Quella dei neuroni specchio (Rizzolati, Fadiga,Gallese, Fogassi, 1996) è tra le scoperte neurobiologiche più importanti di questi ultimi anni. Quando osserviamo un nostro simile compiere una qualunque azione si attivano, nel nostro cervello, alcuni neuroni -appunto i neuroni specchio del sistema mirror premotorio- siti nella stessa area cerebrale che si attiverebbe se fossimo noi a compiere quella stessa azione e questo è considerato il processo alla base della Intersoggettività. Si riconosce la matrice dell’intersoggettività come centrale nello sviluppo infantile (Carli, Rodini, 2008) e, di conseguenza , il formarsi delle funzioni psichiche come strettamente dipendente dal tipo e dalla qualità dell’ incontro intersoggettivo che si realizza nei primi anni di vita: individuando nel sistema diadico di scambio madre-bambino la matrice che favorisce lo sviluppo della mente: le esperienze relazionali attivano circuiti neurali e modulano le emozioni modificando la struttura cerebrale infantile, nonché quella materna. I “neuroni specchio” (Gallese,2005 ) forniscono la “base fisiologica”di un primo livello implicito di comunicazione tra soggetti. La scoperta dei neuroni specchio ci permette dunque di affermare che, ben diversamente dalle tendenze individualiste sottolineate dal cognitivismo, dal comportamentismo e anche dalla psicoanalisi freudiana con la teoria pulsionale, la soggettività umana è in realtà una intersoggettività originaria. Le implicazioni cliniche di questo meccanismo hanno conseguenze rilevanti sui fenomeni di imitazione, nella genesi dell’empatia, del comportamento sociale, nell’ apprendimento delle prime forme di comunicazione non verbale e poi del linguaggio. L’apprendimento passa attraverso l’imitazione delle azioni altrui, il nostro cervello entra in risonanza con quello della persona che stiamo osservando. Si tratta di un meccanismo cerebrale di importanza straordinaria, perché permette una sorta di comunicazione non linguistica fra i cervelli. Sono queste esperienze importantissime, nelle prime fasi evolutive dello sviluppo emozionale e la loro assenza in bambini deprivati o autistici, costituisce un limite e impegna gli psicoterapeuti a una revisione continua della teoria della tecnica (Alvarez, 1993), integrando nella clinica le ricerche recenti delle neuroscienze. Nella prospettiva multidisciplinare delle scienze dello sviluppo, il dialogo neuroscienze- psicoanalisi può favorire dunque la comprensione dei funzionamenti mentali nel bambino e arricchire , oltre ai propri ambiti di ricerca, la teoria dell’azione terapeutica.

Il funzionamento della mente in una prospettiva Intersoggettiva

CENA, Loredana
2014-01-01

Abstract

Quella dei neuroni specchio (Rizzolati, Fadiga,Gallese, Fogassi, 1996) è tra le scoperte neurobiologiche più importanti di questi ultimi anni. Quando osserviamo un nostro simile compiere una qualunque azione si attivano, nel nostro cervello, alcuni neuroni -appunto i neuroni specchio del sistema mirror premotorio- siti nella stessa area cerebrale che si attiverebbe se fossimo noi a compiere quella stessa azione e questo è considerato il processo alla base della Intersoggettività. Si riconosce la matrice dell’intersoggettività come centrale nello sviluppo infantile (Carli, Rodini, 2008) e, di conseguenza , il formarsi delle funzioni psichiche come strettamente dipendente dal tipo e dalla qualità dell’ incontro intersoggettivo che si realizza nei primi anni di vita: individuando nel sistema diadico di scambio madre-bambino la matrice che favorisce lo sviluppo della mente: le esperienze relazionali attivano circuiti neurali e modulano le emozioni modificando la struttura cerebrale infantile, nonché quella materna. I “neuroni specchio” (Gallese,2005 ) forniscono la “base fisiologica”di un primo livello implicito di comunicazione tra soggetti. La scoperta dei neuroni specchio ci permette dunque di affermare che, ben diversamente dalle tendenze individualiste sottolineate dal cognitivismo, dal comportamentismo e anche dalla psicoanalisi freudiana con la teoria pulsionale, la soggettività umana è in realtà una intersoggettività originaria. Le implicazioni cliniche di questo meccanismo hanno conseguenze rilevanti sui fenomeni di imitazione, nella genesi dell’empatia, del comportamento sociale, nell’ apprendimento delle prime forme di comunicazione non verbale e poi del linguaggio. L’apprendimento passa attraverso l’imitazione delle azioni altrui, il nostro cervello entra in risonanza con quello della persona che stiamo osservando. Si tratta di un meccanismo cerebrale di importanza straordinaria, perché permette una sorta di comunicazione non linguistica fra i cervelli. Sono queste esperienze importantissime, nelle prime fasi evolutive dello sviluppo emozionale e la loro assenza in bambini deprivati o autistici, costituisce un limite e impegna gli psicoterapeuti a una revisione continua della teoria della tecnica (Alvarez, 1993), integrando nella clinica le ricerche recenti delle neuroscienze. Nella prospettiva multidisciplinare delle scienze dello sviluppo, il dialogo neuroscienze- psicoanalisi può favorire dunque la comprensione dei funzionamenti mentali nel bambino e arricchire , oltre ai propri ambiti di ricerca, la teoria dell’azione terapeutica.
2014
9788847053458
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