La giurisprudenza si è in passato occupata della eventuale configurazione, in caso di mancata adesione da parte del medico di guardia a una richiesta di intervento urgente presso un bambino in stato febbrile, del reato di cui all’art. 328 c.p. (Rifiuto di atti d’ufficio), affermando la riconosciuta discrezionalità del medico nella valutazione dell’urgenza nel caso di specie, nel rispetto del dovere di assistenza e di tutela della salute. Più recentemente, il rifiuto da parte di un pediatra di effettuare la visita domiciliare ad un bambino di tredici mesi in stato febbrile è stato fatto oggetto di un procedimento disciplinare conclusosi con il parere sfavorevole della Commissione Centrale per le infrazioni commesse dagli esercenti le professioni sanitarie, che ravvisava in tale comportamento un caso di violazione dell’art. 3 CDM, ovvero del dovere del sollievo della sofferenza del paziente sotto il profilo sia fisico che psichico, non avendo il pediatra percepito e soddisfatto l’esigenza di rassicurazione dei genitori del piccolo paziente. La Corte di Cassazione ha ritenuto insindacabile in sede di legittimità tale decisione, segnando in tal modo una svolta nell’atteggiamento sino allora riservato al comportamento in esame e collocandosi nella prospettiva di una concezione del bene salute come stato di benessere fisico, mentale e sociale della persona, e quindi dell’attività del medico quale orientata alla tutela del benessere della persona come dimensione che comprende anche le componenti intellettuali, sociali, emotive e psichiche dell’uomo.

Un caso di violazione dell'art. 3 CDM

CONTI, Adelaide;DELBON, Paola
2003-01-01

Abstract

La giurisprudenza si è in passato occupata della eventuale configurazione, in caso di mancata adesione da parte del medico di guardia a una richiesta di intervento urgente presso un bambino in stato febbrile, del reato di cui all’art. 328 c.p. (Rifiuto di atti d’ufficio), affermando la riconosciuta discrezionalità del medico nella valutazione dell’urgenza nel caso di specie, nel rispetto del dovere di assistenza e di tutela della salute. Più recentemente, il rifiuto da parte di un pediatra di effettuare la visita domiciliare ad un bambino di tredici mesi in stato febbrile è stato fatto oggetto di un procedimento disciplinare conclusosi con il parere sfavorevole della Commissione Centrale per le infrazioni commesse dagli esercenti le professioni sanitarie, che ravvisava in tale comportamento un caso di violazione dell’art. 3 CDM, ovvero del dovere del sollievo della sofferenza del paziente sotto il profilo sia fisico che psichico, non avendo il pediatra percepito e soddisfatto l’esigenza di rassicurazione dei genitori del piccolo paziente. La Corte di Cassazione ha ritenuto insindacabile in sede di legittimità tale decisione, segnando in tal modo una svolta nell’atteggiamento sino allora riservato al comportamento in esame e collocandosi nella prospettiva di una concezione del bene salute come stato di benessere fisico, mentale e sociale della persona, e quindi dell’attività del medico quale orientata alla tutela del benessere della persona come dimensione che comprende anche le componenti intellettuali, sociali, emotive e psichiche dell’uomo.
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