Le indagini epidemiologiche e psicosociali della ricerca internazionale evidence-based sulle morti perinatali concordano sulla terminologia perinatal loss, nel riferimento al concetto di perdita, per la morte del bimbo in gravidanza e nei primi giorni di vita, e grief o complicated grief per indicare il dolore dei genitori connesso a disturbi come depressione, ansia, stress: sul concetto di “lutto perinatale” si rilevano però ambiguità e contraddizioni e su questo aspetto vorremmo riprendere alcune riflessioni nella prospettiva della nostra Psicologia Clinica Perinatale.La perdita di una persona cara comporta dolore la cui intensità varia a seconda di molteplici fattori, come aspettative, motivazioni (Parkes, 2000), caratteristiche di personalità, esperienze individuali; sono implicati significati simbolici connessi alla morte e aspetti del contesto sociale e culturale (Love, 2007). Quando viene a mancare una persona cara è necessario che venga attivato per l’individuo un processo di lutto, l’accettazione della nuova realtà a seguito della perdita di quelle persona e del legame con lei, con un adattamento alla situazione e una profonda ristrutturazione interiore, e con la collocazione affettiva della persona perduta in un luogo “interno”, meno doloroso e più funzionale a una ripresa dei contatti con il mondo esterno (Lombardo et al., 2014). Ogni evento di morte viene considerato una “transizione psicosociale”, che ognuno nel suo ciclo di vita può dover affrontare (Parkes, 1971). A livello internazionale sono operanti gruppi scientifici di “Death Study” e “Death Education”, che stanno sviluppando prospettive multidisciplinari e transculturali di ricerca, clinica e formazione di professionisti e operatori socio-sanitari, che possano essere preparati ad affrontare e a dedicare “cura” ai diversi aspetti della morte e dei suoi risvolti individuali, sociali, psicologici, istituzionali. Nell’ambito della associazione nazionale di psicologia AIP è stato costituito un “Gruppo tematico: Psicologia delle relazioni di fine-vita, lutto, perdita e morte”, con una sezione di studio e di ricerca dedicata al “Lutto perinatale” (Cena). In letteratura i Death Study e le indicazioni della Death Education evidenziano come in un lutto, più è definito il legame ed il processo di realizzazione della morte, meno complicata potrebbe esserne la elaborazione: nel lutto perinatale questi aspetti sono ancora molto sfumati e poco individuabili. Il processo del lutto viene inteso e descritto in letteratura con prospettive teoriche e di intervento diverse: in ambito psicosociale si tratta prevalentemente l’elaborazione della perdita attraverso l’evoluzione del dolore (grief).Il lutto considerato una risposta naturale alla morte di una persona cara, è un’esperienza che implica notevoli variazioni individuali di sentimenti e reazioni emozionali e comportamentali differenti, in intensità e durata, in riferimento anche al gruppo culturale di appartenenza (Silver, Wortman, 2007).I vissuti inerenti al “lutto” si sviluppano attraverso un “processo” che può oscillare tra momenti di maggiore consapevolezza e momenti di diniego o rimozione circa la dolorosa realtà della perdita, nonché desiderio di rivedere/riavere la persona scomparsa. Il processo di lutto può comportare intenso dolore, disturbi emozionali, cognitivi, sociali e comportamentali con profondi stati di angoscia e di comportamento disfunzionale, shock, rabbia per la perdita, senso di colpa, rammarico, ansia, paura, senso di solitudine, infelicità, depressione, immagini intrusive, depersonalizzazione e sensazione di essere sopraffatti. Nel processo di lutto l’esperienza del dolore si mescola e si può alternare a sentimenti positivi, senso di sollievo, gioia, pace e serenità che possono paradossalmente evocare, a loro volta, emozioni negative o sensi di colpa.Con “lutto” (dal latino lugere = piangere) perinatale intendiamo qualcosa di profondo: è consapevolezza della perdita, dell’aver perduto per sempre un legame affettivo, è “cordoglio” (dal latino cordis dolium = dolore del cuore), dispiacere, afflizione. Attraverso la com-passione (cum-patire), è possibile partecipare al dolore per la perdita, consolare (con-solazione), non lasciare soli i genitori, dar loro conforto (etimo latino rendere forte). Queste funzioni sono propedeutiche ad una metabolizzazione più profonda delle angosce di morte per l’oggetto d’amore perduto: nel “lutto” è necessario riattivare rappresentazioni (mediante ricordi) e riparazioni con nuovi progetti vitali, orientati ad una nuova generatività e genitorialità. In ambito psicosociale a seguito di perinatal death si propongono interventi di supporto ai genitori (Koopmans et al., 2013) per ridurre le sintomatologie depressive, ansiose, di stress (Crispus et al., 2015): la ricerca evidence based monitora le psychosocial consequences (Heazell et al., 2016). Sono studiate le procedure di management per gli interventi da applicare nei servizi (RCPI Clical Practice Guideline No. 4 2013) di care (Mills et al., 2014), di meanigfull care (Peters et al., 2016). Tuttavia nella ricerca evidence based resta in ombra come vengano indagati e come siano metabolizzati, nelle madri e nei padri, quegli ineffabili affetti ed effetti emozionali interiori profondi non rilevabili ad un livello manifesto e di consapevolezza. Nella nostra Psicologia Clinica Perinatale l’attenzione è rivolta agli affetti e alla entità degli effetti sulla struttura affettiva, nella sofferenza emozionale (emotional suffering) dei genitori: il riferimento alla necessità di una care, come conforto del dolore e del “prendersi cura” di questa sofferenza, andrebbe collocata nel quadro di un metabolismo interiore e individuale del lutto perinatale. Negli interventi ad orientamento psicodinamico e psicoanalitico si fa riferimento a una metabolizzazione delle angosce di morte verso una riparatività che dovrebbe approdare in una nuova generatività e genitorialità. Metabolizzazione della sofferenza implica una tras-formazione della sofferenza, un cambiamento, dare una nuova forma: lutto è piangere ed elaborare ricordi per serbare memoria di quello che è stato, e “ripensare” a nuovi percorsi generativi e genitoriali. Se per avversi percorsi della filiazione non sarà possibile alla coppia generare nuovamente per vie biologiche e fisiologiche, tuttavia possono essere percorse altre molteplici vie che comportano genitorialità (affidi, adozioni). È qui che si dispiega il futuro: in effetti transgenerazionali attraverso la cultura e l’epigenetica. Per la donna c’è un legame fisico col bambino in gravidanza, c’è un vissuto corporeo, intenso durante il parto e nel puerperio: con la morte perinatale la maternità viene “interrotta” anche fisicamente (Bulleri, De Marco, 2013), la madre dovrà elaborare il lutto della sua maternità con “quel” figlio lì, precocemente abortito, non nato, o morto dopo il parto, attraverso la consapevolezza che questa morte è reale: nei casi di stillbirth, le azioni indispensabili alla conclusione della gestazione, come il travaglio e il parto con espulsione del bambino, l’interruzione della produzione di latte e la cura per il proprio corpo, sono una prova di realtà ineluttabile . Intendiamo il lutto perinatale come un processo complesso: un primo lutto è quello della donna che ha perso con il figlio la sua identità di madre; nel suo corpo, incarnata, la drammatica rappresentazione funebre. Nei casi di stillbirth spesso si deve affrontare un travaglio e un parto “per niente”; per non avere niente. Un secondo lutto è quello della coppia: la generatività e spesso anche la genitorialità non si sono realizzate, la culla resta vuota; i ruoli di maternità e paternità sono mancati. Un terzo lutto è antropologico: transgenerazionale, nell’albero genealogico della famiglia non c’ è futuro. Per le suddette ragioni, alla terminologia di bereavement preferiamo utilizzare quella di mourning, più vicina a rappresentare i vissuti emozionali complessi e articolati connessi alla esperienza affettiva luttuosa perinatale: il termine mour “pianto”, ed espressioni come mournfulness, rendono meglio ragione degli affetti e della sofferenza emozionale, nelle molteplici vie della relativa rielaborazione, con i processi di mourning, rimpianto (Cazzaniga, 2002; Parkes, 1972), in cui si può includere la rappresentazione delle espressioni sociali, attraverso ricordi, segni, simboli, comportamenti e rituali (come la scelta di un colore simbolico del lutto), che veicolano significati interiori nei comportamenti sociali, peculiari di ogni cultura e religione e funzionali alla legittimazione del lutto individuale. I rituali nel lutto perinatale sembrano aumentare la sofferenza per entrambi i genitori, ma possono tuttavia diventare memorie concrete e facilitare l’elaborazione del ricordo, con il coinvolgimento di tutto il nucleo familiare, anche dei fratelli. L’ambito di un collettivo ha effetti sulla metabolizzazione successiva. Metabolizzazione del lutto non vuol dire non pensarci più, non ricordare più, cancellare dalla memoria una esperienza: significa tras-formare la memoria. Potranno essere creati spazi “narrativi” in luoghi e contesti di scrittura in cui i genitori possano raccontarsi e altrettanti spazi di ascolto con operatori o altri genitori che possano aiutarli a collocare e rielaborare i propri vissuti. Gruppi di narrazione e mutuo aiuto con psicologi clinici perinatali. Anche i fratellini, i nonni o i parenti stretti dovrebbero poter vedere e salutare il bimbo, partecipare al lutto familiare. Intraprendere un processo di elaborazione del lutto e della sofferenza è sentire che il proprio dolore viene riconosciuto: elaborazione nella coppia, con la coppia, nella famiglia, anche se i vissuti potranno essere molto diversi: i fratelli ad esempio attraverso domande cercano di capire inconsapevolmente se qualcosa di tremendo potrebbe anche accadere loro all’improvviso Psicologi perinatali possono rendersi disponibili ad accogliere i genitori in lutto perché possano esprimere quella sofferenza psichica spesso indicibile, soggettiva e unica per ogni coppia. Devono poter essere individuati, dalla clinica e dalla ricerca, indicatori predittivi nella storia dei genitori che consentano loro di comprendere la evoluzione del proprio lutto perinatale. La donna in particolare deve poter rielaborare i propri dolorosi “ricordi corporei” incarnati del dramma. Nella metabolizzazione del lutto, la “riparazione” deve poter essere obiettivo e fulcro della cura: a partire dal momento del trauma del tragico disvelamento diagnostico, deve poter essere progressivamente ricostruita una sintonia tra gli stati della mente dei due genitori, nel rapporto tra realtà interna e realtà esterna, perché ciò che può essere stato allontanato, o che si è bloccato o scisso, dissociato possa essere ricomposto e integrato nella propria vita, in un nuovo riequilibrio. La medicina narrativa può essere di grande aiuto per la cura dei ricordi e l’allontanamento dei fantasmi. Il “fantasma nella stanza dei bambini” (Fraiberg et al., 1975), parafrasando la Fraiberg dovrà lasciare il posto a un nuovo bimbo che potrà nascere, e che non dovrà essere “al posto di” qualcun altro che non c’è più, ma avere una propria identità. Ci sono donne che credono che un’immediata altra gravidanza possa ridurre la sofferenza, tuttavia gli studi concordano che sia necessario un lutto, che richiede tempi individuali. Ricerche in letteratura segnalano che un lutto perinatale non risolto può avere importanti ripercussioni sulla relazione che le madri e i genitori avranno con i figli nati successivamente e influire sulla loro salute mentale (Zeanah, Harmon, 1995). Il processo di lutto è doloroso ma necessario alla coppia dei genitori: il dolore tuttavia può essere insostenibile e la coppia può decidere di avere subito un altro figlio per allontanare quanto prima la sofferenza. Si verifica spesso in questi casi che la difesa prospettata si riveli una illusione, ed anzi aumenti il rischio che il nuovo nato diventi soltanto il “sostituto” di quello perduto e mai percepito con una propria identità (Bourne, Lewis, 1984). Se il processo del lutto non è avvenuto il nuovo nato dovrà farsi carico del fantasma del fratello perduto (Thomas, 1985): è questo un grave rischio per lo sviluppo psichico di un bambino, futuro adulto. Questa modalità viene spiegata da alcuni autori come la “sindrome del bambino sostituto” (Cain, Cain, 1964), con il pericoloso ma frequente atteggiamento genitoriale di tenere il nuovo bambino vicino a sé in un rapporto basato sull’iperprotettività e narcisismo del genitore.

Cena Loredana Il lutto perinatale

Cena Loredana
Writing – Review & Editing
2018-01-01

Abstract

Le indagini epidemiologiche e psicosociali della ricerca internazionale evidence-based sulle morti perinatali concordano sulla terminologia perinatal loss, nel riferimento al concetto di perdita, per la morte del bimbo in gravidanza e nei primi giorni di vita, e grief o complicated grief per indicare il dolore dei genitori connesso a disturbi come depressione, ansia, stress: sul concetto di “lutto perinatale” si rilevano però ambiguità e contraddizioni e su questo aspetto vorremmo riprendere alcune riflessioni nella prospettiva della nostra Psicologia Clinica Perinatale.La perdita di una persona cara comporta dolore la cui intensità varia a seconda di molteplici fattori, come aspettative, motivazioni (Parkes, 2000), caratteristiche di personalità, esperienze individuali; sono implicati significati simbolici connessi alla morte e aspetti del contesto sociale e culturale (Love, 2007). Quando viene a mancare una persona cara è necessario che venga attivato per l’individuo un processo di lutto, l’accettazione della nuova realtà a seguito della perdita di quelle persona e del legame con lei, con un adattamento alla situazione e una profonda ristrutturazione interiore, e con la collocazione affettiva della persona perduta in un luogo “interno”, meno doloroso e più funzionale a una ripresa dei contatti con il mondo esterno (Lombardo et al., 2014). Ogni evento di morte viene considerato una “transizione psicosociale”, che ognuno nel suo ciclo di vita può dover affrontare (Parkes, 1971). A livello internazionale sono operanti gruppi scientifici di “Death Study” e “Death Education”, che stanno sviluppando prospettive multidisciplinari e transculturali di ricerca, clinica e formazione di professionisti e operatori socio-sanitari, che possano essere preparati ad affrontare e a dedicare “cura” ai diversi aspetti della morte e dei suoi risvolti individuali, sociali, psicologici, istituzionali. Nell’ambito della associazione nazionale di psicologia AIP è stato costituito un “Gruppo tematico: Psicologia delle relazioni di fine-vita, lutto, perdita e morte”, con una sezione di studio e di ricerca dedicata al “Lutto perinatale” (Cena). In letteratura i Death Study e le indicazioni della Death Education evidenziano come in un lutto, più è definito il legame ed il processo di realizzazione della morte, meno complicata potrebbe esserne la elaborazione: nel lutto perinatale questi aspetti sono ancora molto sfumati e poco individuabili. Il processo del lutto viene inteso e descritto in letteratura con prospettive teoriche e di intervento diverse: in ambito psicosociale si tratta prevalentemente l’elaborazione della perdita attraverso l’evoluzione del dolore (grief).Il lutto considerato una risposta naturale alla morte di una persona cara, è un’esperienza che implica notevoli variazioni individuali di sentimenti e reazioni emozionali e comportamentali differenti, in intensità e durata, in riferimento anche al gruppo culturale di appartenenza (Silver, Wortman, 2007).I vissuti inerenti al “lutto” si sviluppano attraverso un “processo” che può oscillare tra momenti di maggiore consapevolezza e momenti di diniego o rimozione circa la dolorosa realtà della perdita, nonché desiderio di rivedere/riavere la persona scomparsa. Il processo di lutto può comportare intenso dolore, disturbi emozionali, cognitivi, sociali e comportamentali con profondi stati di angoscia e di comportamento disfunzionale, shock, rabbia per la perdita, senso di colpa, rammarico, ansia, paura, senso di solitudine, infelicità, depressione, immagini intrusive, depersonalizzazione e sensazione di essere sopraffatti. Nel processo di lutto l’esperienza del dolore si mescola e si può alternare a sentimenti positivi, senso di sollievo, gioia, pace e serenità che possono paradossalmente evocare, a loro volta, emozioni negative o sensi di colpa.Con “lutto” (dal latino lugere = piangere) perinatale intendiamo qualcosa di profondo: è consapevolezza della perdita, dell’aver perduto per sempre un legame affettivo, è “cordoglio” (dal latino cordis dolium = dolore del cuore), dispiacere, afflizione. Attraverso la com-passione (cum-patire), è possibile partecipare al dolore per la perdita, consolare (con-solazione), non lasciare soli i genitori, dar loro conforto (etimo latino rendere forte). Queste funzioni sono propedeutiche ad una metabolizzazione più profonda delle angosce di morte per l’oggetto d’amore perduto: nel “lutto” è necessario riattivare rappresentazioni (mediante ricordi) e riparazioni con nuovi progetti vitali, orientati ad una nuova generatività e genitorialità. In ambito psicosociale a seguito di perinatal death si propongono interventi di supporto ai genitori (Koopmans et al., 2013) per ridurre le sintomatologie depressive, ansiose, di stress (Crispus et al., 2015): la ricerca evidence based monitora le psychosocial consequences (Heazell et al., 2016). Sono studiate le procedure di management per gli interventi da applicare nei servizi (RCPI Clical Practice Guideline No. 4 2013) di care (Mills et al., 2014), di meanigfull care (Peters et al., 2016). Tuttavia nella ricerca evidence based resta in ombra come vengano indagati e come siano metabolizzati, nelle madri e nei padri, quegli ineffabili affetti ed effetti emozionali interiori profondi non rilevabili ad un livello manifesto e di consapevolezza. Nella nostra Psicologia Clinica Perinatale l’attenzione è rivolta agli affetti e alla entità degli effetti sulla struttura affettiva, nella sofferenza emozionale (emotional suffering) dei genitori: il riferimento alla necessità di una care, come conforto del dolore e del “prendersi cura” di questa sofferenza, andrebbe collocata nel quadro di un metabolismo interiore e individuale del lutto perinatale. Negli interventi ad orientamento psicodinamico e psicoanalitico si fa riferimento a una metabolizzazione delle angosce di morte verso una riparatività che dovrebbe approdare in una nuova generatività e genitorialità. Metabolizzazione della sofferenza implica una tras-formazione della sofferenza, un cambiamento, dare una nuova forma: lutto è piangere ed elaborare ricordi per serbare memoria di quello che è stato, e “ripensare” a nuovi percorsi generativi e genitoriali. Se per avversi percorsi della filiazione non sarà possibile alla coppia generare nuovamente per vie biologiche e fisiologiche, tuttavia possono essere percorse altre molteplici vie che comportano genitorialità (affidi, adozioni). È qui che si dispiega il futuro: in effetti transgenerazionali attraverso la cultura e l’epigenetica. Per la donna c’è un legame fisico col bambino in gravidanza, c’è un vissuto corporeo, intenso durante il parto e nel puerperio: con la morte perinatale la maternità viene “interrotta” anche fisicamente (Bulleri, De Marco, 2013), la madre dovrà elaborare il lutto della sua maternità con “quel” figlio lì, precocemente abortito, non nato, o morto dopo il parto, attraverso la consapevolezza che questa morte è reale: nei casi di stillbirth, le azioni indispensabili alla conclusione della gestazione, come il travaglio e il parto con espulsione del bambino, l’interruzione della produzione di latte e la cura per il proprio corpo, sono una prova di realtà ineluttabile . Intendiamo il lutto perinatale come un processo complesso: un primo lutto è quello della donna che ha perso con il figlio la sua identità di madre; nel suo corpo, incarnata, la drammatica rappresentazione funebre. Nei casi di stillbirth spesso si deve affrontare un travaglio e un parto “per niente”; per non avere niente. Un secondo lutto è quello della coppia: la generatività e spesso anche la genitorialità non si sono realizzate, la culla resta vuota; i ruoli di maternità e paternità sono mancati. Un terzo lutto è antropologico: transgenerazionale, nell’albero genealogico della famiglia non c’ è futuro. Per le suddette ragioni, alla terminologia di bereavement preferiamo utilizzare quella di mourning, più vicina a rappresentare i vissuti emozionali complessi e articolati connessi alla esperienza affettiva luttuosa perinatale: il termine mour “pianto”, ed espressioni come mournfulness, rendono meglio ragione degli affetti e della sofferenza emozionale, nelle molteplici vie della relativa rielaborazione, con i processi di mourning, rimpianto (Cazzaniga, 2002; Parkes, 1972), in cui si può includere la rappresentazione delle espressioni sociali, attraverso ricordi, segni, simboli, comportamenti e rituali (come la scelta di un colore simbolico del lutto), che veicolano significati interiori nei comportamenti sociali, peculiari di ogni cultura e religione e funzionali alla legittimazione del lutto individuale. I rituali nel lutto perinatale sembrano aumentare la sofferenza per entrambi i genitori, ma possono tuttavia diventare memorie concrete e facilitare l’elaborazione del ricordo, con il coinvolgimento di tutto il nucleo familiare, anche dei fratelli. L’ambito di un collettivo ha effetti sulla metabolizzazione successiva. Metabolizzazione del lutto non vuol dire non pensarci più, non ricordare più, cancellare dalla memoria una esperienza: significa tras-formare la memoria. Potranno essere creati spazi “narrativi” in luoghi e contesti di scrittura in cui i genitori possano raccontarsi e altrettanti spazi di ascolto con operatori o altri genitori che possano aiutarli a collocare e rielaborare i propri vissuti. Gruppi di narrazione e mutuo aiuto con psicologi clinici perinatali. Anche i fratellini, i nonni o i parenti stretti dovrebbero poter vedere e salutare il bimbo, partecipare al lutto familiare. Intraprendere un processo di elaborazione del lutto e della sofferenza è sentire che il proprio dolore viene riconosciuto: elaborazione nella coppia, con la coppia, nella famiglia, anche se i vissuti potranno essere molto diversi: i fratelli ad esempio attraverso domande cercano di capire inconsapevolmente se qualcosa di tremendo potrebbe anche accadere loro all’improvviso Psicologi perinatali possono rendersi disponibili ad accogliere i genitori in lutto perché possano esprimere quella sofferenza psichica spesso indicibile, soggettiva e unica per ogni coppia. Devono poter essere individuati, dalla clinica e dalla ricerca, indicatori predittivi nella storia dei genitori che consentano loro di comprendere la evoluzione del proprio lutto perinatale. La donna in particolare deve poter rielaborare i propri dolorosi “ricordi corporei” incarnati del dramma. Nella metabolizzazione del lutto, la “riparazione” deve poter essere obiettivo e fulcro della cura: a partire dal momento del trauma del tragico disvelamento diagnostico, deve poter essere progressivamente ricostruita una sintonia tra gli stati della mente dei due genitori, nel rapporto tra realtà interna e realtà esterna, perché ciò che può essere stato allontanato, o che si è bloccato o scisso, dissociato possa essere ricomposto e integrato nella propria vita, in un nuovo riequilibrio. La medicina narrativa può essere di grande aiuto per la cura dei ricordi e l’allontanamento dei fantasmi. Il “fantasma nella stanza dei bambini” (Fraiberg et al., 1975), parafrasando la Fraiberg dovrà lasciare il posto a un nuovo bimbo che potrà nascere, e che non dovrà essere “al posto di” qualcun altro che non c’è più, ma avere una propria identità. Ci sono donne che credono che un’immediata altra gravidanza possa ridurre la sofferenza, tuttavia gli studi concordano che sia necessario un lutto, che richiede tempi individuali. Ricerche in letteratura segnalano che un lutto perinatale non risolto può avere importanti ripercussioni sulla relazione che le madri e i genitori avranno con i figli nati successivamente e influire sulla loro salute mentale (Zeanah, Harmon, 1995). Il processo di lutto è doloroso ma necessario alla coppia dei genitori: il dolore tuttavia può essere insostenibile e la coppia può decidere di avere subito un altro figlio per allontanare quanto prima la sofferenza. Si verifica spesso in questi casi che la difesa prospettata si riveli una illusione, ed anzi aumenti il rischio che il nuovo nato diventi soltanto il “sostituto” di quello perduto e mai percepito con una propria identità (Bourne, Lewis, 1984). Se il processo del lutto non è avvenuto il nuovo nato dovrà farsi carico del fantasma del fratello perduto (Thomas, 1985): è questo un grave rischio per lo sviluppo psichico di un bambino, futuro adulto. Questa modalità viene spiegata da alcuni autori come la “sindrome del bambino sostituto” (Cain, Cain, 1964), con il pericoloso ma frequente atteggiamento genitoriale di tenere il nuovo bambino vicino a sé in un rapporto basato sull’iperprotettività e narcisismo del genitore.
2018
978-88-917-6193-4
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