facendo ricorso ai dati di bilancio delle imprese insolventi, osservati sotto gli aspetti patrimoniali, finanziari ed economici. Più nello specifico, tali modelli individuano una serie di variabili utili per la previsione dell’insolvenza, seppur con la consapevolezza che esistono differenze significative tra aziende in condizioni normali di operatività e aziende insolventi. Al contrario, la seconda categoria comprende i modelli teorici di previsione dell’insolvenza aziendale, ai quali fanno parte sia i modelli .strutturali sia quelli in forma ridotta. Se i modelli strutturali permettono di evidenziare la probabilità di default dell’azienda tenendo in considerazione l’evoluzione della struttura patrimoniale, quelli in forma ridotta considerano lo stato di insolvenza aziendale come un evento esterno rispetto alla sua struttura patrimoniale, finanziaria ed economica, attribuendo la ragione del default a questioni che riguardano il mercato. I modelli esistenti nella letteratura (model based e non model based) ed analizzati nella loro versione originale si caratterizzano per un modesto grado di affidabilità se applicati al contesto attuale, poiché essi sono stati creati in specifici ambiti spazio-temporali non allineabili alla corrente situazione economica. Infatti, essi stati costruiti sulla base dei bilanci di aziende americane di medio-grandi dimensione degli anni Settanta. L’opera si articola in cinque capitoli. Il primo capitolo fornisce un inquadramento del fenomeno della crisi d’impresa, alla luce del mutato concetto del fenomeno e del suo processo di normalizzazione nella vita aziendale. In aggiunta, l’analisi dei tipici sintomi della crisi, di natura qualitativa e quantitativa, ha permesso di delineare una panoramica dei segnali di allerta che può favorire il processo di previsione delle insolvenze aziendali. Il secondo capitolo è dedicato all’analisi degli strumenti di previsione della crisi. La classificazione dei modelli ha permesso di abbinare ogni singolo strumento di previsione al sintomo rilevato, collocando il ragionamento alle differenti fasi di maturazione di una circostanza di crisi. Il terzo capitolo, invece, compie una approfondita trattazione teorica dei modelli di previsione delle insolvenze aziendali, esaminandone le peculiarità, nonché i punti di forza e di debolezza di ognuno. L’indagine empirica, invece, viene posta in essere nei capitoli quattro e cinque. In particolare, il capitolo quattro indaga l’efficacia e i limiti dei modelli di previsione dell’insolvenza aziendale e, successivamente, giunge ad una proposta di miglioramento del modello di Altman (1983) – tra i più diffusi nella letteratura – applicato ad un campione di aziende italiane operanti nel settore manifatturiero. La metodologia implementata ha consentito l’ottenimento di un buona capacità predittiva sui campioni di riferimento. Il capitolo quinto, invece, estende l’indagine empirica con l’obiettivo di verificare la bontà della metodologia impiegata nel capitolo quattro in una logica settoriale e geografica. Infatti, la versione adattata ed aggiornata del modello di Altman (1983) – formulata per il settore manifatturiero nel capitolo quarto – viene applicata a settori economici italiani differenti da quello della manifattura e a Paesi europei diversi dall’Italia.

I modelli di previsione dell’insolvenza aziendale. Efficacia predittiva, limiti e prospettive di utilizzo

Alberto Mazzoleni
2018-01-01

Abstract

L’obiettivo del lavoro è quello di contestualizzare i modelli di previsione delle insolvenze aziendali più diffusi nella letteratura all’attuale situazione economica. Ciò è stato necessario in quanto i più rilevanti modelli di previsione delle insolvenze risalgono agli anni Settanta e, in particolare, sono stati creati sulla base di un contesto economico differente rispetto a quello attuale. La motivazione del presente lavoro è collegata alla necessità di avviare senza indugio i processi di risanamento e/o ristrutturazione dei debiti al verificarsi dei primi segnali di crisi, prima che questa comprometta il rapporto con gli stakeholder e la continuità aziendale. Emerge, quindi, la necessità di selezionare, tra gli strumenti di previsione dell’insolvenza aziendale, quelli in grado di garantire – per il contesto economico attuale – elevati livelli di tempestività nella previsione, limitata soggettività nell’interpretazione dei risultati, facilità e limitato costo del loro utilizzo. In aggiunta, la formalizzazione di alcuni modelli aggiornati di previsione dell’insolvenza aziendale si allinea all’esigenza di strutturare una serie di procedure di allerta anche sollecitate dalla “Legge di riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza” n. 155 del 19 ottobre 2017 pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 30 ottobre 2017, seguita dalla bozza dei decreti di attuazione della Legge predisposti dalle Commissioni ministeriali incaricate (ad oggi, non ancora approvati dal Parlamento). La letteratura in materia di modelli di previsione delle insolvenze aziendali si è focalizzata marcatamente sulla definizione e modalità di funzionamento degli stessi. I modelli sono stati distinti in due differenti categorie: non model based (ossia modelli empirici) e model based (ossia modelli teorici). La prima categoria identifica lo stato di default facendo ricorso ai dati di bilancio delle imprese insolventi, osservati sotto gli aspetti patrimoniali, finanziari ed economici. Più nello specifico, tali modelli individuano una serie di variabili utili per la previsione dell’insolvenza, seppur con la consapevolezza che esistono differenze significative tra aziende in condizioni normali di operatività e aziende insolventi. Al contrario, la seconda categoria comprende i modelli teorici di previsione dell’insolvenza aziendale, ai quali fanno parte sia i modelli .strutturali sia quelli in forma ridotta. Se i modelli strutturali permettono di evidenziare la probabilità di default dell’azienda tenendo in considerazione l’evoluzione della struttura patrimoniale, quelli in forma ridotta considerano lo stato di insolvenza aziendale come un evento esterno rispetto alla sua struttura patrimoniale, finanziaria ed economica, attribuendo la ragione del default a questioni che riguardano il mercato. I modelli esistenti nella letteratura (model based e non model based) ed analizzati nella loro versione originale si caratterizzano per un modesto grado di affidabilità se applicati al contesto attuale, poiché essi sono stati creati in specifici ambiti spazio-temporali non allineabili alla corrente situazione economica. Infatti, essi stati costruiti sulla base dei bilanci di aziende americane di medio-grandi dimensione degli anni Settanta. L’opera si articola in cinque capitoli. Il primo capitolo fornisce un inquadramento del fenomeno della crisi d’impresa, alla luce del mutato concetto del fenomeno e del suo processo di normalizzazione nella vita aziendale. In aggiunta, l’analisi dei tipici sintomi della crisi, di natura qualitativa e quantitativa, ha permesso di delineare una panoramica dei segnali di allerta che può favorire il processo di previsione delle insolvenze aziendali. Il secondo capitolo è dedicato all’analisi degli strumenti di previsione della crisi. La classificazione dei modelli ha permesso di abbinare ogni singolo strumento di previsione al sintomo rilevato, collocando il ragionamento alle differenti fasi di maturazione di una circostanza di crisi. Il terzo capitolo, invece, compie una approfondita trattazione teorica dei modelli di previsione delle insolvenze aziendali, esaminandone le peculiarità, nonché i punti di forza e di debolezza di ognuno. L’indagine empirica, invece, viene posta in essere nei capitoli quattro e cinque. In particolare, il capitolo quattro indaga l’efficacia e i limiti dei modelli di previsione dell’insolvenza aziendale e, successivamente, giunge ad una proposta di miglioramento del modello di Altman (1983) – tra i più diffusi nella letteratura – applicato ad un campione di aziende italiane operanti nel settore manifatturiero. La metodologia implementata ha consentito l’ottenimento di un buona capacità predittiva sui campioni di riferimento. Il capitolo quinto, invece, estende l’indagine empirica con l’obiettivo di verificare la bontà della metodologia impiegata nel capitolo quattro in una logica settoriale e geografica. Infatti, la versione adattata ed aggiornata del modello di Altman (1983) – formulata per il settore manifatturiero nel capitolo quarto – viene applicata a settori economici italiani differenti da quello della manifattura e a Paesi europei diversi dall’Italia.
2018
9788892118348
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11379/513749
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact