Da una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sez. III del 21 giugno – 29 agosto 2002) emerge che la cartella clinica è un atto relativo a notizie riservate, ma non sempre “di ufficio” destinate a rimanere segrete. La Corte di Cassazione ha infatti escluso la configurabilità del reato di cui all’art. 326 c.p. (Rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio) nel caso di un impiegato di una struttura ospedaliera che rilasci al soggetto richiedente copia della cartella clinica relativa al periodo di degenza presso il reparto di psichiatria della moglie, ai fini della produzione di tale documentazione nella causa civile di separazione personale tra i coniugi. La Corte ha quindi sottolineato come in tale fattispecie manchi l’elemento obiettivo del reato di cui all’art. 326 c.p., dal momento che la cartella clinica, con il previo consenso dell’interessato o con autorizzazione della competente Autorità Amministrativa o Giudiziaria, poteva essere rilasciata a terzi per finalità legittime previste dall’ordinamento giuridico. Con tale sentenza viene quindi apportato un contributo alla determinazione della tutela apprestabile nei confronti della rivelazione delle informazioni contenute nella cartella clinica: tale comportamento, nella fattispecie in esame, dovrebbe essere ricondotto non all’ambito della violazione della segretezza d’ufficio, bensì al solo ambito della violazione della riservatezza, secondo le norme della legge 675/1996.

La cartella clinica quale atto relativo a notizie riservate, ma non sempre "di ufficio" destinate a rimanere segrete

CONTI, Adelaide;DELBON, Paola
2003-01-01

Abstract

Da una sentenza della Corte di Cassazione (Cass. Pen. Sez. III del 21 giugno – 29 agosto 2002) emerge che la cartella clinica è un atto relativo a notizie riservate, ma non sempre “di ufficio” destinate a rimanere segrete. La Corte di Cassazione ha infatti escluso la configurabilità del reato di cui all’art. 326 c.p. (Rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio) nel caso di un impiegato di una struttura ospedaliera che rilasci al soggetto richiedente copia della cartella clinica relativa al periodo di degenza presso il reparto di psichiatria della moglie, ai fini della produzione di tale documentazione nella causa civile di separazione personale tra i coniugi. La Corte ha quindi sottolineato come in tale fattispecie manchi l’elemento obiettivo del reato di cui all’art. 326 c.p., dal momento che la cartella clinica, con il previo consenso dell’interessato o con autorizzazione della competente Autorità Amministrativa o Giudiziaria, poteva essere rilasciata a terzi per finalità legittime previste dall’ordinamento giuridico. Con tale sentenza viene quindi apportato un contributo alla determinazione della tutela apprestabile nei confronti della rivelazione delle informazioni contenute nella cartella clinica: tale comportamento, nella fattispecie in esame, dovrebbe essere ricondotto non all’ambito della violazione della segretezza d’ufficio, bensì al solo ambito della violazione della riservatezza, secondo le norme della legge 675/1996.
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