La ritrosia della Corte costituzionale nel sindacato dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza dei decreti legge, ex art. 77, c. 2, Cost., attestata dalla – plurime volte – dichiarata efficacia sanante della legge di conversione, ha per lungo tempo tradito la delicatezza di una valutazione al limite col merito politico. Lo scritto, nel ripercorrere le tappe salienti della giurisprudenza costituzionale che, ancorché con ritardo, si è andata strutturando intorno all’abuso della decretazione d’urgenza (culminando con la recente sentenza n. 220 del 2013), cerca di inscrivere ed interpretare tale crescente “armamentario” giurisprudenziale alla luce della dinamica della forma di governo italiana. Così, se in un periodo di governi deboli ed instabili (durante la vigenza della legge elettorale proporzionale), la Corte costituzionale era ferma nell’astenersi dal sindacare i presupposti della decretazione d’urgenza; il revirement sopraggiungeva – e non a caso – alla metà degli anni novanta, quando le riforme elettorali (il maggioritario corretto del 1993) sembravano creare le premesse giuridiche per governi più stabili e duraturi. Qui hanno infatti trovato collocazione le sentenze n. 29 del 1995 e n. 360 del 1996. Ad esse, tuttavia, non hanno fatto seguito, per oltre un decennio, analoghe perentorie prese di posizione della Corte che ha continuato ad oscillare in merito alla portata sanante o meno della legge di conversione. In contemporanea, sul piano della forma di governo, ai presupposti normativi per un governo maggioritario non sono seguiti coerenti sviluppi politico-istituzionali, a causa della eterogeneità e della scarsa coesione delle coalizioni di governo. E' così accaduto, nuovamente, e solo in seguito ad un ulteriore mutamento del sistema elettorale (l. n. 270 del 2005), che con l'introduzione di un significativo premio di maggioranza avrebbe potuto contribuire a rafforzare il vincolo di coalizione e la stabilità di Governo, che la Corte costituzionale è intervenuta in modo significativo contro gli abusi legati alla decretazione d'urgenza. In particolare, con le sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008, dichiarava per la prima volta incostituzionale un decreto legge e la relativa legge di conversione per difetto dei presupposti. E, tuttavia, per rendere il più possibile obiettivo il proprio sindacato, ancorava la verifica della “evidente” mancanza dei presupposti (l’unica censurabile) ad indici intrinseci ed estrinseci al decreto (titolo, preambolo, contenuto complessivo, relazione illustrativa, lavori parlamentari) dando particolare rilievo alla eccentricità della disposizione censurata rispetto al sistema delle norme in esso contenute. Focalizzandosi, pur sempre, sulla natura del tutto eterogenea della disposizione introdotta in sede di conversione, la Corte giungeva poi a stabilire che il vizio del difetto dei presupposti non si sarebbe trasmesso alle altre disposizioni (sentenza n. 355 del 2010), chiudendo così la “voragine” aperta con la sentenza n. 22 del 2012 che aveva ancorato la dichiarazione di incostituzionalità della disposizione eterogenea introdotta in sede di conversione all'illegittimo uso del procedimento legislativo di conversione. Infine, la sentenza n. 220 del 2013 giungeva in un periodo in cui tutto sembrava potersi giustificare in ragione delle "emergenze" (economica, sociale, politica, istituzionale) e preferiva spostare il dato sintomatico dell’abuso della decretazione d’urgenza dalla carenza dei presupposti all’oggetto del decreto. Sanciva, pertanto, la strutturale incompatibilità logica e giuridica tra lo strumento del decreto legge in sé e per sé considerato e determinati oggetti di natura ordinamentale (quali, nella specie, la riforma delle province e dei loro organi di governo). In questo modo, la Corte recuperava la dottrina sulla sussistenza di limiti logici alla decretazione d’urgenza (Esposito, Grottanelli de’ Santi), ancor prima che giuridici e, pertanto, liberava la propria valutazione da ogni imbarazzo collegabile alla qualificazione dei presupposti dei decreti legge. In definiva, la sanzione della aprioristica incompatibilità (logico-sistematica-giuridica) della decretazione d’urgenza con materie di portata ampia, quali la integrale (ri)disciplina di settori del nostro ordinamento, si presta (in potenza) a rendere maggiormente effettivo ed efficace il controllo della Corte, con un meccanismo di salvaguardia che dal sistema delle fonti trasla alla forma di governo ed alla stessa forma di Stato. Tanto più ove tale giurisprudenza costituzionale venga valorizzata dall’altro organo di garanzia, il Capo dello Stato, in grado di impedire che il decreto possa produrre effetti di sorta se non rispetta i requisiti fissati dalla Consulta.

Limiti logici (ancor prima che giuridici) alla decretazione d'urgenza nella sentenza della Corte costituzionale n. 220 del 2013

MACCABIANI, Nadia
2013-01-01

Abstract

La ritrosia della Corte costituzionale nel sindacato dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza dei decreti legge, ex art. 77, c. 2, Cost., attestata dalla – plurime volte – dichiarata efficacia sanante della legge di conversione, ha per lungo tempo tradito la delicatezza di una valutazione al limite col merito politico. Lo scritto, nel ripercorrere le tappe salienti della giurisprudenza costituzionale che, ancorché con ritardo, si è andata strutturando intorno all’abuso della decretazione d’urgenza (culminando con la recente sentenza n. 220 del 2013), cerca di inscrivere ed interpretare tale crescente “armamentario” giurisprudenziale alla luce della dinamica della forma di governo italiana. Così, se in un periodo di governi deboli ed instabili (durante la vigenza della legge elettorale proporzionale), la Corte costituzionale era ferma nell’astenersi dal sindacare i presupposti della decretazione d’urgenza; il revirement sopraggiungeva – e non a caso – alla metà degli anni novanta, quando le riforme elettorali (il maggioritario corretto del 1993) sembravano creare le premesse giuridiche per governi più stabili e duraturi. Qui hanno infatti trovato collocazione le sentenze n. 29 del 1995 e n. 360 del 1996. Ad esse, tuttavia, non hanno fatto seguito, per oltre un decennio, analoghe perentorie prese di posizione della Corte che ha continuato ad oscillare in merito alla portata sanante o meno della legge di conversione. In contemporanea, sul piano della forma di governo, ai presupposti normativi per un governo maggioritario non sono seguiti coerenti sviluppi politico-istituzionali, a causa della eterogeneità e della scarsa coesione delle coalizioni di governo. E' così accaduto, nuovamente, e solo in seguito ad un ulteriore mutamento del sistema elettorale (l. n. 270 del 2005), che con l'introduzione di un significativo premio di maggioranza avrebbe potuto contribuire a rafforzare il vincolo di coalizione e la stabilità di Governo, che la Corte costituzionale è intervenuta in modo significativo contro gli abusi legati alla decretazione d'urgenza. In particolare, con le sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008, dichiarava per la prima volta incostituzionale un decreto legge e la relativa legge di conversione per difetto dei presupposti. E, tuttavia, per rendere il più possibile obiettivo il proprio sindacato, ancorava la verifica della “evidente” mancanza dei presupposti (l’unica censurabile) ad indici intrinseci ed estrinseci al decreto (titolo, preambolo, contenuto complessivo, relazione illustrativa, lavori parlamentari) dando particolare rilievo alla eccentricità della disposizione censurata rispetto al sistema delle norme in esso contenute. Focalizzandosi, pur sempre, sulla natura del tutto eterogenea della disposizione introdotta in sede di conversione, la Corte giungeva poi a stabilire che il vizio del difetto dei presupposti non si sarebbe trasmesso alle altre disposizioni (sentenza n. 355 del 2010), chiudendo così la “voragine” aperta con la sentenza n. 22 del 2012 che aveva ancorato la dichiarazione di incostituzionalità della disposizione eterogenea introdotta in sede di conversione all'illegittimo uso del procedimento legislativo di conversione. Infine, la sentenza n. 220 del 2013 giungeva in un periodo in cui tutto sembrava potersi giustificare in ragione delle "emergenze" (economica, sociale, politica, istituzionale) e preferiva spostare il dato sintomatico dell’abuso della decretazione d’urgenza dalla carenza dei presupposti all’oggetto del decreto. Sanciva, pertanto, la strutturale incompatibilità logica e giuridica tra lo strumento del decreto legge in sé e per sé considerato e determinati oggetti di natura ordinamentale (quali, nella specie, la riforma delle province e dei loro organi di governo). In questo modo, la Corte recuperava la dottrina sulla sussistenza di limiti logici alla decretazione d’urgenza (Esposito, Grottanelli de’ Santi), ancor prima che giuridici e, pertanto, liberava la propria valutazione da ogni imbarazzo collegabile alla qualificazione dei presupposti dei decreti legge. In definiva, la sanzione della aprioristica incompatibilità (logico-sistematica-giuridica) della decretazione d’urgenza con materie di portata ampia, quali la integrale (ri)disciplina di settori del nostro ordinamento, si presta (in potenza) a rendere maggiormente effettivo ed efficace il controllo della Corte, con un meccanismo di salvaguardia che dal sistema delle fonti trasla alla forma di governo ed alla stessa forma di Stato. Tanto più ove tale giurisprudenza costituzionale venga valorizzata dall’altro organo di garanzia, il Capo dello Stato, in grado di impedire che il decreto possa produrre effetti di sorta se non rispetta i requisiti fissati dalla Consulta.
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
limiti logici ancor prima che giuridici ai decreti legge.pdf

gestori archivio

Tipologia: Full Text
Licenza: DRM non definito
Dimensione 591.45 kB
Formato Adobe PDF
591.45 kB Adobe PDF   Visualizza/Apri   Richiedi una copia

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11379/298704
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact